X
<
>

Roberta De Paolis (fonte foto facebook); il murales dedicato a Falcone e Borsellino a Palermo

Condividi:
3 minuti per la lettura

A volte ci sono eccellenze in ombra che, per riserbo, non mostrano i propri risultati, e una di queste è Roberta De Paolis, classe 1995, di origini siculo pugliesi, ha sempre vissuto a Brindisi, allieva dottoranda in Diritto penale della Scuola Superiore Sant’Anna, tra le vincitrici per la migliore tesi di laurea magistrale nel concorso “Saperi per la Legalità”, istituito dalla Fondazione Giovanni Falcone, e sarà premiata oggi a Palermo, con la partecipazione della presidente della Fondazione Giovanni Falcone, Maria Falcone, del capo della Polizia Lamberto Giannini, del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Teo Luzi e del presidente della Regione Sicilia Sebastiano Musumeci.

Roberta, forse, senza la spinta di una figura preziosa e fondamentale per il suo percorso formativo, non avrebbe partecipato a questo concorso, così infatti ha affermato: «sarò onesta, senza il supporto della mia professoressa e mentore Gaetana Morgante, non avrei mai pensato di candidarmi a questo prestigioso premio. Le ragioni sono svariate ma, fondamentalmente, si possono riassumere in un sentimento comune a chi muove i primi passi nell’ambiente accademico italiano: quella latente sfiducia che il proprio lavoro sia meritevole di essere valorizzato, immediatamente spendibile nella realtà di tutti i giorni. L’input della mia professoressa mi ha ricordato che la ricerca accademica, sebbene possa sembrare arroccata nelle sue torri d’avorio, è prima di tutto dialogo con le persone ed il territorio, perché destinata principalmente alle persone ed al territorio. Il riconoscimento datomi dalla Fondazione Falcone ne è una conferma».

Nella vita accade che ci possano essere delle congiunzioni improvvise, dei contatti di luce insospettabili che fortificano con più intensità un rapporto familiare, legato da momenti personali e paralleli che si scontrano con la Storia, un eterno ritorno che per Roberta significa qualcosa, visto che sua mamma, all’età di 24 anni, nel 1987, faceva la tutela di scorta del giudice Falcone nella volante 31: «Mia madre è una persona molto emotiva ma, soprattutto, conserva il ricordo di quegli anni con religioso rispetto.

Il riconoscimento della Fondazione Falcone credo abbia risvegliato in lei una serie di ricordi gelosamente taciuti che si sono cumulati alla normale felicità che una madre può provare nei confronti di una figlia. Lei aveva poco meno dei miei anni quando girava per le vie di Palermo con la Volante 31, partecipando ed assistendo ad uno dei periodi più tragici della storia italiana. Inoltre, è molto affezionata alla figura del giudice Falcone: lo descrive come un uomo apparentemente austero che, però, celava una sensibilità rara ed una cura particolare per tutti i poliziotti impegnati nella sua protezione. Il fatto che trentaquattro anni dopo proprio sua figlia ritorni a calpestare quelle stesse strade grazie ad una Fondazione nata in onore del giudice Falcone, è per lei un’emozione indescrivibile».

Il suo lavoro di tesi si concentra su un’analisi critica dell’istituto della confisca di prevenzione all’interno della legislazione italiana, ritenendo più efficace quella “europea” perché, secondo il suo studio, maggiormente capace di contrastare l’infiltrazione criminale: «La confisca di prevenzione italiana costituisce solo un “sintomo” della difficoltà degli ordinamenti ad affrontare fenomeni criminali oramai globalizzati, come l’associazionismo mafioso e la corruzione. Si tratta di strutture criminali che prediligono schemi di azione profondamente diversi dal passato, passando dal controllo violento di specifici territori, alla distorsione delle regole della concorrenza e la disarticolazione dei normali rapporti economici mediante razionali strategie imprenditoriali internazionali.

La proposta della tesi è quella di superare un approccio (rivelatosi inadeguato e frustrante) particolare ed esclusivo a fenomeni criminali globali, vedendo nell’Europa quell’attore in grado di uniformare la materia ma, soprattutto, scongiurare che gli Stati membri intraprendano itinerari di politica criminale a scapito dei diritti individuali. Si parla di legalità a tutto tondo, che è tutt’altra cosa rispetto al giustizialismo sconsiderato».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE