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Edoardo Sanguineti

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Raccontare Edoardo Sanguineti è impresa ardua. Come dipanare una matassa aggrovigliata in cui le cose della vita si attorcigliano ai pensieri; le domande non trovano mai risposte definitive, ma conducono ad altre domande; le parole giocano a comporre versi che a loro volta formano poesie che non concludono: quasi mai un punto le risolve, in genere terminano con i due punti, che è come dire che non finiscono. Il prossimo 9 dicembre ricorreranno i 90 anni dalla nascita di Sanguineti, e questo è il capo del filo da cercare di sbrogliare: l’occasione per ricordarlo oggi. Poi subito, il primo vero nodo da sciogliere: Sanguineti è stato un poeta, per alcuni l’ultimo vero poeta italiano del Novecento. Ma è stato anche molto altro: scrittore di romanzi e racconti, drammaturgo, saggista, critico letterario, traduttore, accademico (è stato professore universitario di Letteratura italiana), ha collaborato con giornali e riviste, senza trascurare l’impegno politico (militante del Pci, è stato eletto deputato nell’VIII legislatura dal 1979 al 1983). E tutte queste cose che Sanguineti è stato in lui sono inscindibili. Prendiamo l’affiliazione politica: Sanguineti è stato comunista persino in poesia, d’altronde il rifiuto per le teorie capitaliste e l’adesione al marxismo erano alla base della Neoavanguardia, quel movimento letterario nato intorno agli anni Sessanta di cui fu tra i più noti esponenti e da cui derivò la sua adesione al Gruppo 63, consesso di poeti e scrittori accomunati dal desiderio di rompere con gli schemi tradizionali e sperimentare nuove forme di espressione. “Sono un chierico rosso, e me ne vanto”, scrisse di sé, un “chierico organico”, si potrebbe dire parafrasando il titolo di un suo saggio. È stato un intellettuale consapevole del suo ruolo all’interno della società, quando ancora la società sentiva il bisogno di una coscienza critica e poteva contare su figure di un certo spessore in cui trovarla. E lo spessore di Sanguineti era fatto di conoscenza e sapere (le sue opere vengono definite complesse e atipiche nel panorama italiano, tanto da richiedere un’esegesi sul modello della Divina Commedia), e di una costante vocazione alla contestazione e al sabotaggio. Convinto com’era di due cose: di essere un uomo ideologico, eppure di non aver mai creduto in niente (“Non ho creduto in niente”, scrisse in una poesia del 1976, come proposta di autoepitaffio). Il primo nodo sembra sciogliersi così: da una parte la “missione” del critico dall’altra la sua “di-missione”, come ebbe a definirle Sanguineti, ovvero l’autorevolezza che si alimenta della perpetua messa in discussione di se stessa, e al centro il chierico che non si limitava a registrare il reale ma voleva capirlo.

C’è un altro garbuglio da affrontare. Come mai un contestatore decide di scrivere poesie? Non esiste ideologia, visione del mondo, che non passi attraverso le parole. Ripensare le forme della comunicazione e della rappresentazione della realtà, per Sanguineti poteva servire a modificare gli immaginari socio-simbolici che definiscono l’agire umano. Si tratta, come recita il titolo di un suo saggio, di “praticare l’impossibile”: innovare il linguaggio nella speranza che questo incida sulla mente, avviando “una vera e progressiva rivoluzione dei comportamenti sociali”. Per farlo, Sanguineti partì da una minima comunità di lettori, come amava raccontare: erano una ragazza che aveva amato, e che aveva perso di vista; un aspirante filologo classico che stava per laurearsi su Aulo Gellio, e che precocemente morì alcolizzato; e due altri studenti, uno di farmacia e uno di medicina, che diventarono in effetti un farmacista e un medico. Poi il suo uditorio si allargò, può accadere a certi poeti, fino a diventare un pubblico vero: è l’occasione per il contestatore di fare della propria miscredenza una rivoluzione. Sanguineti la raccontava così: “In Tempi moderni di Chaplin, accade che Charlot raccolga per caso, per strada, uno straccio rosso di segnalazione, caduto in terra da un autocarro che stava passando per la via. Con candido zelo, egli insegue l’autocarro, agitando quello straccio, per riportarlo a chi lo ha smarrito. Ma da una traversa laterale, senza che egli se ne accorga, spunta un corteo di manifestanti, e Charlot si trova alla testa di una massa di sovversivi, e il suo straccio funziona come una bandiera. Charlot sarà infine catastroficamente implicato nella repressione della polizia. Ai miei occhi, questa sequenza può essere interpretata come una allegoria del felice destino di un poeta. Egli agita uno straccio di parole, ignaro e cortese, non importa, ma si trova poi alle spalle, a seguirlo, e a trasformare in azione il senso delle sue povere operazioni verbali, e a caricarlo di un valore collettivo, una turba di sconosciuti, che vogliono, come si dice da tanto, e come si sogna forse sempre, modificare il mondo, e cambiare la vita”. Si scioglie anche il secondo nodo: da un lato “la poetica del piccolo fatto vero” che attinge dalla quotidianità, dall’altro l’impulso alla rivolta del poeta che attraverso la parola raggiunge una cerchia di lettori che lo condividono e che fino ad allora non erano stati capaci di trovare da soli il modo per esprimerlo, e si fa progetto praticabile. Al centro, il poeta sabotatore.

Eccolo, il bandolo della matassa, per averne certezza basta leggere una poesia a cui Sanguineti era particolarmente affezionato:

nella mia vita ho già visto le giacche, i coleotteri, un inferno stravolto da un / [Doré, il colera, i colori, / il mare, i marmi: e una piazza di Oslo, e il Grand Hôtel des Palmes, le buste, i busti: / ho già visto il settemmezzo, gli anagrammi, gli etto- grammi, i / panettoni, i corsari, i casini, i monumenti a Mazzini, i pulcini, i / [bambini, Ridolini: ho già / visto i fucilati del 3 maggio (ma riprodotti appena in bianco e nero), i torturati di giugno, i / massacrati di settembre, gli impiccati di marzo, di dicembre: e il sesso di mia madre e di mio / padre: e il vuoto, e il vero, e il / [verme inerme, e le / terme: ho già visto il neutrino, il neutrone, con il fotone, con / [l’elettrone (in / rappresentazione grafica, schematica): con il pentamerone, con / [l’esamerone: e il sole, e il sale, e il / cancro, e Patty Pravo: e Venere, e la cenere: con il mascarpone (o mascherpone), con il / mascherone, con il mezzocannone: e il mascarpio (lat.), / [a *manus carpere: ma / adesso che ti ho visto, vita mia, spegnimi gli occhi con due dita, e / [basta:


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