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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni insieme a Ursula Von der Leyen

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La Francia ha la presidenza della Bce e della Banca per l’Est. La Germania ha la Commissione europea e l’avrà anche dopo le elezioni. Se per la guida della Bei la Calviño prevalesse su Franco, il messaggio è che la Spagna – presiede l’Eba e ha il vice della Bce – oggi governata da non si sa chi conta in Europa e l’Italia, con il governo di legislatura della Meloni, conta nulla. Con la scadenza di Enria alla Vigilanza Bce, avanza un’altra candidata spagnola, l’Italia è a zero. Questo smacco la Meloni non se lo può permettere. Ribalti il quadro con una trattativa con Scholz e Macron sulla Bei. Ne guadagna lei come credito internazionale e il Paese come utilità economica. In Italia e nel Mediterraneo.

NON vorremmo disturbare il rumore del dibattito della pubblica opinione del nulla italiano. Se riusciamo per un attimo a occuparci meno di generali che parlano a vanvera o di trovate populiste che trattano questioni economiche e sociali molto serie come trofei elettorali, forse ci potremmo anche rendere conto che nel frattempo grandi e meno grandi stanno occupando tutte le posizioni di vertice in Europa. Potremmo magari accorgerci che stanno operando per sottrarci anche quel ruolo di guida nel Mediterraneo e di ponte tra Sud e Nord del mondo che la geografia ci regala e che con acume politico stavamo costruendo.

La Francia ha con Christine Lagarde la presidenza della Banca centrale europea (Bce) di cui è vice presidente Luis de Guindos, ex ministro dell’economia, dell’industria e della competitività della Spagna. La stessa Francia ha sbarrato la strada a un ex ministro dell’economia italiano di valore, Pier Carlo Padoan, oggi presidente di Unicredit , per la guida della BERD, banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo dei Paesi dell’Est con un campo di azione che riguarda anche Asia e Mediterraneo meridionale, non avendo rinunciato per nessuna ragione al mondo alla sua candidata Odile Renaud-Basso che oggi ne è saldamente al comando. La Germania ha la presidenza della Commissione europea con Ursula von der Leyen e la rivendica senza spazi di discussione per lei stessa o per Weber o per altri ancora purché tedeschi dopo le elezioni europee.

La Banca europea degli investimenti (Bei) che è quella meno visibile ma che per noi conta di più perché ha la cassaforte di tutto il conto/capitale europeo in Africa, nel Mediterraneo allargato e nella ricostruzione dell’Ucraina, per la transizione ecologica e la politica industriale, avrà a metà settembre la designazione del suo nuovo presidente che solo i media italiani ritengono cosa fatta per l’ex ministra del Tesoro spagnola del governo Sanchez, Nadia Calviño Santamaría. Ovviamente lo ritengono nonostante il nostro Paese abbia messo in campo un candidato del valore dell’ex ministro del Tesoro del governo Draghi, Daniele Franco, ex Ragioniere generale dello Stato e ex direttore generale della Banca d’Italia. In questo momento non si sa nemmeno se la Spagna avrà o meno un governo, se a guidarlo sarà il popolare Feijóo che ha ricevuto l’incarico dal re, o se fallito il suo tentativo ritornerà in campo Sánchez con tutti gli indipendentisti al seguito, ma tutto ciò poco conta perché approfittando della presidenza pro tempore dell’Unione europea in evidente conflitto di interessi il socialista Sánchez avrebbe stretto un patto con il compagno di partito tedesco, il cancelliere Scholz, e questo secondo i soliti superinformati e/o superindirizzati avrebbe già chiuso la partita.

Ovviamente gli stessi soggetti si sono affrettati in modo ridicolo a porre sullo stesso piano la presidenza della Bei e la nomina del sostituto di Panetta, designato governatore della Banca d’Italia, nel board della Bce, addirittura arrivando a scrivere che si può aspirare o all’una o all’altra posizione ignorando che nella prima come nella seconda istituzione finanziaria l’Italia è con Germania e Francia il terzo azionista per cui la nomina nel board della Bce è di fatto un diritto inviolabile con il suo candidato ben noto e che, dopo mezzo secolo, la presidenza della Bei è per l’Italia molto più di una legittima aspettativa.

