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Ha chiesto una birra, poi ha litigato con Giuseppe Tupputi e lo ha ucciso con tre colpi di pistola. Contorni sempre più chiari sull’omicidio, lunedì sera, del titolare del bar Morrison Revolution in via Rionero a Barletta. Le fasi cruciali sono state ricostruite dagli agenti della Squadra Mobile di Barletta e del Commissariato di Polizia grazie alle telecamere di sicurezza interne al locale. Ulteriori elementi potrebbero emergere oggi nel corso dell’interrogatorio di garanzia di Pasquale Rutigliano il sorvegliato speciale di 32 anni accusato di omicidio volontario, porto abusivo di arma da fuoco e violazione della sorveglianza speciale.

L’uomo, subito dopo aver ucciso Tupputi, aveva fatto perdere le proprie tracce ma dopo aver compreso di avere le ore contate, si era presentato al Commissariato confessando solo l’evasione dalla condizione di sorvegliato speciale. Domani, intanto, verrà affidato l’incarico per l’autopsia sul corpo del titolare del bar Morriso, disposta dalla Procura di Trani. Ieri, intanto, il legale della famiglia dell’uomo, Francesco Piccolo, ha affidato a una lettera aperta a nome della moglie di Tupputi, Giuseppina Musti, alcune riflessioni, a poche ore dalla tragica morte di Giuseppe.

«Soprassedendo ad ogni valutazione ed opinione personale in merito ai risvolti mediatici relativi alla drammatica vicenda che investe, suo malgrado, la mia assistita – ha scritto l’avvocato – mi preme evidenziare che a dispetto della ‘disponibilità’ e ‘vicinanza’ manifestata a parole dalla comunità e dalle Istituzioni, a tutt’oggi al di là del supporto di parenti, amici e comunità scolastica, non risulta pervenuto alcun gesto concreto di sostegno e solidarietà. Pertanto -prosegue la lettera – stante la drammaticità dei molteplici aspetti e la gravità delle conseguenze derivanti dal tragico evento – che ha sconvolto la vita di una moglie e di due bambine piccolissime – rivolgo espresso invito alle Istituzioni a dar seguito alle dichiarazioni rilasciate e a fornire ogni più utile e concreto supporto alla famiglia, dando un segnale concreto della loro presenza.

Siamo fermamente convinti che, in questo momento, vada arginato e superato ‘quel senso di scollatura fra cittadino ed Istituzioni’ attraverso gesti semplici, pratici e concreti, che si rivelino in grado di dimostrare alle vittime e alla città la presenza dello Stato ed il suo supporto. Del resto la solidarietà espressa a parole, non solo non è risolutiva di alcun problema di ordine pratico, ma di converso può comportare conseguenze deleterie per la stessa immagine delle Istituzioni, con il rischio serio di indispettire la comunità che, peraltro, denota già un’evidente fragilità. Confidando nella sensibilità delle Donne e degli Uomini che rappresentano lo Stato, considerati gli evidenti e prevedibili disagi che la famiglia è chiamata ad affrontare, invitiamo le Istituzioni ad assolvere al loro ruolo di funzione Pubblica e solidarietà sociale».

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