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Rispondere alla domanda di figure professionali che coniughino un retroterra umanistico con una profonda competenza nell’intelligenza artificiale. È questo l’obiettivo del master di II livello in “Intelligenza artificiale per le scienze umane” promosso dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, che si conferma in prima linea sul fronte dell’innovazione.

Tra i primi in Italia, il master mira a formare una figura professionale ibrida in grado, da un alto, di ideare, progettare e realizzare nuove tecnologie a supporto dei bisogni psicologici individuali e collettivi e, dall’altro, di conoscere e utilizzare i principali sistemi di intelligenza artificiale come strumenti per lo sviluppo di tecnologie innovative.

«Il programma del master – spiega Orazio Miglino, coordinatore del Master e professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” – ha l’ambizione di formare gli allievi coniugando l’insegnamento delle teorie scientifiche sulla mente e il cervello con la concreta ideazione e sviluppo di tecnologie applicabili al miglioramento della vita quotidiana delle persone. In particolare, a guidare il programma didattico sarà una visione biologica dell’intelligenza che considera la cognizione come una struttura emergente dell’interazione tra gli organismi dotati di un corpo, di un codice genetico e di un sistema neurale, con il proprio ambiente di vita». Il master può contare sulla partnership di istituti di ricerca e aziende (tra cui Adecco e Italdata), dove gli allievi potranno svolgere un periodo di stage.

Quello dell’intelligenza artificiale è uno dei campi più avveniristici della ricerca tecnologica. Un settore che potrebbe trovare ulteriore impulso dopo la pandemia di Covid, in un mondo completamente rinnovato. Già ora l’Ai sta svolgendo un ruolo importante. Basti pensare al progetto Deepcough 3D dell’università dell’Essex, algoritmo capace di comprendere dal suono della tosse la positività al coronavirus, con un livello di affidabilità del 98%. Tanto che i ricercatori hanno proposto di utilizzare l’algoritmo come possibile alternativa al tampone.


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