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PER LA qualità del lavoro e, conseguentemente, il benessere aziendale la Basilicata ha il primato negativo in Italia. non hanno eguali nel resto del Paese. E’ il triste quadro che emerge dall’analisi condotta dall’Ufficio studi della Cgia – l’Associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre – che ha ottenuto questo score mettendo a confronto 8 indicatori, prevalentemente di natura qualitativa, che sono stati “estrapolati” dal rapporto Bes (Benessere equo sostenibile), presentato qualche settimana fa dall’Istat.

DIVARI REGIONALI

Lo studio evidenzia che, in fatto di qualità del lavoro e benessere, è la Lombardia a primeggiare tra le regioni del nostro Paese, con un punteggio dell’86,3 per cento. Seguono la Provincia autonoma di Bolzano e il Veneto, mentre appena fuori dal podio si piazzano la Provincia autonoma di Trento, il Piemonte e la Valle d’Aosta. Insomma, tutte regioni del Nord. Molto male, al contrario, le regioni del Mezzogiorno: ad eccezione della Sardegna, sono tutte collocate nella parte bassa della graduatoria. Le situazioni più critiche, purtroppo, riguardano la Sicilia, la Calabria e la Basilicata, che occupa appunto l’ultimo posto della classifica nazionale con un punteggio del 12,5 per cento. A determinare la graduatoria finale per qualità del lavoro e benessere sono stati 8 indicatori (con dati Istat) presi in esame dalla Cgia, ossia: dipendenti con paga bassa; occupati sovraistruiti; occupati con lavori a termine da almeno 5 anni; tassi di infortuni mortali e inabilità permanente; occupati non regolari; soddisfazione per il lavoro svolto; percezione di insicurezza dell’occupazione; part time involontario.

PAGHE BASSE

Riguardo ai dipendenti con bassa paga, quelli cioè con una retribuzione oraria inferiore a 2/3 di quella mediana sul totale dei dipendenti, la Basilicata si colloca al quintultimo posto (14,2 per cento) con 20 punti, facendo meglio solo di Campania (15 punti), Sicilia (10), Puglia (5) e Calabria (0). In testa le Province autonome di Trento e Bolzano, rispettivamente con 100 e 95 punti, seguite dalla Lombardia (90).

SOVRAISTRUITI

In merito agli occupati che possiedono un titolo di studio superiore a quello previsto per svolgere la professione, la Basilicata figura penultima, con il 33,2 per cento (5 punti), precedendo soltanto il Molise (0 punti). Sul podio la Provincia autonoma di Bolzano, Lombardia e Piemonte.

PRECARI

La percentuale di dipendenti lucani a tempo determinato e collaboratori che hanno iniziato l’attuale lavoro da almeno 5 anni, è al 25,7 per cento in regione (5 punti), meglio solo della Sicilia, ultima con il 27,9%. Dati molto più bassi – tra il 10 e il 13% – in Lombardia, Piemonte e Veneto, prime della graduatoria.

INCIDENTI

In merito agli infortuni mortali e a quelli che hanno provocato nel 2022 una inabilità permanente ogni 10mila occupati, la Basilicata è penultima con il 16,1 per cento (5 punti) preceduta dall’Abruzzo (14,7% e 10 punti) e seguita dall’Umbria con il 16,7% e zero punti). La più virtuosa, invece, è la Lombardia con il 7,4 per cento, seguita da Piemonte (7,5%) e Lazio (7,6%).

IRREGOLARI

L’indicatore migliore per la Basilicata è quello relativo al lavoro irregolare (percentuale di occupati che non rispettano la normativa vigente in materia lavoristica, fiscale e contributiva), che resta presente soprattutto nel Mezzogiorno, con punte ogni 100 occupati del 16 per cento in Sicilia, del 16,5% in Campania e del 19,6% in Calabria. In questa speciale graduatoria la Basilicata si colloca al 14esimo posto (su 21) con una percentuale del 13,3 per cento, migliore delle regioni meridionali, tranne l’Abruzzo (12,8%). Il livello più contenuto, invece, lo si riscontra ancora una volta nella Provincia autonoma di Bolzano con il 7,9 per cento, davanti a Veneto (8,1%) e Friuli Venezia Giulia (8,6%).