A tutto questo va aggiunto che la Spagna, che non è un Paese Fondatore dell’Europa, ha oggi anche la presidenza dell’Eba e ha espresso la candidatura che appare quella più forte per subentrare all’italiano Andrea Enria alla presidenza del Consiglio di Sorveglianza della Bce che è il Capo della Vigilanza europea e la seconda posizione nella banca dopo quella della Lagarde. Con l’uscita di scena di Enria prevista a fine anno l’Italia si ritroverebbe nella inedita posizione di essere l’unico dei tre Paesi Fondatori ad avere zero assoluto nelle posizioni di vertice dell’Europa. Addirittura surclassata fino all’umiliazione pubblica da un Paese come la Spagna con economia e popolazione molto più piccole di noi e, per di più, con una spiccata proiezione sul Mediterraneo che ne fa una agguerrita concorrente rispetto alle legittime ambizioni italiane di Piano Mattei e leadership europea nel Mediterraneo con il suo nuovo grande hub energetico e manifatturiero. Il messaggio per il mondo intero se la Calviño dovesse prevalere su Franco è che la Spagna governata da non si sa chi conta in Europa e l’Italia, che ha una leadership autorevole come Giorgia Meloni che guida un governo di legislatura corteggiata da tutti in vista delle prossime elezioni europee, conta perfettamente nulla.

Tanto più che la Germania proprio per avere la conferma della presidenza della Commissione europea avrà più che mai bisogno dei voti italiani e dell’ala conservatrice che guida, la Meloni deve mettere tutto il suo peso politico sul tavolo tedesco direttamente con Scholz fugando ogni dubbio sul fatto se ci sia o meno un interesse reale dell’Italia a questa posizione. Così come deve sempre in prima persona tirale le fila sullo stesso tema con il capo di Stato francese Macron perché questi insieme a Scholz rappresenta due dei tre grandi azionisti (il terzo siamo noi) delle principali istituzioni finanziarie europee. Per gli stessi motivi per cui un risultato positivo sarebbe un successo per gli spagnoli, a maggior ragione sarebbe un grande successo internazionale anche per la Meloni o sarebbe viceversa una brutta sconfitta per l’Italia se la Spagna dovesse davvero prendere anche questo posto aggiungendolo alla presidenza dell’Eba e alla doppia probabile posizione ai massimi livelli della Bce.

Questo smacco il governo Meloni non se lo può permettere. Anche perché tutti direbbero che questo risultato è stato prodotto dal fatto che Sánchez si è seduto al tavolo di trattative e il nostro premier no. Giorgia Meloni deve spendere tutto il suo peso politico in questa battaglia che può contare molto sul quadrante del futuro che è l’Africa e il Mediterraneo allargato e accrescerebbe con i fatti di molto la distanza tra chi parla solo e critica solo e chi invece scende in campo con decisione, spende la sua credibilità, e fa valere con Scholz e Macron il peso dell’Italia e il peso suo personale. Per il mondo dell’economia sarebbe un’iniezione di fiducia addirittura doppia. Perché vedrebbe confermato il peso del prestigio internazionale italiano legato al biennio magico di Draghi e ne percepirebbe al volo la forte utilità per la nostra economia nelle partite chiave della crescita futura ancora possibile. Giorgia Meloni si muova e porti a casa il risultato invece di lasciarsi logorare tra le chimere di trofei elettorali di questo o quello dei suoi alleati di governo. La “banda dei Brics” guidata da Cina, Russia e un Brasile utopista si è allargata a Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e questo vuol dire che la pressione dei Sud del mondo, pur con qualche sogno di troppo come quello della nuova moneta, si farà sentire sui quadranti africani e del Mediterraneo allargato che sono strategici per il Piano Mattei del governo Meloni.

Vedere dopo mezzo secolo riconosciuta all’Italia, che è uno dei suoi tre grandi azionisti al 19% con Francia e Germania, la presidenza della Bei significa avere il controllo della leva finanziaria più potente a sostegno della nuova crescita mondiale possibile e per l’attuazione di quella idea guida di sviluppo alla pari che è centrale per la realizzazione del Piano Mattei. Queste battaglie se vinte non portano forse così tanti voti immediati nell’urna, ma sono fiducia nell’immediato che vale Pil nell’immediato e, soprattutto, futuro di crescita di lungo termine con il Mezzogiorno italiano alla guida del mondo capovolto che salva l’Europa e l’Italia. Sono anche i voti del futuro. Impegniamoci, per favore, sulle cose serie e lasciamo agli altri trombe e trombette delle sinfonie populiste di casa nostra.


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