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COSENZA – L’hinterland cosentino era «l’eldorado della prostituzione». Il giudice per le indagini preliminari lo scrive nell’ordinanza che ha portato all’arresto tra Cosenza, Rende e Montalto Uffugo di sette persone – tre delle quali ai domiciliari – e a obblighi restrittivi per altre quattro. Sono tutti accusati di aver messo in piedi quello che gli inqurenti definiscono «un modello organizzativo all’avanguardia e ben noto a livello nazionale» nell’assistenza alle prostitute. Addirittura, secondo il giudice, «meretrici di ogni categoria giungevano da altre città, avendo trovato in questa organizzazione un punto di riferimento». E ancora: «le case chiuse erano ben note nel circuito ed assicuravano alle prostitute un avviamento già consolidato».

IN CITTA’ E ATTORNO AL CAMPUS – Strategiche le posizioni scelte per ospitare le case di appuntamenti. Alcune di esse erano in pieno centro a Cosenza, come quella che si trovava in via Lazio, tra un noto hotel di via Panebianco e la zona del tribunale. Moltissime, però, lambivano il campus universitario di Arcavacata: ce n’erano in contrada Vermicelli e soprattutto in contrada Rocchi e poi nel borgo di Arcavacata. Altre, invece, si trovavano nella parte nuova di Rende, in via Volta o in via Verdi: quest’ultima, in particolare, nei pressi di un noto locale della movida studentesca.

TUTTO COMPRESO – Alle prostitute – tutte extracomunitarie – che si rivolgevano all’organizzazione guidata secondo l’accusa da Mario Franco e Massimiliano Ercole (quest’ultimo è un ex maresciallo dei carabinieri), non venivano messi a disposizione solo gli appartamenti. Secondo la ricostruzione emersa dalle indagini condotte da polizia e carabinieri era disponibile infatti una serie di «servizi accessori e strumentali»: le donne venivano contattate, qualcuno le andava a prendere alla stazione o in aeroporto per poi accompagnarle a casa, poi le accompagnavano persino a fare la spesa o a procurarsi abbigliamento. Ovviamente veniva fornito l’occorrente per svolgere l’attività specifica, dalle lenzuola ai preservativi, venivano effettuate le ricariche telefoniche e si offriva anche consulenza per aggirare eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine. 

Dalle dichiarazioni a verbale emerge una formula che viene definita «assolutamente originale»: «Franco Mario era solito dividere le donne che facevano le prostitute in due categorie: quelle di classe e quelle per disperazione. Le prostitute di classe venivano messe nell’appartamento in via Lazio perché là si pagava 525 euro a settimana per ogni ragazza. … Le prostitute per disperazione pagavano invece 70-50 euro al giorno ogni donna».

Ciascuna donna aveva poi la possibilità di chiedere di cambiare domicilio se quello assegnato non risultava di suo gradimento. Ma alla fine le forze dell’ordine sono riuscite a intercettare l’organizzazione. E stamattina sono scattate le manette.

 

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