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Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Forum "Verso Sud" di Sorrento

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Valutare con chiarezza la situazione globale e quella di politica interna e magari dire anche che tutto quello che si poteva fare è stato fatto già sarebbe una forma di onestà intellettuale che potrebbe costituire la precondizione di quel cambio di paradigma della politica italiana che è stata la base del successo di stagioni durature di riforme di grandi democrazie come quella tedesca e americana in tempi di pace. La prima delle cose da capire è che avere una leadership rispettata che possa decidere in Italia e partecipare al tavolo delle decisioni internazionali è un punto di forza. Se i partiti sono disposti a capire che questo è il punto vuol dire che il cambio di paradigma sta avvenendo e le cose si fanno. Altrimenti saremmo davanti alla solita Italietta.

Il cambio di paradigma del racconto del Sud agli investitori globali e interni dovrebbe prima diventare il cambio di paradigma del dibattito politico e intellettuale di questo Paese. Percepire e fare propria la volontà comune di ricostruire un Paese dopo un ventennio (ma la crisi è iniziata prima) di macerie che sono l’espressione di una cultura malsana fondata sull’illusione che con un tratto di penna si risolvono i problemi e poi si va avanti come prima. Ognuno continua a fare i fatti suoi. Un dibattito culturale e politico così malsano da fare finta di cercare e fare finta di individuare l’uomo che ha il tratto di penna magica per risolvere subito tutto (impossibile) e iniziare subito l’inevitabile giochino dell’illusione tradita. Cominciando a cercare un altro uomo che ha la penna magica e senza mai interrogarsi su quello che possono e devono fare loro (i cercatori di pepite delusi) perché il cambiamento avviato che richiede decenni migliori e si consolidi.

Diciamocelo chiaro, ma dove può condurre questo attacco a Draghi di Conte che ha sembianze fisiche prima ancora di contenuti sicuramente sostanziali? E la solita élite che ripete il refrain di sempre: sono deluso perché sulle riforme ha lasciato andare mentre loro beneficiano delle rendite. La gara a ripeterlo di chi ha avuto esperienze di governo precedenti ovviamente con situazioni, responsabilità e meriti differenziati tra di loro.

La domanda da porsi è un’altra: forzare di più la situazione sarebbe stato utile? Avrebbe prodotto risultati migliori o avrebbe portato al rischio capitale di fare saltare tutto in mezzo a due shock esterni che sono una pandemia globale e una guerra nel cuore dell’Europa che superano di gran lunga gli effetti di un nuovo ’29 e porteranno di certo a disegnare un nuovo ordine mondiale?

Valutare con chiarezza la situazione globale e quella di politica interna e magari dire anche che tutto quello che si poteva fare è stato fatto già sarebbe una forma di onestà intellettuale che potrebbe costituire la precondizione di quel cambio di paradigma della politica italiana che è stata la base del successo di stagioni durature di grandi democrazie come quella tedesca e americana in tempi di pace.

Avere almeno la dignità di ricordare, ad esempio, che nell’anno peggiore della storia repubblicana italiana si è fatta una crescita da anni di miracolo economico e si è ridotto di dieci punti netti il rapporto debito/Pil rispetto alla previsione del Conte due che in un quadro di uscita dalla politica monetaria espansiva vale oro. Rendersi conto di tutto quello che si è fatto nel tentativo di raddrizzare le storture di una macchina pubblica inadeguata ministeriale e territoriale per avviare la gestione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza, significherebbe avere la consapevolezza sana del molto da fare ancora e, soprattutto, aumenterebbe la capacità di farlo. Si capirebbero gli investimenti fatti sul capitale umano di enti locali e ministeri con metodi nuovi e di quello che ancora serve.

Capire che sulla giustizia civile, penale e tributaria, rispettando gli impegni europei, si è fatto molto (ma non lo si vuole vedere) e che è assolutamente necessario proseguire sul versante attuativo centrando parallelamente l’obiettivo politico del cambiamento del Consiglio superiore della magistratura. Sulla riforma del catasto vale o no che si fa più trasparenza e si ribadisce l’impegno di non aumentare l’imposizione o che il mercimonio a uso elettorale interno della solita politica fa capire che è tutto merito loro se i parametri di mercato valgono o non valgono? Nel pieno di una crisi inflazionistica, energetica, alimentare senza precedenti nella storia moderna siamo a spaccare il capello sulla cricca dei balneari ignorando sistematicamente che il meccanismo sacrosanto di gara in modo equitativo è stato messo in campo senza che mai fosse accaduto prima.

Facciamo i conti quotidianamente con una politica astratta, ecco l’altro cambio di paradigma necessario, che fa il solito giochino con il governo e vuole passare il cerino acceso di mano in mano perché nessuno si vuole assumere la responsabilità pubblica di farlo saltare, ma vorrebbe che fosse qualche altro a fare il lavoro sporco per suo conto. Questa è una cosa gravissima. Chi assume questi comportamenti si rende conto che sta giocando con il nostro futuro? Che si sta continuando a ragionare come se si trattasse di fare cadere, con tutto il rispetto, questo o quello dei leader politici della prima, della seconda, della terza (?) Repubblica e così via? Draghi è ascoltato nel mondo perché conosce i meccanismi internazionali, sa quello che dice e spiega che cosa c’è in gioco e dove si va a parare mentre molti, non tutti, parlano come se il mondo potesse essere organizzato secondo le loro solite fantasie. A volte il realismo ti blocca pure, ma prima di dirlo o di contestarlo bisogna dimostrarlo e bisogna farlo tenendo conto della situazione data.

Il problema è che cosa succede quando Draghi riferirà alla Camera sulle nostre alleanze e sulla guerra, sul gioco stucchevole che si fa sulla caratterizzazione dell’uso delle armi. Il capo del governo di sicuro con la consueta chiarezza, che riflette la complicazione e la mutevolezza della situazione globale, dirà la sua idea, ribadirà chi siamo e dove stiamo andando con il rispetto degli alleati europei e americani e del resto del mondo.

Gli altri, i soliti grillini, i soliti mezzi leghisti, prenderanno l’occasione per fare la loro solita sceneggiata e indebolire ancora il governo in questa fase delicatissima o faranno marcia indietro e capiranno una volta per tutte che non si può andare oltre un certo limite? Una posizione di costruzione della pace seria e ben rappresentata che passa, però, per noi come per gli altri, da quanto Putin è disposto ad andare su questa strada. Perché il problema di oggi è che Putin non si muove di un centimetro quindi è inutile che noi ce la raccontiamo come vorremmo che fosse almeno fino a quando la situazione si avvicinerà a quello che noi vorremmo che fosse.

Nel frattempo bisogna fronteggiare pragmaticamente la crisi economica, energetica e, a questo punto, soprattutto alimentare, soprattutto per i popoli africani, con un’economia italiana che sta peraltro tenendo contro ogni aspettativa e che anche per questo dovrebbe spingere tutti a riflettere un po’ di più. Dovremmo almeno arrivare a capire che ci muoviamo nella nebbia di non sapere e di non capire che cosa succede davvero nel mondo che incide sui fatti di casa nostra. Dovremmo almeno capire quello che dobbiamo fare noi al netto delle condizioni esterne. La prima delle cose da capire è che avere una leadership rispettata che possa decidere in Italia e partecipare al tavolo delle decisioni internazionali è il nostro punto di forza. Se i partiti sono disposti a capire che questo è il punto fondamentale vuol dire che il cambio di paradigma sta avvenendo. Altrimenti saremmo davanti alla solita Italietta.


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