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Covid e scuola, una ricerca svela le emozioni più ricorrenti tra gli alunni: rabbia e paura

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VIBO VALENTIA – Paura. E rabbia. Sono queste le emozioni prevalenti nel vissuto quotidiano degli alunni dell’istituto comprensivo Enrico Murmura di Vibo Valentia. Almeno negli ultimi 15 mesi caratterizzati dall’emergenza coronavirus.

Uno tsunami sanitario ma anche emotivo che ha stravolto abitudini, protocolli e schemi comportamentali anche e soprattutto nel mondo scolastico.

Lo svela una ricerca condotta nel frequentato istituto comprensivo vibonese grazie all’attivazione dello Sportello d’ascolto emergenza Covid-19, nato dal protocollo tra il Miur e l’Ordine nazionale degli psicologi, e curato dalla psicoterapeuta Paola Giacco d’intesa con la dirigente Tiziana Furlano.

Una ricerca, ma anche uno spazio di condivisione ed ascolto, che rappresenta lo spaccato dell’istituzione scolastica – travolta ma non abbattuta dall’ondata emergenziale -, e di come la scuola – puntando sulle sue innumerevoli risorse didattiche, sociali e relazionali -, sia riuscita in larga misura ad arginare le conseguenze potenzialmente devastanti della pandemia.

L’intervento si è concentrato su più livelli. Non solo sugli studenti, che anzi hanno rappresentato l’ultimo “terreno” da sondare, ma anzitutto sugli adulti (famiglie e personale scolastico) per aiutare genitori, docenti e collaboratori a fronteggiare e gestire l’emergenza emotiva propria e quella dei minori.

La psicoterapeuta Paola Giacco

Nel condizionare le emozioni dei più piccoli, non a caso, sono intervenute soprattutto le preoccupazioni delle famiglie. E così lo sportello d’ascolto è servito a smussare quelle ansie, a decostruire le paure ingiustificate e a creare un rinnovato rapporto di fiducia che ha avuto ricadute positive sugli alunni. Un «sistema a cascata», come lo ha definito la dirigente Furlano, che continuerà ad essere adottato anche alla ripresa dell’anno scolastico. Nella consapevolezza che con gli strascichi psicologici del Covid bisognerà fare i conti ancora per un po’.

«L’intervento principale – spiega non a caso Paola Giacco – si è indirizzato a “ripristinare” il livello emotivo di genitori e docenti al fine di creare delle reti di contenimento per i minori, offrendo così loro un sostegno indiretto».

L’indagine vera e propria si è poi esplicata attraverso questionari che hanno indagato l’aspetto emotivo degli alunni, distinguendo le sette emozioni di base (rabbia, paura, gioia, tristezza, disgusto/disprezzo, vergogna); l’aspetto emotivo legato all’area scolastica; l’aspetto emotivo legato all’area sociale; l’aspetto emotivo legato all’area familiare.

La rabbia seguita dalla tristezza e la paura seguita dalla tristezza, le emozioni più ricorrenti emerse negli oltre 310 questionari somministrati agli alunni. Emozioni dovute all’interruzione dei rapporti in maniera brusca e al virus.

Altro capitolo la didattica a distanza che sembra aver portato gioia solo nei casi dove il sentimento della paura era imperante, mentre nel resto dei casi è stata vissuta con tristezza e rabbia e con ricerca del contatto umano.

«Ciò è mancato soprattutto ai più piccoli – ha commentato la dirigente Furlano -. Con la necessità di un abbraccio, di una carezza, soffocata da uno stato d’ansia che li ha portati a regredire nell’ambito dell’autonomia e della socialità. L’attivazione dello sportello ci ha però consentito di recuperare situazioni difficili. Pian piano, anche nei casi più compromessi, è tornata la serenità».

La dirigente Tiziana Furlano

Gli alunni dal canto loro hanno dimostrato grande spirito d’adattamento. «I piccoli hanno rispettato le regole in modo fantastico, ma allo stesso tempo hanno manifestato forte disagio per una normalità solo apparente. Per noi è stata molto dura – ha aggiunto la dirigente – specie nel corso del primo lockdown, di fronte ad una situazione completamente nuova. In questo anno scolastico, invece, le difficoltà maggiori sono state legate soprattutto all’incertezza, alle ordinanze e ai provvedimenti di chiusura che non ci hanno permesso di assicurare la continuità didattica in presenza».

La Dad è stata la vera sfida. «Abbiamo cercato le soluzioni migliori per mantenere le attività e circondare con un abbraccio virtuale i nostri alunni. I nostri docenti in questo sono stati eccezionali, mettendosi in gioco in quel livello etico che contraddistingue il mondo della scuola, per stare vicini ai ragazzi e per non far restare indietro nessuno. Così, quell’abbraccio virtuale è diventato concreto».

E dire che alcune situazioni si presentavano davvero critiche: «Alcuni alunni non si sono mai collegati in Dad. Una nostra alunna addirittura non è mai uscita dalla sua stanza per tutto il primo lockdown. In un altro caso, in cui era necessario attivare la didattica domiciliare ma era impossibile visto il rischio contagio, la Dad si è rivelata la modalità vincente per far sentire un nostro alunno fragile parte integrante della classe».

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