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Giuseppe Conte

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Nonostante il tentativo di controffensiva mediatica che il premier Conte ha fatto per minimizzare quel che è successo l’altro ieri al Senato, il suo indebolimento risulta evidente. Ancor più evidente il fatto che non disponga di una squadra veramente in grado di sostenerlo nello scegliere la strada giusta per trarre da questa contingenza eccezionale quel successo “storico” a cui si dice ambisca, perché il pastrocchio della cosiddetta cabina di regia con l’appendice di infilarla di soppiatto nella legge di bilancio, di lì nasce.

LEADER SENZA PAESE

Questo peserà sulla partecipazione del nostro premier al Consiglio Europeo in cui non si presenterà esattamente nei panni di un leader che ha dietro di sé il paese. Nell’immediato non glielo faranno rilevare, perché tutti sono contenti che la riforma del Mes faccia un passo avanti (ma per concludersi dovrà passare al vaglio di tutti i 27 parlamenti nazionali) e un’opposizione italiana avrebbe creato problemi. Poi molti capi di Stato si daranno di gomito essendo stati informati che il via libera parlamentare è stato ottenuto con una confusa mozione di ben 14 pagine che Polito sul Corriere ha giustamente definito “brevi cenni sull’universo”. Tutti sanno che la politica è fatta anche di compromessi, non sempre di alto profilo (vedi quello concluso con Ungheria e Polonia per il varo del bilancio settennale della UE), ma sanno pure che da questi si misura lo spessore di una fase politica.

L’Italia a questo punto deve lavorare per ritrovare una credibilità senza la quale non potrà affrontare la sfida dei 209 miliardi che si appresta ad ottenere dall’Europa. La vera sfida che devono affrontare Conte e il suo governo è questa, molto più che non il confronto con Renzi che si è limitato a mettere a nudo, con grande abilità, le fragilità con cui si era corsi a programmare il cosiddetto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Perché esso mette a nudo la tipica furberia dei politicanti all’italiana: farsi apparentemente carico di un problema vero per portare a casa tanti piccoli interessi di bottega.

Il problema vero è il necessario coordinamento delle forze a cui spetterà il compito di dare gambe ai progetti che devono rilanciare il Paese. E qui va subito messo in chiaro che quei progetti non esistono, perché così è se non sono noti. Non ha senso dividere la torta per grandi capitoli se non si può giudicare cosa contenga ciascuno di essi. Prendiamo il caso più macroscopico: la modesta somma destinata alla sanità. E’ abbastanza intuibile che sia vergognoso sottrarsi al dovere di portare il sistema sanitario nazionale ad un alto livello di efficienza, quando si sa benissimo (e lo si è constatato) che questo manca, in molte aree a livello drammatico. Peggio ancora dopo che Conte e la grilleria varia ha pontificato che noi soldi da spendere per quel campo ne abbiamo già molti per cui con ci serve il Mes sanitario. Tuttavia se almeno si sapesse a cosa sono destinati i 9 miliardi programmati si potrebbe anche discutere se sono idonei a intervenire almeno sulle falle più importanti.

I TITOLI NON BASTANO

Il ragionamento può essere replicato a rovescio per quei settori dove si sono concentrate le quote più pingui di risorse. Non basta che i titoli siano accattivanti e à la page (digitalizzazione, economia verde, ecc.), perché è perfettamente possibile che siano uno specchietto per le allodole per sostenere i desiderata, forse addirittura i mantra di qualche componente di governo (i Cinque Stelle, partito essenziale al premier?).

Solo un serio confronto sul Pnrr e sulle sue ben definite articolazioni, inclusive di obiettivi e tempistiche, può disinnescare il problema dell’individuazione di uno strumento di regolazione e coordinamento, ma vorremmo dire soprattutto di “animazione” e controllo che è pur necessario dovendosi lavorare con l’interazione di molte centrali di intervento: ministeriali, regionali, comunali, ma anche inevitabilmente le grandi agenzie pubbliche. In presenza di un quadro chiaro sarà possibile rendere credibili le scelte delle personalità (chiamatele manager o come vi pare) a cui affidare un ruolo di affiancamento delle sedi di decisione politica, governative e parlamentari.

NUOVI NAVIGATOR

Ci sarà bisogno non di pletore di persone da reclutare spendendo gran soldi (evitiamo il bis di quanto fatto coi navigator e il loro capo!!), ma di un gruppo molto ristretto di persone di grande autorevolezza che seguano i percorsi per raggiungere i vari obiettivi motivando i vari “esecutori” e collaborando con essi. Bisogna efficientare il sistema ordinario, farne emergere le competenze e le creatività che ci sono a tutti i livelli. E’ un obiettivo che non si raggiunge col potere di sostituire (tanto dopo si finirebbe a replicare l’impresa con le stesse strettoie), ma con la forza della credibilità e della autorevolezza dei personaggi scelti per la regia della spesa del Next Generation EU, personaggi che proprio per questo possono mettere alle strette gli indolenti, coprire le scelte difficili per una burocrazia timorosa delle responsabilità, premiare quelli che remano nella giusta direzione. E’ così che si ricostruisce un paese, che lo si fa uscire migliore da una prova difficilissima. Sono banalità che si possono ricavare da qualsiasi seria riflessione sulle nostre vicende storiche, si avesse davvero l’umiltà (ha ragione Graziano del Rio ad usare questo termine) di ascoltare e pensare, anziché affidarsi alle trovate della comunicazione amica.


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