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La pellicola del regista Carmine Cristallo Scalzi nella prestigiosa kermesse francese: «Ci confrontiamo con un sistema competitivo internazionale»

CANNES 2016, la sorpresa calabrese si chiama Carmine Cristallo Scalzi, regista, fotografo e musicista. Il suo film “A volte nel buio sometimes in the dark” girato a Cicala, Presila catanzarese, è presente al marche du film del festival di Cannes con proiezioni e incontri dedicati.

Scalzi iniziamo dal marche du film…

«Il marche du film è il backstage del festival di Cannes e, se vogliamo, la parte più importante, è il mondo degli addetti ai lavori, registi, scrittori, distributori e produttori. Una settimana qui equivale a cinque anni di giro intorno al mondo. Ogni paese è rappresentato da varie distribuzioni e produzioni, ogni stand presenta i propri film e i propri progetti e si intersecano le idee, i progetti e le persone per portarli avanti».

Com’è andata la proiezione del film?

«La proiezione di giovedì 12 all’Olympia Theatre – un’altra è prevista stasera – è andata molto bene con molti contatti intrapresi soprattutto nel mercato cinematografico orientale. I contatti principali hanno evidenziato la grande opportunità delle nuove tecnologie a discapito della distribuzione cinematografica classica. Dunque, crediamo al momento che la prima fase dell’uscita del nostro film in Italia avverrà con molte probabilità, entro breve, grazie alle vendite e proiezioni mediante distribuzione d’essai in cinema selezionati. Come nella conferenza che si è tenuta qui a Cannes dai CEO delle maggiori catene di veicolazione digitale di contenuti multimediali, l’opportunità delle nuove tecnologie è un’alternativa altamente credibile. La scelta di bypassare la distribuzione fisica, almeno per il momento, è data dal fatto che la prima veicola necessariamente qualcosa che è già “visto”, un genere condivisibile, consolatorio – anche se drammatico, ma con un linguaggio ed un codice cinematografico consolidato. Nessun rischio insomma».

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Che lungometraggio è “A volte nel buio”?

«Noi abbiamo scelto di costruire un genere terrore/film d’autore convinti della volontà di non farci travolgere dalle scopiazzature di film stranieri e convinti di poter assimilare dal meglio del cinema europeo e soprattutto italiano una nostra visione identitaria ben precisa. Scegliere come attori gente del luogo, raccontare con le immagini le rughe dei loro volti e la terra dei campi coltivati tra le loro dita assume un valore sociale che, per noi, è di gran lunga più alto che non quello dato ad uno dei soliti film sulla mafia o le tante produzioni che vengono alla luce in maniera assolutamente superficiale. Del resto – e l’abbiamo potuto verificare sul campo qui a Cannes – il nostro è un lungometraggio che si confronta con un sistema competitivo internazionale, e la “località” caratteristica di questo film è solo un parametro che aggiunge qualcosa in più allo stesso film».

Un esempio positivo in ambito cinematografico che a suo giudizio viene dalla Calabria?

«Mi viene in mente, ad esempio, come in Calabria ci siano persone che da zero riescono a mettere in piedi delle organizzazioni assolutamente credibili, come Gianvito Casadonte, che contro tutto e tutti è riuscito ad inventare un festival, il Magna Graecia film festival, conosciuto anche qui a Cannes, nella patria dei film mondiali. Ma sono tante le persone meritevoli di un rispetto che sorvoli le differenze e ci consolidi come un popolo reale, senza confini e senza limiti».

Progetti in cantiere?

«Insieme all’uscita del film entro fine giugno uscirà anche anche su I-Tunes il primo singolo musicale, 55. Una canzone che parla in modo forse inconsueto dei 55 giorni di prigionia di Moro, una delle ferite italiane che più mi preme raccontare, insieme al videoclip. Altro progetto molto importante per me è il “Diario umanoide”, una serie di episodi inizialmente per internet, un incrocio di documentario con la mia voice off in cui tratto argomenti che mi stanno a cuore. Quanto al nuovo progetto cinematografico. Spero solo che si possa rimanere in Italia per fare il nostro lavoro, nonostante tutto, perché quando vai all’estero ti rendi conto del cuore pulsante che si nasconde sotto la nostra terra, dalle Alpi a Lampedusa: poggi l’orecchio per sentirne i battiti e nel farlo ti accorgi che il cuore che stai ascoltando è il tuo».

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