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Roberto Maroni e Matteo Salvini

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Il capannone della Lombardia Film Commission rischia di cadere addosso alla Lega. È finito ai domiciliari anche l’imprenditore Francesco Barachetti perché, secondo i pm, sarebbe coinvolto nell’affare della presunta vendita a prezzo gonfiato di un immobile a Cormano, nell’hinterland milanese. Ma i guai del gruppo di commercialisti legati al Carroccio e travolti dalle indagini della Guardia di finanza non finiscono qui: l’immobile, secondo i pm milanesi, non sarebbe stato oggetto di alcuna ristrutturazione. I commercialisti avevano provato a giustificare così il considerevole guadagno realizzato dalla vendita del capannone per 800mila euro all’ente controllato dalla Regione Lombardia: se loro lo avevano comprato 11 mesi prima a 400mila euro e rivenduto al doppio 11 mesi dopo, era proprio per la ristrutturazione. Almeno questa era la loro prima difesa dopo gli arresti.

LEGA IN CORTO CIRCUITO

Invece, secondo i magistrati milanesi, nell’edificio in quel periodo non sono state effettuate ristrutturazioni, tanto più che la corrente era stata staccata per morosità. La Lega, dunque, rischia di vedersi franare il terreno sotto i piedi: i soldi utilizzati da Alberto Di Rubba, contabile di fede leghista e all’epoca dei fatti presidente della Lombardia Film Commission, erano stati stanziati da Roberto Maroni quando era governatore della Lombardia. E la congruità del prezzo era stata garantita pubblicamente da Stefano Bruno Galli, attuale assessore regionale alla Cultura. La perizia tecnica citata da Galli, però, era di una società dello stesso giro dei commercialisti. Il corto circuito di amicizie e legami politici potrebbe dunque esplodere tra le mani dei salviniani.

Quindi non si tratterebbe di un affare concluso per la bravura del gruppo di contabili leghisti: per i pm la «precipua ragion d’essere» dell’operazione era «l’occultamento dell’illecita appropriazione del denaro pubblico» sborsato da Lombardia Film Commission per l’acquisto del capannone di Cormano «da parte del sodalizio criminale» composto da Scillieri, Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Luca Sostegni. Non ci sarebbe stata dunque nessuna significativa opera di ripristino a carico di Andromeda, la società immobiliare riconducibile a Michele Scillieri (il commercialista a capo dello studio milanese dove nel 2017 venne registrato il movimento “Lega per Salvini premier”) che poi vendette il capannone alla LFC.

L’ARRESTO

Anzi, ora ci sono pure gli arresti domiciliari per Francesco Baracchetti. A eseguire l’arresto è stato il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano. L’imprenditore, che secondo i pm milanesi risulterebbe vicino alla Lega, deve rispondere di concorso in peculato ed emissione di fatture false riguardo alla compravendita del capannone industriale di Cormano. Intanto gli investigatori stanno effettuando delle perquisizioni a carico di altri due indagati e di una terza persona che, al momento, non risulta indagata. L’imprenditore Francesco, elettricista e titolare della Barachetti service srl, impresa edile, era già indagato per peculato nel caso LFC e i pm, in uno degli atti dell’indagine, lo hanno definito «personaggio legato a Di Rubba e Manzoni», due dei commercialisti arrestati, e «più in generale al mondo della Lega».

L’INDAGINE

Da un’annotazione della Gdf, è emerso che parte degli 800mila euro della presunta vendita gonfiata del capannone per la LFC, ossia 390mila euro, sono passati proprio per la Barachetti service (arrivati da Andromeda srl e tramite Eco srl). Barachetti formalmente si occupò di ristrutturare il capannone, ma i magistrati gli contestano ora anche l’emissione di false fatture per operazioni inesistenti. Barachetti avrebbe impiegato, tra l’altro, 45mila euro per acquistare rubli russi che sarebbero serviti per un’operazione immobiliare a San Pietroburgo. E in una recente informativa della Gdf emergono elementi che dimostrerebbero che i contabili della Lega lavoravano all’operazione, assieme all’imprenditore Barachetti, da quasi 13 mesi prima della vendita effettiva, che risale al dicembre 2017.

LE INTERCETTAZIONI

Intanto, il presunto prestanome Luca Sostegni (fermato a luglio) e l’altro commercialista arrestato, Michele Scillieri, collaborano con i pm, il primo ormai da settimane e con sei interrogatori. Proprio da una sua intercettazione era emerso il ruolo di Barachetti, che avrebbe instascato dai leghisti cifre a sei zeri: «Questo qui ha fatto lavori per la Lega per due milioni di euro in un anno e mezzo. Questo qui era un idraulico che aggiustava i tubi delle caldaie. Ma come mai?».

Nella stessa intercettazione il commercialista sollevava dubbi sugli affari dell’imprenditore: «Com’è che Di Rubba ha messo su un autosalone di macchine di lusso poco lì accanto a Barachetti che ha comprato un edificio dove ha fatto la sede grandiosa della sua società? – diceva ancora Scillieri – Ma da dove arrivano i soldi? Ma come mai la società di noleggio auto ha fatturato quasi un milione di Euro alla Lega in un anno?». Tra soldi, arresti che continuano e difesa che traballa, la Lega rischia di vedersi sempre più stretta nell’angolo.


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