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I carabinieri sul luogo del duplice omicidio

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NAPOLI – Il numero dei colpi di pistola esplosi, undici, e la sequenza, come la direzione, rivelano «una condotta intenzionalmente e senza giustificazione rivolta a cagionare la morte».

Non sembrano avere alcun dubbio i carabinieri e la Procura di Napoli che ha posto in stato di fermo con l’accusa di duplice omicidio aggravato il camionista di 53 anni Vincenzo Palumbo, protagonista del tragico fatto di sangue (LEGGI) verificatosi poco dopo la mezzanotte di giovedì a Ercolano, in provincia di Napoli.

Palumbo ha ucciso Giuseppe Fusella, di 26 anni, e Tullio Pagliaro, di 27, dopo averli scambiati per ladri. Ai due ragazzi l’unica colpa che si può addebitare è quella di essersi fermati in auto davanti a quella villetta di periferia; non è ancora chiaro il perché.

Durante il lungo interrogatorio reso al procuratore aggiunto di Napoli Pierpaolo Filippelli, Palumbo ha sostenuto di essere stato svegliato dalla sirena del sistema d’allarme della sua abitazione, di avere preso la sua pistola, che custodiva sotto il letto dopo avere subito un furto lo scorso 4 settembre, e di essere uscito sul terrazzo di casa con la ferma intenzione di respingere i ladri.

L’indagato ha anche riferito di avere visto un giovane scappare dalla sua proprietà: il ragazzo, secondo il suo racconto, dopo avere udito le grida, si sarebbe rifugiato nella Fiat Panda che lo attendeva davanti alla sua abitazione con il motore accesso.

Il camionista ha riferito di avere sparato 4 o 5 volte malgrado la pistola si fosse inceppata dopo il primo colpo. Ma la sua versione dei fatti non ha convinto gli inquirenti.

I due ragazzi, infatti, non sono stati trovati in possesso di armi da fuoco o di materiale di altro genere atto ad offendere. Nell’auto non c’erano strumenti “da scasso” e neppure indumenti che avrebbero potuto travisare il loro volto per renderli irriconoscibili. Nessuno degli elementi raccolti dai inquirenti, in sostanza, fa ritenere che quei due ragazzi fossero in procinto di commettere un furto o una rapina. E, quindi, il comportamento di Palumbo, alla luce di queste rilevanze, appare davvero incredibile.

Non solo. Palumbo, infatti, non avrebbe esploso, con la sua pistola Beretta calibro 40 legalmente detenute, 4 o 5 colpi, come dice, ma ben undici colpi, contro la Fiat Panda a bordo della quale c’erano Giuseppe e Tullio. Cinque proiettili hanno raggiunto l’auto mentre si stava allontanando dalla villetta. I ragazzi sono stati raggiunti alla testa dai colpi che avevano perforato il tetto della vettura.

L’AVVOCATO: “CHIEDE SCUSA, NON VOLEVA UCCIDERE”

«Il signor Vincenzo Palumbo chiede scusa ai familiari, non voleva uccidere», ha fatto sapere l’avvocato d’ufficio dell’indagato Francesco Pepe. «Anche lui è profondamente addolorato. Aspettiamo che la magistratura faccia il suo lavoro».

Mercoledì, intanto, si terranno le autopsie che aggiungeranno ulteriori elementi al compendio probatorio raccolto. A Portici, città dove i due ragazzi vivevano, c’è un’intera comunità sotto choc. Nessuno riesce a capacitarsi.

«Poveri ragazzi! Vicinanza e preghiera per le famiglie prostrate dal dolore», dice Giorgio Pisano, sacerdote alla Chiesa del Sacro Cuore in via Diaz. «Tullio Pagliaro era un ragazzo fantastico, buonissimo, affabile, altruista, generoso», sono le parole di Emiliano Mellone tecnico nazionale di tennis, istruttore del 27enne, ucciso insieme a Giuseppe Fusella.

Il sindaco di Portici, Vincenzo Cuomo, ha annunciato la proclamazione del lutto cittadino. «Il dolore per l’uccisione di due ragazzi perbene e innocenti avvolge una intera comunità. Poi ci sarà il momento dei perché e dei per come sia potuta accadere questa immane tragedia, e noi ci saremo».

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