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Spider-Man nella sua iconica posizione

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7 minuti per la lettura

Grandi responsabilità non derivano solo da grandi poteri, ma anche da grandi attese e imponenti “proiezioni”, che siano essere cinematografiche o, molto più umanamente, emotive.

Lo sa bene Peter Parker, alias Spider-Man, alias il nostro amichevole Uomo Ragno di quartiere. Lo sa anche Kevin Fage, produttore, vero e proprio deus ex machina del Marvel Cinematic Universe.

Lo sanno infine tutti gli appassionati dei film di supereroi che si sono recati, in massa, nelle sale cinematografiche per avere una risposta ad una semplice domanda: dopo quella cornucopia emozionale che fu Avengers: End Game, culmine di un progetto iniziato oltre un decennio prima, era possibile mantenere quella crescita di livello standard espressa? O sarebbe iniziato un lungo viaggio in discesa, destinato a finire in un terreno stagnante?

Con Black Widow e Shang-Chi che non avevano innalzato i cuori agli spettatori, e con gli Eternals, che della ricercatezza narrativa ed immaginifica aveva fatto la propria bandiera, il dubbio era più che legittimo. Non si poteva sbagliare. E non si è sbagliato.

Lo testimoniano due elementi: gli incassi straordinari registrati ai botteghini in pochissimi giorni e il volto sorridente e soddisfatto di chi esce dalle sale cinematografiche. Spider-Man: No way home è un film che colloca al proprio posto tutti i puntini sulle “i” che erano rimasti in sacchetti abbandonati ai margini della narrativa popolare per anni cambiando, sotto alcuni profili, la storia del Cinema e aprendo ad una nuova stagione per la quale quello che pensavamo fosse stato l’apice null’altro era che il prologo.

ATTENZIONE POSSIBILE SPOILER

Ma per spiegare il perché di tutto ciò dobbiamo evocare il demone “Spoiler”, malefica entità che maledice chi legge con la consapevolezza di ciò che non vorrebbe ancora conoscere. Proseguite a vostro rischio e pericolo, se non avete ancora visto la pellicola. Avevamo lasciato il nostro eroe alla fine del precedente capitolo, Spider-Man: Far from Home, in mezzo a guai.

Il suo scaltro nemico Mysterio rivela al mondo intero che Peter Parker è Spider-Man. La situazione crea numerose problematiche a Peter tanto che il ragazzo decide di rivolgersi al mago più potente dell’Universo Marvel, il Dr. Strange, perché lo aiuti. Strange propone in soluzione un incantesimo che cancelli dalla memoria di tutti il ricordo dell’identità di Spider-Man, ma al momento del lancio del sortilegio qualcosa va storto.

Nessun dimentica niente ma in compenso chiunque, in qualunque universo abbia mai saputo che Peter Parker era Spider-Man, varca i confini delle dimensioni per raggiungere il buon Peter… principalmente con cattive intenzioni. Quella che potrebbe essere una trama complessa ma interessante, diventa un evento metanarrativo, cioè una narrazione che assume come proprio oggetto l’atto stesso del raccontare.

Prima della trilogia diretta da Jon Watts, l’Uomo Ragno è già stato protagonista di diverse pellicole: una prima trilogia degli anni ’70, una seconda degli anni 2000 diretta da Sam Raimi e una dilogia successiva di Marc Webb. Tralasciando la prima, famosa per le ragnatele simili a reti da pesca, i due Spider-Man interpretati da Tobey Maguire e Andrew Garfield sono stati inseriti, apparendo in Spider-Man: No Way Home all’interno della continuity del Marvel Cinematic Universe.

Come? Il concetto è un po’ complesso da spiegare e, paradossalmente, trae la sua origine su un fumetto della Distinta Concorrenza, nome con cui viene indicata da fan della Marvel la DC Comics, casa editrice di Batman & Co., appartenente al gruppo Warner Bros. e diretta concorrente. Tutto iniziò sul numero 123 di Flash, datato 1959, e intitolato Il Flash dei due mondi. In quello storico albo, scritto da Gardner Fox e disegnato da Carmine Infantino, il Flash della Golden Age e della Silver Age (due diverse epoche storiche in cui si divide parte della produzione dei fumetti supereroistici americani) si incontrano.

