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Nicola Gratteri e Nino Di Matteo

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ROMA – «Penso di aver operato solo perché venissero attuati i principi di giustizia giusta. Mi sono trovato ad operare in quel meccanismo e quel meccanismo imponeva delle scelte e degli accordi. Io non mi sento di dire che tutte le nomine che sono state fatte sono state negative. Perché oggi dirigono uffici giudiziari quelli che sono stati eletti con quel meccanismo».

Così Luca Palamara, ascoltato in audizione in Commissione parlamentare Antimafia.

«Poi ha fatto comodo dare una rappresentazione diversa, ma chi oggi ricopre cariche importanti le ha ricoperte in virtù di un meccanismo che inevitabilmente imponeva il passaggio correntizio», aggiunge.

«Per la esperienza diretta di quella che è stata la mia attività, Basentini non aveva requisiti per ricoprire quell’incarico al netto del curriculum che non metto in dubbio», afferma intervenendo sulla nomina dell’ex capo del Dap Francesco Basentini.

«Dico che per quel determinato incarico che gestisce una mole di informazioni, il profilo del capo Dap è molto importante perché se si mette un magistrato che capisce certi meccanismi, penso a Di Matteo – prosegue Palamara facendo riferimento soprattutto all’esperienza sul fronte della lotta alla mafia – quella gestione e mole di informazioni può rafforzare ancora di più il personaggio di Di Matteo nella magistratura – continua – E quando si rafforza un personaggio così il sistema si preoccupa per trovare un punto di equilibrio».

Come riferisce Palamara, il «punto di equilibrio poteva essere trovato nel nome di Basentini», una scelta che «evitava il rafforzamento» di Di Matteo.

«Quando Gratteri è in predicato di diventare ministro della Giustizia, anche in quel caso nella magistratura si teme che Gratteri possa diventare ministro della Giustizia», afferma ancora in audizione.

«Fatto sta che il nome di Gratteri, per come appreso in ambito politico, venne depennato dalla lista originaria», continua Palamara precisando che «Gratteri e Di Matteo non fanno parte del meccanismo che rappresenta lo schema dei partiti politici, le correnti attraverso cui si detiene ed esercita potere».

L’esclusione dal gruppo stragi di Nino Di Matteo? «Fu una scelta presa autonomamente da Cafiero De Raho», scelta che fu «oggetto di dibattito anche nel Csm», spiega. «Ma la scelta e la motivazione – precisa – fu appannaggio esclusivo di De Raho e nessuna interferenza ci fu per quanto mi riguarda».

E ancora: «La scelta di Basentini e del capo di gabinetto Baldi non sono scelte dettate dalle correnti, non hanno fornito il nominativo», spiega Palamara in merito alla nomina dell’ex capo del Dap Francesco Basentini. Nomina che, dice, fu «frutto di una sorta di scelta diversa che in quel contesto si stava verificando anche all’interno del ministero».

«Per una pregressa conoscenza tra Minniti e Cafiero, risalente a quando Cafiero era procuratore a Reggio Calabria, ebbi modo di interfacciarmi con Minniti e ci fu quello scambio “Salvate il soldato Cafiero” per significare che la professionalità di Cafiero non dovesse essere persa e in qualche modo recuperata al passaggio successivo», afferma ancora Palamara rispondendo a una domanda su una chat tra Palamara e l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, raccontando della mancata nomina di Federico Cafiero De Raho nel 2017 alla Procura di Napoli e poi la successiva nomina a procuratore nazionale antimafia.

Palamara ha aggiunto che «è capitato, e non solo con la nomina di Cafiero, di avere interlocuzioni con il mondo della politica».

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