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di ANTONINO DE MASI
Illustrissimo Direttore, chiedo ospitalità al suo giornale per parlare di politica industriale, anzi di mala politica industriale. Leggo che in questi giorni si è arrivati al commissariamento dell’ASI di Reggio Calabria, consorzio per lo sviluppo industriale, che si dovrebbe occupare appunto delle politiche di sviluppo e della gestione delle aree industriali. La realtà è sotto gli occhi di tutti, basta fare una passeggiata nelle aree industriali della ns. provincia di competenza dell’ASI per rimanere basiti di fronte al disastro dovuto all’incuria ed incapacità nella gestione delle stesse. Accenno brevemente alla situazione dell’area più importante della nostra provincia , la famigerata area industriale di Gioia Tauro, situata nella zona antistante al porto. Un breve sopralluogo è sufficiente per rendersi conto che un paese del terzo mondo può vantare delle infrastrutture che al cospetto sembrano futuristiche. Strade di accesso che sembrano gruviera (con il rischio di finire dentro una buca e distruggere l’auto), segnaletica inesistente con incroci senza indicazioni e con il rischio i smarrirsi girando a vuoto, verde pubblico divenuto ormai un ammasso di sterpaglie, illuminazione assente. La mia non è affatto una polemica, ma vuole essere una constatazione di quello che è lo stato delle cose e di ciò che è, e quello che non è stato fatto. Questa è una minima parte della realtà, vogliamo poi parlare dello stato delle infrastrutture tecnologiche, essenziali nel mercato globalizzato odierno, e di come operano e vivono le aziende nell’area di Gioia Tauro? Bene facciamolo brevemente: a) Telecomunicazioni: almeno un mese all’anno la zona è isolata dalle linee telefoniche e la compagnia telefonica non arrossisce nell’affermare esplicitamente che non investe nell’area perché non gli conviene; i telefoni sono quindi allacciati ad un unico cavo, sovraccaricato, che spesso salta e lascia isolati gli utenti. b) Banda larga internet, mail etc.: non parliamo di questo, io che sono un privilegiato, perché ogni tanto alzo la voce, ho l’ADSL al minimo della velocità, gli altri servizi per me sono solo un sogno. Altre aziende hanno ancora la rete analogica. c) Corrente elettrica: in questa famigerata area industriale vi sono delle frequenti microinterruzioni che fanno saltare le linee elettriche; macchine a controllo numerico, computer, e sistemi elettronici vanno in tilt quotidianamente, con evidenti danni e guasti. Stiamo parlando dell’area industriale che dovrebbe attrarre investimenti, dovrebbe attrarre industrie ed operatori per creare sviluppo, invece fa vedere tutt’altra faccia. Gioia Tauro e la Calabria pagano il biglietto di una fama, spesso meritata, di luogo privo di democrazia e tutele; a tale “biglietto” aggiungiamoci pure quello terribile di una politica industriale fatta da incapaci ed otteniamo un mix esplosivo. Caro direttore il futuro, se mai ci sarà in questa Regione, passa dal lavoro e dal recupero della libertà e dell’indipendenza dai potenti di turno. La dignità del lavoro genera la speranza di un domani migliore, genera il riscatto che un’indipendenza economica porta. Il lavoro oltre che dal pubblico è generato dalle imprese; la gravità ed il terribile danno fatto da chi ha distrutto con disastrose politiche industriali questo territorio è ancor più grave. Frequentare tali uffici pubblici e tali “padroni della ferriera” ci fa riportare l’orologio indietro ai tempi delle baronie, dei nobili e dei sudditi; mai nessuno ha avuto rispetto per quella classe imprenditoriale bella o brutta che in qualche modo, se correttamente guidata, poteva creare occupazione e prosperità; tutti hanno pensato solamente a coltivarsi il proprio potere. Questa è la gravita e la vergogna di quello che è stato fatto. Veda Direttore, mi permetta ancora di abusare della sua ospitalità, nel mio caso io fui attratto dal futuribile sogno dell’area industriale, ricordo quanti documenti e schede di presentazione, sicuramente senza badare a spese, sono state fatte dall’ ASI per decantare l’area. Sono stato illuso e convinto a trasferire le mia attività da un paesino all’interno a Gioia Tauro. Purtroppo questo è stato uno degli errori più gravi che io abbia potuto fare, e credo come me tanti altri imprenditori siano caduti nello stesso errore. Abbiamo investito illusi, forse ingannati che i nostri investimenti si sarebbero rivalutati, che il nostro sacrificio sarebbe stato ripagato. E’ successo invece il contrario, l’incapacità di tale politica industriale ha fatto sì che l’area divenisse un luogo di capannoni fantasma, in cui pochissime realtà industriali ancora sopravvivono e cercano di arrivare ad un domani. Politiche industriali non solo incapaci, ma fatte con arroganza e sottovalutazione o perfino disprezzo degli altri. Il rispettabile consorzio ASI, pensa di pagare i suoi costi da carrozzone pubblico, rifacendosi sulle spalle delle aziende insediate nell’area, e forte di un contratto capestro ed unilaterale in cui si impongono le condizioni a chi vuole un terreno per costruire un azienda, si arriva a chiedere il pagamento di servizi mai fatti o fatti male. Per dirla tutta l’Asi pretende che le aziende paghino dei costi impressionanti per la manutenzione del verde pubblico che non esiste, per infrastrutture che non esistono e per la manutenzione delle strade e dell’illuminazione che non viene effettuata. Ci sono aziende come la mia che deve pagare sino a 10/15 mila euro l’anno per tali voci. Qui il problema non è solo l’esosità del servizio, ma l’inesistenza dello stesso, per cui pagare per qualche cosa che non esiste non credo sia giusto e legale. Veda direttore questa mia lettera sicuramente allungherà la lista dei miei “simpatizzanti” quindi avrò potenti e potentati che faranno ferro e fuoco per aggredirmi, ma io ho la sola colpa di dire la verità: prego signori “venghino a vedere” e a non avere paura di nessuno. Ho ritenuto di portare in tribunale il Consorzio Asi per chiedere i danni di una cattiva politica industriale che ha portato ai risultati di oggi; credo che imporre alle aziende il pagamento, esosissimo, per un servizio mai dato è un reato, e credo che la distruzione di un’area industriale ha portato e porta anche alla perdita del capitale investito dalle imprese. Il Commissario che in questo momento ha la responsabilità di gestire questo carrozzone pubblico ha il dovere di partire da qui; ha il dovere di parlare a pari dignità con il sistema delle imprese locali, che bene o male rendono ancora viva l’area industriale. Comportamenti arroganti e portatori di ignoranza portano solo all’abbandono di tali, poche, iniziative ed alla chiusura delle aziende. Credo che avere il garbo e la cortesia di “abbassarsi” a dialogare con le imprese sia necessario per la ricerca di una soluzione, visto anche i risultati ottenuti sino ad oggi. Sbagliare è umano ma perseverare è diabolico, ognuno di noi ha delle responsabilità e deve rispondere di quello che fa; organizzare un tavolo comune tra imprese e consorzio al cui primo punto si possa discutere dei disastri causati alle aziende e di una opportunità di rinascita può portare utilità a tutti, altrimenti i tavoli giudiziari da una parte ed il popolo dall’altra saranno i nostri giudici.

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