Da quel momento nasce il multiverso narrativo dei fumetti. Cioè, con riferimento al principio scientifico legato alla Teoria delle Stringhe, attualmente in corso di studio, nei fumetti (e non solo nei fumetti) si ipotizza che esistano più universi paralleli, nei quali vivono versioni diverse degli stessi personaggi. Ogni “trilogia” cinematografica di Spider-Man rappresenterebbe un universo diverso. Nel momento in cui è possibile passare da un universo all’altro, le diverse versioni di Spider-Man, interpretate da diversi attori, possono incontrarsi.

Se nel fumetto questo concetto è pacifico da anni, nel cinema non era mai successo. Immaginate per esempio se tutti gli 007, interpretati da i diversi attori, si ritrovassero contemporaneamente nella stessa pellicola. Come mai questa scelta? Dietro questo evento c’è più di quello che sembra e per capirlo, dobbiamo fare un salto nel reale. I diritti cinematografici dei personaggi Marvel sono stati dispersi tra diverse studios a lungo.

Per esempio i diritti dei Fantastici Quattro e dei Mutanti, dagli X-Men a Wolverine, appartenevano alla 20th Century Fox, e le avventure di questi character non interagivano con quelli dell’Universo Marvel Cinematic, proprio come se facessero parte di un universo, di una dimensione diversa. Ma la Marvel (o meglio, la Walt Disney che possiede la Marvel) ha acquistato nel 2019 la 20th Century Fox. Ciò porterà alla fusione dei due universi. Ma come? La Marvel ci sta lavorando su, sia con serie come Loki, che proprio del multiverso parlano, sia con il prossimo film del Dott. Strange, che proprio nel multiverso, cioè l’insieme degli universi, è ambientato. Ma anche alcune delle figure che si sono viste in ombra durante la tempesta dimensionale nella seconda parte del film di Watts evocano silhouette abbastanza note.

Sostanzialmente è partita una nuova fase, che probabilmente avrà un capitolo importante nel 2023 con il film dei Fantastici Quattro, il primo targato Marvel Cinematic Universe, e il terzo in generale, tenendo conto che ne esistono due delle Fox e uno interamente girato e mai distribuito, creato solo per far sì che i diritti non scadessero.

In questa nuova fase tutti personaggi Marvel che hanno vissuto la diaspora dei diritti cinematografici sparsi per le diverse case di produzioni, convergeranno nello stesso universo cinenarrativo. Ma Spider-Man: No Way Home è anche e soprattutto un film di riscatto e pacificazione.

Il Peter Parker nato e cresciuto nell’Universo cinematografico Marvel/Disney (per quanto in quota Sony) lotta, soffre e affronta delle perdite terribili per poter salvare la vita dei suoi nemici morti nelle pellicole precedenti. Il messaggio è molto forte: un vero supereroe salva tutti, anche i suoi nemici. Questa chiave di lettura, che segna la differenza con la produzione cinematografica pre-Marvel/Disney è significativa.

Per gli appassionati dei fumetti invece il momento catartico arriva con il salvataggio, da parte dello Spider-Man interpretato da Andrew Garfield, di MJ, che precipita da un ponte. Lo stesso attore, in una delle pellicole di cui fu protagonista non riuscì a salvare Gwen Stacy, la sua innamorata, da una morte simile. Il tutto rievoca la scomparsa del personaggio avvenuto in The Amazing Spider-Man #121-122, albi usciti nel 1973. Questo evento cambiò per sempre la storia dei fumetti, dimostrando che l’arte sequenziale genera opere narrative complesse che non sono fatte solo di tizi in costume che si prendono a cazzotti.

L’evento sconvolse il fandom mondiale, lasciando una ferita aperta nell’immaginario che oggi in un certo qual modo si cicatrizza. Cosa rimane alla fine della visione di questa pellicola piena di sottotesti e livelli narrativi? Un senso di compiutezza e di promesse, mantenute e rinnovate. Abbandonando la sala ci sentiamo un po’ come Peter… smarriti, incerti su cosa ci riserverà il futuro, ma contenti in quanto consapevoli che davanti a noi c’è ancora tanto da scoprire e di cui stupirci.

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