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Marcello Minenna, ha avuto dal presidente Occhiuto la delega al Bilancio

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NELLA Giunta regionale calabrese Marcello Minenna, nei fatti, era rientrato lo scorso 7 luglio quando, revocati gli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta sulle mascherine, era venuta meno anche la sospensione scattata in applicazione della legge Severino. Il suo nome è ricomparso, da lì in poi, sul frontespizio delle delibere di Giunta (in cui risultava assente). D’altra parte, dal giorno della sua sospensione fino a ieri mattina Minenna era assessore senza deleghe. Le sue – programmazione dei fondi comunitari, ambiente, società partecipate – erano state avocate dal presidente e ancora in capo a Occhiuto risultavano lo scorso 11 luglio – con Minenna ormai non più sospeso – quando il governatore con decreto rimise mano alle deleghe assegnate alle sua vice, Giusi Princi.

Sulla vicenda – raccontata dal Quotidiano – era intervenuto anche il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio Regionale Davide Tavernise. «Evidentemente solo nella Regione più povera d’Italia poteva capitare di pagare un assessore senza deleghe, che percepisce quindi un lauto stipendio pur non partecipando ai lavori della Giunta regionale. La notizia riportata dagli organi di stampa, al momento non smentita da nessuno, ha dell’incredibile» scriveva Tavernise, chiedendo al governatore Occhiuto di chiarire.

Con il decreto firmato ieri mattina dal presidente, quindi, Minenna torna a pieno servizio, anche se non si occuperà più delle deleghe precedenti. Una parte – come ambiente, ciclo integrato dei rifiuti e delle risorse idriche e partecipate – resta a Occhiuto, mentre la programmazione comunitaria va a Princi, che se n’era già occupata almeno fino alla nomina di Minenna. A lui viene invece assegnata la delega al Bilancio, che aveva fatto parte fin qui degli incarichi attribuiti alla vicepresidente.

L’INCHIESTA DI FORLÌ SU MINENNA

I fatti contestati a Minenna risalgono al periodo in cui era direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Secondo la Procura di Forlì Minenna avrebbe stretto un “pactum sceleris”, o presunto tale, con l’imprenditore romagnolo ed ex parlamentare leghista Gianluca Pini relativo all’importazione di mascherine dalla Cina in piena emergenza Covid (è il marzo 2020). Pini avrebbe indotto Minenna a «mettere a servizio l’esercizio della sua funzione pubblica sia intervenendo egli stesso con gli uffici territoriali per risolvere le problematiche (di Pini, ndr) sia dando ordine ai suoi più stretti collaboratori, dirigenti nazionali dell’Agenzia delle Dogane, di mettersi a disposizione di Pini per risolvere i problemi che l’imprenditore aveva in fase di sdoganamento delle merci».

Il reato contestato a Minenna è quello di corruzione. Il gip, peraltro, in una prima fase aveva anche negato la misura cautelare degli arresti domiciliari (quella che gli è costata la sospensione dalla Giunta regionale e poi è stata revocata dal Riesame). Non c’erano le condizioni, non si ravvisava il rischio di reiterazione del reato dal momento che Minenna non era più a capo delle dogane. La Procura però ha insistito, aggiungendo un elemento che alla fine ha convinto la gip: la nomina – proprio quella – ad assessore regionale in Calabria, arrivata lo scorso febbraio. Deleghe di peso – il riferimento è a quelle assegnate con la prima nomina e ora non confermate – come ambiente, fondi comunitari e partecipate – che comportavano la gestione di «una rilevante quantità di denaro pubblico e di poteri». E di progetti importanti: il giudice fa riferimento, negli atti, al rigassificatore di Gioia Tauro.

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