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«Non chiuderemo mai più questo sia ben chiaro». Il monito di Maurizio Pasca, presidente della Silb-Fipe, sintetizza l’umore comune a tutti i gestori e i proprietari delle discoteche ancora in attività. Precisazione d’obbligo quest’ultima visto che quasi due anni di stop quasi ininterrotto hanno lasciato sul campo «il 30% delle aziende, costrette a chiudere per sempre o a vendere a quattro soldi le proprie attività a personaggi con danaro da investire di dubbia provenienza».

Un bilancio, secondo Pasca, destinato ad aumentare visto che «un ulteriore 20% con ogni probabilità non andrà molto lontano: impossibile per loro restare sul mercato dopo essere stati fermi tanto a lungo». Totale 50%, non un vero e azzeramento ma quasi, con la metà dei locali da ballo già scomparsi o sulla strada verso l’estinzione.

E le riaperture, formalmente partite venerdì scorso, avranno un impatto minimo – almeno in una prima fase – sul comparto. «Pochissime discoteche – racconta Pasca – sono riuscite a ripartire subito, mentre il 70/80% preferisce restare in regime di chiusura sino all’adozione di norme meno stringenti per non sopportare ulteriori perdite. Oggi come oggi gli ingressi sono vincolati al possesso del super Green pass, al distanziamento di almeno due metri mentre si balla, all’obbligo di mascherina al di fuori della pista. E poi c’è il problema più importante, quello delle capienze».

Già, le capienze: 50% al chiuso, 75% all’aperto ma prima della bella stagione è praticamente impossibile sfruttare quest’ultima opportunità. Di conseguenza, sottolinea Pasca, «un locale da 400 persone ne può accogliere solo 200, dovendo poi applicare tutte le altre disposizioni di cui parlavo. Siamo in attesa di un intervento del governo sotto questo aspetto e, voglio precisarlo, ben prima dell’estate, fra la fine di febbraio e i primi di marzo.

Non chiediamo il 100% subito ma almeno un 70/75% al chiuso. Anche perché poi vediamo che persino gli stadi, dopo cinema e teatri, si apprestano a poter occupare tutti i posti disponibili. Uno scenario nel quale impianti capaci di contenere fra le 50 e le 70mila persone possono riaprire al 100% mentre locali da 200/300 posti devono rispettare il 50% mi sembrerebbe profondamente ingiusto».

Vincoli troppo rigidi, sostiene Pasca, hanno fra l’altro l’ulteriore effetto di deprimere ancor di più la domanda. «La gente – evidenzia – non esce più di casa la sera. Dobbiamo tentare a ogni costo di tornare alla normalità altrimenti questo settore è destinato a scomparire».

Intanto gestori e proprietari lavorano per cercare di assicurarsi il maggiore incasso possibile in un contesto molto complesso. E che non potrà sfruttare due eventi clou del periodo: San Valentino e carnevale.

«Non siamo degli interruttori – dice il presidente della Silb Fipe – che si accendono e si spengono con un clic. Con una riapertura rimasta in dubbio sino all’ultimo era impossibile organizzare serate per la festa degli innamorati».

Fra le strategie adottate dai pochi che riapriranno ci sarà anche un aumento del prezzo del biglietto. «Già con la ripartenza di ottobre – riferisce Pasca – si sono registrate maggiorazioni del 20%. È inevitabile anche alla luce del caro energia, che rappresenta la nostra spesa maggiore».

Proverà a mantenere invariati i prezzi Roberto Maggialetti, proprietario del Df di Bisceglie. «Ma non è facile – ammette – per le grandi strutture come la nostra è un autentico salasso. Le bollette sono pressoché raddoppiate. Servono interventi seri da parte del governo, non le briciole che ci sono arrivate in questi due anni».

Il Df fa parte del novero di locali che hanno deciso di non riaprire subito ma «fra quindici giorni, il 26 febbraio. L’ok alla ripartenza, del resto, è stato in dubbio sino all’ultimo con alle spalle il precedente della proroga della chiusura dal 31 gennaio al 10 febbraio. La mia è una struttura complessa, non basta tirare su le serrande per ricominciare. Riprenderemo a fine mese, cercando di sfruttare il carnevale, nella speranza che non ci siano nuove serrate. O sarà la fine per tutti».


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