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La villa che ospiterà il centro

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CUTRO (CROTONE) – È significativo, estremamente significativo, che il Comune di Cutro abbia presentato un progetto per la realizzazione di un Centro anti violenza con annessa Casa rifugio per donne e minori vittime di violenza all’interno di un bene confiscato, ben 25 anni fa – un paradosso che non sia ancora riutilizzato dopo tanto tempo – a Mario Mannolo, esponente apicale dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta stanziata nella frazione San Leonardo, dove proprio l’8 marzo scorso, nel giorno della Festa della donna, è stato compiuto un femminicidio.

All’interno di un fabbricato di 600 metri quadrati costituito da tre piani fuori terra, in via Olivatello, a due passi dalla casa in cui Vincenza Ribecco è stata uccisa dall’ex marito Alfonso Diletto, finito in carcere nell’ambito di un’indagine lampo che ha fatto luce anche sull’atteggiamento morboso e ossessivo dell’uomo che l’avrebbe perseguitata da 30 anni anche se non è stato mai denunciato dalla vittima che temeva ritorsioni,

il Comune vuole, dunque, realizzare il Centro antiviolenza per cui ha richiesto due milioni e 490mila euro nell’ambito del Pnrr per l’inclusione e la coesione che mira, appunto, a rigenerare beni confiscati alla ‘ndrangheta. Il progetto prevede la demolizione di un immobile adiacente, confiscato a Giuseppe Mannolo, per la realizzazione di un parcheggio a servizio del Centro. Migliore risposta delle istituzioni non ci poteva essere, perché, come emerso anche dalla tragedia di San Leonardo di Cutro, le donne sono più esposte agli abusi proprio nella periferia estrema.

Ma c’è anche un altro aspetto. Significativa, infatti, è anche la storia di ritardi e inadempienze che si cela dietro la mancata assegnazione di un bene acquisito al patrimonio dello Stato in via definitiva nel lontano novembre ’97. Il Comune guidato dall’ex sindaco Salvatore Migale riuscì a perdere 900.000 euro di fondi Por che erano stati ottenuti per realizzare un Centro anziani. Fondi persi in seguito ai ritardi accumulati nell’iter burocratico.

A distanza di oltre due anni dall’aggiudicazione della gara, l’ex dirigente dell’area tecnica del Comune non aveva ancora stipulato il contratto con la ditta quando il commissario prefettizio che subentrò al sindaco, Maria Carolina Ippolito, oggi prefetto di Crotone, dovette restituire i fondi alla Regione. Nel corso di un travagliato iter, addirittura l’ex sindaco Migale interpellò tre Ministeri perché i beni già confiscati potessero essere affittati al clan a cui erano stati tolti.

La sentenza definitiva di acquisizione al patrimonio dello Stato fu emessa dalla Corte di Cassazione il 17 novembre ’97. Ma trascorsero sette anni soltanto per il decreto del ministero delle Finanze che il 7 marzo 2000 dispose il trasferimento al Comune. Il verbale di consegna fu redatto dall’Ufficio del territorio di Catanzaro il 4 aprile 2000. Il bene, al momento della consegna al Comune, risultava occupato, per cui l’amministrazione ordinò lo sgombero, il 22 novembre 2000, entro 30 giorni e dispose che il 28 febbraio 2001 si procedesse d’ufficio.

L’esecuzione, sospesa a causa di un incidente di esecuzione pendente presso il Tribunale di Crotone, fu fatta dal Comune il 20 marzo 2001 con la consegna delle chiavi dell’immobile da parte dell’esecutato. Il 7 maggio 2001 l’allora sindaco chiese ai ministeri dell’Interno, delle Finanze e della Giustizia se gli immobili confiscati potessero essere dati in locazione agli esecutati e ai loro familiari. Il ministero dell’Interno rispose che l’ipotesi non era percorribile. Il 6 febbraio 2002 il Comune dichiarò di non disporre di risorse di bilancio per adibire i locali confiscati alle finalità istituzionali cui erano destinati, per cui si rese necessario attivare procedure per il finanziamento a carico dello Stato o di altri enti. Nel novembre 2011 l’ex sindaco Migale, in un’altra consiliatura, riuscì a ottenere lo stanziamento dalla Regione di 900.000 euro.

La copertura finanziaria proveniva dal Por Calabria. Il 29 febbraio 2012 la giunta approvò il progetto e il 22 novembre dello stesso anno dispose l’autorizzazione all’appalto. L’8 gennaio 2013, presso la Stazione unica appaltante della Provincia di Crotone, fu aggiudicata la gara all’ati Edilmagica. Dei 900.000 euro previsti furono erogati al Comune, il 26 settembre 2012, 270.000 euro.

Il contratto con la ditta non venne mai stipulato e i lavori non iniziarono mai poiché, dati i ritardi intercorsi, entro il 2015 era impossibile che l’opera venisse collaudata, e l’intero finanziamento andò perso. Il Comune sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2020, sotto la guida del commissario straordinario Domenico Mannino, ci riprova. Forse è la volta buona perché risorse sottratte al territorio dal clan Mannolo, le cui “specializzazioni” sono il narcotraffico e le estorsioni ai villaggi turistici come attestati da inchieste e sentenze, siano finalmente restituite alle comunità e riutilizzate a fini sociali.

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