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Pasquale Megna

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Le prime dichiarazioni del pentito Pasquale Megna su una delle famiglie più potenti della ndrangheta: i Mancuso definiti come “un cancro”

VIBO VALENTIA – Sono ben 11 i verbali di interrogatorio rilasciati dal nel collaboratore di giustizia Pasquale Megna alla Direzione distrettuale Antimafia per i quali quest’ultima, nelle scorse udienze del processo Rinascita-Scott, aveva dato avviso di deposito alle difese degli imputati.

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Il 38enne di Nicotera, commerciante ittico e nipote del presunto boss, Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, si sofferma su alcune delle figure coinvolte nel procedimento penale e parla anche del delitto per il quale risulta in carcere, quello di Giuseppe Muzzupappa, avvenuto il 26 novembre del 2022 nei pressi di un ristorante alla Marina.

MEGNA, NIPOTE DI MANCUSO, E IL PENTIMENTO: «MI HANNO COSTRETTO»

Preliminarmente, il pentito spiega i motivi della scelta di collaborare risalente al 16 febbraio scorso (2023) perché “ho due figli e una famiglia” ed è “da una vita che esiste questa situazione e non ho potuto fare a meno di fare quello che ho fatto. Mi hanno portato a fare quello che fatto perché mi hanno anche incendiato casa”, aggiungendo di essere in grado di riferire di omicidi, di tentati omicidi, omicidi e di tante altre cose, la maggior parte delle quali afferenti fatti di ‘ndrangheta” e facendo spesso riferimento a diversi foglietti manoscritti in cui ha annotato degli appunti.

LA RIVELAZIONE DI PASQUALE MEGNA: «I MANCUSO SONO UN CANCRO»

Dopo essere stato per una vita all’interno della famiglia Mancuso, conoscendo parte dei segreti, adesso per il neo collaboratore di giustizia, Pasquale Megna. l’obiettivo è quello di combatterli con le sue dichiarazioni. Di combattere in generale tutte le mafie per far capire ai giovani che si può scegliere la vita da vivere.

E infatti in uno degli appunti che ha scritto, Pasquale Megna parla della famiglia Mancuso «come un cancro, persone che pensano solo al potere e ai soldi, manipolatrici. Hanno rovinato tante povere persone e ne rovineranno altre ancora, convinte che essere con loro si è uomini d’onore, ma loro l’onore non sanno neanche dove sta di casa. Io ho deciso di collaborare per i miei figli e la mia famiglia, non so se riuscirò a finire questo percorso con o senza loro accanto ma dedicherò il resto della mia vita a combattere contro le mafie e far capire ai giovani che la vita è una e la parte giusta sono il lavoro, la dignità e la legalità».

“Tita Buccafusca aveva paura”

Tita Buccafusca era la moglie di Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”. Morì nel 2011 dopo aver ingerito acido ma la tragica vicenda per la Dda presenta molti lati oscuri. Megna frequentava la casa della coppia tanto da sbilanciarsi a rilasciare, in ordine alla sua morte, tale dichiarazione spontanea: “Sulla questione di mia zia Tita, prima che morisse, quando era impaurita è perché, qualche sera prima era andato Agostino Papaianni a casa sua e l’ha sentito parlare con mio zio Luni Scarpuni di qualcosa che riguarda l’omicidio Barbieri” (Vincenzo Barbieri, il broker della droga morto nel marzo 2011 a San Gregorio).

“Non so dire molto di cosa sia accaduto in quei giorni – aggiunge –  perché all’epoca non vivevo con i miei, ma ricordo uno sfogo di mia zia Antonella, prima della morte di mia zia Tita, che ci raccontò che qualche giorno prima dell’omicidio di Barbieri c’era un via vai di persone da casa di “Scarpuni” come Totò Prenesti e lo stesso Papaianni. Mia zia mi parlò di queste due persone, con riferimento a quei giorni, ma per quanto a mia conoscenza anche Mimmo Polito e Nazzareno Colace, facevano parte del gruppo di fuoco di mio zio Luni”.

TITA BUCCAFUSCA TERRORIZZATA «SI NASCOSTE SOTTO IL TAVOLO»

Megna riferisce di aver appreso sempre dalla congiunta che “Mancuso e Papaianni si erano detti qualcosa che aveva profondamente turbata Tita, al punto che per la paura, si era nascosta sotto il tavolo sentendo il telegiornale che dava la notizia della morte di Barbieri. Aggiunse che il giorno o due giorni prima, Papaianni aveva parcheggiato la Jeep davanti alla pizzeria “‘Bianco e Nero”, lontano dall’abitazione di “Scarpuni” e si era recato da lui. Nel vedere quella reazione impaurita di mia zia Tita, sua sorella Antonella, nel corso dello sfogo si chiedeva cosa mai si fossero detti dì così grave, da mandare zia a nascondersi sotto il tavolo, nel sentire la notizia dell’omicidio”.

Forse proprio per questo Tita Buccafusca decise di chiudere con quella realtà e collaborare con la giustizia, ma non fece a tempo. Dopo aver fatto redigere un verbale e mezzo di dichiarazioni senza firmare la seconda pagina, fu convinta dalla propria famiglia a tornare a casa. Pochi giorni dopo ingerì l’acido che la portò alla morte dopo atroci sofferenze. Adesso, proprio la presenza di Megna potrebbe far riaccendere i riflettori su questa storia. 

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