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Uno dei post sotto accusa

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SAN LUCA (REGGIO CALABRIA) – Gli insulti pubblicati su Facebook da Marco Mancuso a Klaus Davi, Giuseppe Brugnano, segretario nazionale del sindacato di polizia Fsp, ed al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, sono diventati un caso nazionale (LEGGI LA NOTIZIA). Nel frattempo, il massmediologo Klaus Davi, insieme a Carlo Tansi e Giuseppe Silvaggio ha denunciato Marco Mancuso per diffamazione e minacce. 

La notizia, infatti, ha provocato una serie di reazioni. In particolare, il parlamentare di Fratelli d’Italia, Questore della Camera, Edmondo Cirielli, ha inteso sollecitare il ministro dell’Interno Matteo Salvini ad attivare «immediatamente tutte le procedure per garantire non solo la libera partecipazione democratica, in un territorio inquinato dalla ‘ndrangheta, ma soprattutto la sicurezza per affermare la legalità e la presenza dello Stato». 

Al collega di partito ha fatto eco il deputato Wanda Ferro che ha invitato «le autorità competenti a valutare l’opportunità di oscurare il profilo Facebook di Marco Mancuso, figlio del presunto boss di Limbadi, che ha rivolto commenti offensivi e minacciosi nei confronti del massmediologo Klaus Davi, candidato a sindaco di San Luca, del sindacalista di Polizia Giuseppe Brugnano, segretario nazionale del Fsp Polizia di Stato, e del capo della procura antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri».

Wanda Ferro, segretario della Commissione parlamentare antimafia, ha poi aggiunto che «Oltre che al procuratore Gratteri, già fatto oggetto di messaggi e commenti intimidatori da parte di appartenenti alle cosche rivolgo la mia solidarietà a Davi e Brugnano, coraggiosi ispiratori della lista che ha avuto l’innegabile merito di favorire il ritorno della democrazia a San Luca. Non è stata certo una operazione di ricerca di visibilità personale, ma anzi ha restituito all’opinione pubblica una immagine nuova e diversa di un paese che merita normalità. La minacce di questo rampollo di ‘ndrangheta dimostrano che il lavoro di Davi e Brugnano ha colto nel segno: la mafia teme i cambiamenti culturali più delle operazioni di polizia».

Per la Ferro «le cosche temono quella piccola grande rivoluzione che parte dall’assunzione di responsabilità di ciascuno, dalle scelte quotidiane di chi, nelle cose che fa, percorre la strada delle regole e non quella della sopraffazione. La cosche temono che i cittadini tenuti sotto la cappa della paura comprendano che un’altra realtà è possibile, che un altro futuro è possibile, e che la rivoluzione delle coscienze è un’onda inarrestabile, che non può essere frenata da minacce o atti di violenza. L’importante è che la comunità sia unita, che faccia da scudo a difesa di chi si schiera in prima linea, affinché non venga lasciato solo ed esposto alle ritorsioni. Per questo è importante far capire che le parole di odio del giovane Mancuso non sono che il grido di dolore di un leone da tastiera, e che dall’altra parte c’è una società di uomini e donne decisi a tenere la schiena dritta e a non avere cedimenti di fronte a chi deve sentire la responsabilità di avere macchiato di sangue una terra meravigliosa, di averne soffocato lo sviluppo e di avere negato un futuro a tanti suoi giovani. Per questo saremo sempre dalla parte di magistrati come Nicola Gratteri, degli appartenenti alle forze dell’ordine, dei giornalisti, degli insegnanti, degli amministratori sani e onesti, ma soprattutto dalla parte di quei giovani che rappresentano il futuro di quella Calabria che gente come quel Marco Mancuso continua a distruggere con la sua sottocultura di violenza e di morte, che non merita di aver voce».

Per Valter Mazzetti, segretario generale dell’Fsp, «le offese rivolte a chi si è presentato a San Luca nel segno dell’antimafia sono la reazione all’impegno di chi crede nello Stato, di chi esalta il valore della civile collaborazione, di chi non ha paura di dimostrare con chiarezza da quale parte stare. Fare una scelta netta di legalità smaschera subito chi fa scelte di segno opposto. Le affermazioni che si leggono sul profilo Facebook a nome Mancuso sono chiare, non lasciano spazio a dubbi: se il partito dell’antimafia deve perdere, allora a vincere deve essere quello della mafia».

«L’arrogante violenza delle parole minacciose ed offensive scritte sui social contro Gratteri, Brugnano e Davi – afferma il deputato del Pd Antonio Viscomi – dimostra quanto sia ancora più efficace e quindi maggiormente temuta l’azione investigativa e repressiva della magistratura quando si salda alla reazione della società civile ed all’assunzione di responsabilità di coloro che intendono operare, a tutti i livelli, nella sfera politica ed amministrativa. Ciò che veramente fa paura alla criminalità, organizzata o meno, è che ognuno faccia il proprio dovere, piccolo o grande che sia, e lo faccia nell’interesse comune».

Inoltre, solidarietà a Gratteri, Davi e Brugnano è stata espressa anche dal sindaco di Catanzaro Sergio Abramo e dall’assessore alle politiche sociali Lea Concolino. «Le minacce apparse su Facebook – affermano – sono l’ennesimo, vigliacco tentativo di intimidire chi, come loro, lottano ogni giorno per garantire e far rispettare la legalità, lo Stato di diritto e la democrazia. Forse queste minacce che si susseguono sono indicative di quanto le istituzioni, la Magistratura, le forze sane della classe dirigente e della politica siano sulla strada giusta, quella stessa strada temuta dalle persone che temano venga loro meno il terreno sotto il quale hanno potuto camminare in passato». 

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