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La Corte di Cassazione a Roma

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La Cassazione mette la parola fine sul contenzioso iniziato nel 2001: inammissibile il ricorso contro la sentenza che aveva annullato la proroga dell’incarico


POTENZA – La Corte di cassazione ha bocciato il ricorso presentato dall’ex primario della medicina del lavoro dell’Asp, Michele Via (attualmente in pensione), contro la sentenza della Corte d’appello che nel 2014 gli aveva negato il diritto alla proroga nell’incarico sulla base di un’illegittimità nella selezione di cui era risultato vincitore, nel lontano 2001.
I giudici della sezione civile presieduta da Giuseppe Napoletano hanno dichiarato inammissibili le questioni poste dal legale dell’ex assessore provinciale ai Servizi socio assistenziali, che nel 2009 aveva portato in Tribunale la delibera con cui l’Asp aveva rimesso a bando il posto da primario della medicina del lavoro.
Alla base di quella decisione dell’Azienda sanitaria, infatti, c’era stata una precedente sentenza dello stesso Tribunale che aveva accolto il ricorso di un altro concorrente alla selezione del 2001 per l’incarico quinquennale di primario, vinta da Via nonostante non avesse l’«anzianità di servizio» prevista.
Per il primario, però, in quella pronuncia nulla si diceva sull’illegittimità della successiva proroga per altri 5 anni del suo incarico.
Di qui il ricorso contro il nuovo bando, accolto in primo grado, sempre nel 2009, con una sentenza a suo favore, che però è stata rovesciata in Appello, nel 2014, dopo che l’Asp gli aveva concesso una terza proroga quinquennale nell’incarico, che sarebbe scaduta due anni dopo. Una pronuncia, subito applicata con l’indizione di una nuova selezione, che ha fatto salvi, comunque, «tutti gli effetti “retributivi” e tutti i diritti riconducibili al diritto a percepire la retribuzione», da primario per il periodo 2001-2014, «ivi compreso il diritto a mantenere ferme le prestazioni assicurative e previdenziali, per l’intero periodo lavorato pur in costanza di nullità del rapporto ab initio».
Nel ricorso in Cassazione il legale di Via, Orazio Abbamonte, aveva contestato il ritardo con cui l’Asp ha impugnato la sentenza di primo grado e l’annullamento della proroga dell’incarico da primario, anche perché il concorrente sconfitto nella selezione del 2001 non aveva mai sollevato questioni a riguardo, accontentandosi del riconoscimento dell’ingiustizia subita.
Per i giudici della Suprema corte, però, nel ricorso non sarebbero state trascritte, come richiesto, la sentenza che aveva dato ragione all’ex primario, e le delibere con cui l’Asp avrebbe dato mandato ai suoi difensori – in ritardo – per fare Appello.
Inammissibili anche le questioni sul mancato annullamento della proroga dell’incarico da primario perché «incentrate sull’interpretazione della delibera di rinnovo del contratto di incarico dirigenziale de quo e della citata sentenza del Tribunale di Potenza (quella che aveva dato ragione al concorrente, ndr) ormai definitiva».
I giudici hanno condannato Via a pagare 4.500 euro di spese legali. 

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