X
<
>

Il sottosegretario Andrea Costa

Condividi:
4 minuti per la lettura

Mascherine no stop. L’appello, dopo quelli di diversi esperti, giunge anche dalla Fondazione Gimbe che, nel presentare il suo monitoraggio settimanale sul Covid, definisce «molto avventata» la decisione governativa, anticipata due giorni fa dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa, di eliminare dal primo maggio l’obbligo di indossare il dispositivo sanitario al chiuso.

Le tre ragioni della Gimbe

Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, rileva che la situazione epidemiologica non suggerisce un allentamento. Eppure, come sottolinea lui stesso, «a una decina di giorni dal primo maggio, data in cui dovrebbe decadere l’obbligo delle mascherine al chiuso, tutte le curve (nuovi casi, ricoveri, terapie intensive, decessi) si mantengono in una fase di plateau con lieve tendenza alla flessione».

Tuttavia, prosegue il camice bianco, «la circolazione del virus rimane ancora molto elevata: il numero di positivi, verosimilmente sottostimato, supera quota 1,2 milioni, i nuovi casi giornalieri si mantengono oltre 50mila e il tasso di positività dei tamponi supera il 15%».

Questi dati, prosegue, imporrebbero dunque una riflessione sull’abolizione dell’obbligo, per tre ragioni: «Innanzitutto», dichiara, «nei locali affollati e/o scarsamente aerati la probabilità di contagio è molto elevata». In secondo luogo, aggiunge, «la vaccinazione offre una protezione parziale dal contagio». Infine, dice ancora Cartabellotta, «ci sono milioni di persone suscettibili, non vaccinate o senza “booster”».

Pertanto, quella del presidente della Gimbe è una chiara bocciatura alla soppressione dell’obbligo di indossare la mascherina. Non solo, Cartabellotta ritiene che sia «utile ribadire che la protezione individuale è massimizzata con la mascherina Ffp2 e non con quella chirurgica, poco efficace nei confronti di Omicron».

Speranza: «A giorni decidiamo»

«La voce dei medici è importate e va ascoltata», ha risposto indirettamente il ministro della Salute, Roberto Speranza, interpellato dai cronisti all’uscita di un evento. «Ora dobbiamo sviluppare il nostro confronto politico», ha proseguito, aggiungendo che lui propende generalmente per mantenere un «impianto di precauzione» perché è così che «si continente la pandemia che è ancora in corso, come ci dicono i numeri».

Speranza ha quindi aggiunto: «Siamo fuori dall’emergenza grazie ai vaccini, ma non siamo fuori dalla pandemia». Ad ogni modo Speranza ha ribadito che sulla questione delle mascherine al chiuso «avevamo detto che avremmo preso una decisione l’ultima decade di aprile», che c’è un confronto in corso tra i vari ministeri dei settori competenti e che verrà adottata «la scelta migliore».

La protesta dei cinema

E «la scelta migliore» per molti settori commerciali è senza dubbio quella di eliminare l’obbligo al chiuso. Ieri l’Associazione nazionale esercenti cinema (Anec) ha pubblicato una nota in cui si legge: «Preoccupano alcune anticipazioni di stampa che vedrebbero prolungare oltre alla data del 30 aprile l’obbligo di mascherina per il pubblico all’interno delle sale cinematografiche come misura di contrasto alla diffusione della pandemia».

L’associazione fa presente che «dopo che anche la Francia e, in questi giorni, la Spagna hanno definitivamente rimosso l’obbligo della mascherina all’interno dei locali di pubblico spettacolo, si ritiene inaccettabile continuare con questa strategia di penalizzazione delle sale cinematografiche».

«Giova ricordare», afferma il presidente dell’Anec Mario Lorini, «che il settore ha sempre rispettato le pur stringenti prescrizioni, e che ha sempre posto la sicurezza davanti a tutto, anche ai propri equilibri d’impresa. In questa fase tuttavia appare indispensabile e non più prorogabile un cambio di passo: è necessario individuare forme più flessibili, che non vadano comunque oltre la raccomandazione a indossare dispositivi di protezione rimuovendo ogni obbligo, come avviene negli altri paesi europei».

La battaglia legale negli Usa

Il tema delle mascherine tiene banco in Italia, ma anche al di là dell’Oceano. Negli Stati Uniti è stato scritto ieri un nuovo capitolo del dibattito: i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) hanno richiesto al dipartimento di Giustizia di Washington di fare ricorso contro la sentenza di un giudice federale della Florida che ha annullato la proroga dell’obbligo di mascherine sui mezzi di trasporto fino al 3 maggio.

«La valutazione dei Cdc continua ad essere che in questo momento un ordine per l’uso della mascherina sui mezzi di trasporto al chiuso sia necessario per la salute pubblica», ha affermato l’agenzia federale, difendendo la «legalità» e la sua «autorità» di imporre questo obbligo.

Il giudice federale della Florida, Kathryn Kimball Mizelle, nominata da Donald Trump quando quest’ultimo era presidente degli Stati Uniti, aveva invece dichiarato illegale l’obbligo contestando l’autorità dei Cdc. La battaglia legale, se dovesse essere intrapresa dal dipartimento di Giustizia, potrebbe prolungarsi e arrivare fino alla Corte suprema.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE