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Picco record dell’inflazione che in alcuni settori raggiunge vette altissime come non accadeva in Italia dal lontano 1983

Esplodono i prezzi dei prodotti alimentari: con un aumento dell’11,5% trascinano l’inflazione all’8,9% (contro l’8,4% del mese precedente). Le stime preliminari dell’Istat dell’indice dei prezzi al consumo a settembre confermano un dato (purtroppo) scontato: con una bolletta energetica sempre più infiammata il risultato non poteva che essere questo.

L’Istituto di statistica ha infatti rilevato una crescita «ampia», anche se in lieve rallentamento, dei beni energetici (+ 44,5% contro il 44,9% di agosto) sia regolamentati (da +47,9% a +47,7%) sia non regolamentati (da +41,6% a +41,2%). In decelerazione anche i prezzi dei servizi relativi ai trasporti.

RECORD INFLAZIONE: ALLARME ALIMENTARI

L’allarme rosso è però scattato per i beni alimentari. Si deve tornare a luglio 1983 per trovare una crescita tanto sostenuta del “carrello della spesa”, che allora aveva toccato il 12,2%. Questa volta – ha evidenziato l’Istat – non sono i beni energetici a spiegare (se non per le conseguenze che la loro crescita così ampia ha innescato) la nuova accelerazione dell’inflazione, ma sono soprattutto i beni alimentari.
Sono comunque tutti i comparti che alimentano le tensioni inflazionistiche. E, tenendo conto del dato Istat di due giorni fa sul rialzo dei prezzi alla produzione del 15,5% per i prodotti alimentari, è facile pronosticare un ulteriore rimbalzo al consumo nei prossimi mesi. Si profilano tempi durissimi per il settore alimentare, con un impatto devastante sulle imprese e sui consumatori, terminali di una filiera che è ormai al collasso.

E sono i tagli alla spesa per la tavola a rappresentare il più eloquente sensore della crisi economica del Paese. Un assaggio del profondo malessere delle imprese si è avuto ieri, all’inaugurazione del Villaggio Coldiretti nel cuore di Milano. I giovani agricoltori hanno protestato contro il caro energia e l’inflazione alle stelle: «Lavoriamo 24 ore per il contatore» recitava uno dei cartelli sbandierati. Il 25% delle aziende under 40 ha già ridotto la produzione perché i rincari energetici, ma anche dei mangimi e di tutti gli altri fattori della produzione, non consentono il proseguimento dell’attività produttiva. E hanno lanciato un messaggio-monito: senza agricoltura non si mangia.

INFLAZIONE RECORD: I TAGLI A TAVOLA

E infatti gli italiani hanno già iniziato a ridurre gli acquisti di prodotti di prima necessità. Con i prezzi della verdura schizzati al +16,7% , per esempio, dalle tavole è già sparito l’11% dell’ortofrutta. Una situazione destinata ad avere un impatto sulle famiglie più deboli, che riservano una quota rilevante del proprio reddito all’alimentazione, ma ci sono anche oltre 2,6 milioni di persone che sono costrette a chiedere aiuto per mangiare e rappresentano – precisa Coldiretti – la punta dell’iceberg delle difficoltà in cui rischia di trovarsi un numero crescente di famiglie.

D’altra parte i conti tracciati dal Codacons fanno tremare i polsi. Per una famiglia tipo, con un’inflazione all’8,9%, la spesa lieviterà di 2.734 euro, di cui 657 euro solo per mangiare, e il conto salirà ulteriormente a +3.551 euro per un nucleo con due figli. Per il Codacons si tratta di uno tsunami economico senza precedenti e la crescita è destinata a rafforzarsi. Le bollette elettriche più salate del 59% e i nuovi aumenti del gas appesantiranno ancora di più i conti delle attività produttive, che non potranno che scaricarli sui listini al pubblico.

INFLAZIONE RECORD E CONCORRENZA SLEALE

È una spirale senza limite – ha commentato il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia – e non è stata ancora toccata l’acme. Scordamaglia ha espresso particolari preoccupazioni anche alla luce della decisione della Germania, e non tanto per lo stanziamento dei 200 miliardi, ma per il comportamento sul tetto al prezzo del gas che chiede di applicare solo per quello russo che oggi vale solo il 9% degli approvvigionamenti. E che ha incassato l’avallo di una Commissione europea «mai così debole». Ma così, secondo Scordamaglia «salta tutto».

«Bisogna intervenire subito – ha detto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che ha denunciato aumenti del 500% delle bollette delle imprese agricole – Avevamo chiesto al governo di dare risposte sui bisogni delle imprese, ma finora non si è visto alcun intervento concreto».

Altri Paesi si avvantaggiano per la speculazione, come l’Olanda, altri partner come la Francia, la Spagna e la Germania si sono mossi, mentre l’Italia si trova a subire una concorrenza sleale. E gli effetti già si vedono: «L’import di prodotti alimentari – ha sostenuto Prandini – è già cresciuto del 30 per cento».

Le aziende italiane rispettano le regole in termini di lavoro e salubrità, ma poi i mercati vengono invasi dai prodotti della Turchia e della Tunisia: «Per questo diciamo sì al libero scambio, ma in un regime di reciprocità – ha aggiunto il numero uno di Coldiretti – Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni».

AZIENDE UNDER 35 FIORE ALL’OCCHIELLO MA A FORTE RISCHIO

L’organizzazione agricola non ci sta a vedere la chiusura delle aziende giovani, le più efficienti e innovative, proprio in un momento in cui l’agricoltura era diventata un importante punto di riferimento per le nuove generazioni. Nell’ultimo anno sono nate in media 17 nuove imprese giovani al giorno: «Un cambiamento epocale che non accadeva dalla rivoluzione industriale, con il mestiere della terra che è diventato la strada del futuro per tanti ragazzi italiani, con 56mila aziende guidate da under 35 che hanno una superficie che è quasi il doppio della media (18,3 ettari di Sau per azienda contro 10,7), un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più».

Si tratta delle imprese più grandi e orientate al mercato che avrebbero dovuto rappresentare l’asse portante della nuova agricoltura. Ma ora il processo rischia di interrompersi bruscamente. «Occorre sostenere il fenomeno del ritorno alla terra e la capacità dell’agricoltura italiana di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale – questo l’appello lanciato dalla leader dei giovani di Coldiretti, Veronica Barbati – perché la drammatica crisi scatenata dalla guerra mette a rischio il futuro proprio della parte più avanzata dell’agricoltura italiana impegnata in un percorso di innovazione e sostenibilità per contribuire alla sovranità alimentare ed energetica del Paese».


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