SODDISFAZIONE

Quanto alla soddisfazione per il proprio lavoro, vale a dire l’appagamento per il livello di retribuzione ottenuto, le ore lavorate, la stabilità del posto, l’opportunità di carriera, la distanza casa/lavoro, la qualità e il benessere conseguente, la Basilicata tocca la percentuale del 42,3 per cento dei “soddisfatti” e si colloca al penultimo posto nella graduatoria, dietro alla Calabria (43,8%) e davanti alla Campania, ultima con il 41,2 per cento. I soddisfatti toccano la punta più elevata del 61,7 per cento in Valle d’Aosta. Seguono con il 61,1% nella Provincia autonoma di Trento e con il 60,5% nella Provincia autonoma di Bolzano. Quello che emerge in generale, comunque, è che in Italia praticamente un occupato su due non è soddisfatto del lavoro che svolge (il 48,3 per cento del totale).

INSICUREZZA

La paura di perdere il posto di lavoro nei prossimi sei mesi e di non riuscire a trovarne un altro è diffusa soprattutto nel Mezzogiorno e in Basilicata tocca la punta massima, pari all’8,8 per cento (media italiana al 41%). Le altre situazioni più critiche interessano gli occupati della Sicilia (6,4%, penultimi) e quelli della Calabria (5,9%, terzultimi). I più “sereni”, invece, sono i lavoratori della Provincia autonoma di Bolzano: nel 2023 solo il 2,4 per cento ha manifestato una percezione di insicurezza del proprio posto di lavoro. Seguono la Lombardia (3,1%) e il Veneto (3,2%).

PART TIME FORZATO

Infine, la platea degli indicatori presi in esame dall’Ufficio studi della Cgia termina con la percentuale di part time involontario presente ogni 100 occupati, vale a dire coloro che nel 2023 hanno dichiarato di essere stati assunti con un contratto a tempo parziale, perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno. In questa graduatoria, la Basilicata si colloca al 16esimo posto, con il 12, 1 per cento. Le situazioni più critiche hanno interessato il Molise con il 13,8 per cento, la Sardegna con il 14,7% e la Sicilia con il 14,8%. Ancora una volta la Provincia autonoma di Bolzano con il 3,8 per cento degli occupati è risultata essere la realtà più virtuosa d’Italia. Davanti a Veneto (6,7%) ed Emilia Romagna (7,0%).

LA FUGA DA POSTO FISSO

Dopo la pandemia, spiega l’associazione, “anche il nostro mercato del lavoro ha subito delle trasformazioni importanti. In molte aree del Paese, ad esempio, le imprese faticano sempre più a trovare profili con competenze adeguate; pertanto, mai come in questo momento hanno la necessità di fidelizzare i propri collaboratori. Questa operazione sta avvenendo per mezzo di una serie di comportamenti molto virtuosi; come, ad esempio, la corresponsione di retribuzioni più elevate, la trasformazione dei contratti a termine a tempo indeterminato, la possibilità di consentire ai dipendenti orari di lavoro più flessibili, attraverso il ricorso a strumentazioni professionali più innovative, favorendo gli avanzamenti di carriera e, infine, con l’implementazione di benefit e di welfare aziendale. Nel Nord questo processo di miglioramento del benessere aziendale, soprattutto nelle Piccole e medie imprese, è ormai in corso da qualche anno. Nonostante ciò, la fuga dal posto di lavoro fisso prosegue”.

La Cgia aggiunge che quando l’offerta di lavoro è in forte aumento e la domanda scarseggia, il rischio che le aziende si “rubino” i dipendenti migliori è molto elevato. Secondo l’Inps, infatti, le dimissioni volontarie dei lavoratori dipendenti privati a tempo indeterminato con meno di 60 anni sono in aumento: nel 2022 hanno toccato quota 1.047.000 e, rispetto al 2019, sono cresciute di 236mila unità (più 29,1 per cento).

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