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Maria Antonietta Ventura

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Nata male e finita peggio la storia di Maria Antonietta Ventura, candidata presidente del centrosinistra alle prossime regionali.

A fronte delle evidenze, stasera c’è stato il passo di lato dell’amministratrice del gruppo operante nel settore ferroviario (LEGGI) che a fronte dell’interdittiva antimafia emanata dalla prefettura di Lecce (ce ne sarebbe una seconda anche da Napoli), ha capito che non era il caso di continuare a sostenere difese con questioni di omonimie e altre pezze a colori.

Un disastro da parte di chi ha gestito la partita a Roma. Ad iniziare dal segretario Enrico Letta, e poi Giuseppe Conte e  Francesco Boccia, pronube del partito in Calabria come responsabile dei rapporti con i territori e da pochi giorni commissario della Federazione del Pd di Cosenza.

Un dilettantismo da ragazzini ha caratterizzato i responsabili nazionali che nell’incontro romano che ha deciso di puntare sulla donna di Confindustria nonché presidente regionale dell’Unicef erano stati messi a conoscenza del problema in corso in evoluzione in Puglia per un subappalto finito ad un’azienda in odore di mafia per vicinanza ad una cosca di Isola Capo Rizzuto.

La candidata sarebbe stata rassicurata che la vicenda non presentava grandi problemi e i vertici nazionali avrebbero anche avviati riscontri presso la prefettura di Roma che avrebbero dato esiti negativi rincuorando l’entourage dei Ventura.

Una grande superficialità ha creato una situazione precipitata ieri.

Le interdittive esistono. Accertata a Lecce ed emessa dalla prefettura il 9 aprile del 2021 e rimbalzate a quanto pare anche a Napoli.

A quel punto, mentre si preparava la prima uscita pubblica per domenica a San Lucido, paese dove il marito della Ventura è sindaco, non è rimasto che chiamare la ritirata.

Per il centrosinistra tutto da rifare. Il casting del candidato riprende. Per la Ventura un’avventura sventurata. Un deragliamento che si poteva evitare.

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