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Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili.

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A fronte di tutti questi annunci di Giovannini e dei megafoni mediatici che li ripetono supinamente non c’è un solo cantiere aperto, il rischio del cortocircuito delle aspettative è elevatissimo e il conto più salato rischia di pagarlo l’intero governo di unità nazionale guidato da Draghi. Per fare diventare cassa quei 25 miliardi del Pnrr bisogna vedere l’avanzamento dei lavori. Non è stato sveltito nulla perché nei ministeri e nelle Regioni ci sono quelli che c’erano prima e sono anche quelli che hanno passato tutta la vita a fare così. Serve un appello diretto alle burocrazie come è stato fatto per i partiti

FA PAURA l’elenco giornaliero di annunci a cui non corrisponde un fatto. Fa paura che a fare questi annunci a getto continuo sia proprio il ministro che più di tutti non dovrebbe fare annunci, ma aprire i cantieri e fare le cose. Stiamo parlando di Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili.

Annuncia che il Ponte sullo Stretto si farà. Annuncia che sono sbloccate opere per venti miliardi perché sono stati nominati i commissari. Annuncia che sono stati dati quattro miliardi per i collegamenti tra i porti del Nord e del Sud e il territorio per la prima volta nella storia del Paese.  Annuncia che sono stati assegnati i fondi per le aree metropolitane. Annuncia che finalmente partono i lavori della alta velocità Palermo-Catania-Messina, ignorando che l’opera è dal 2013 nelle mani di un commissario e che le risorse sono già assegnate nel bilancio ordinario dello Stato e della comunità europea dalla stessa data. Non sa che l’unico lotto che è partito è quello di Catania, ma era già stato assegnato un anno fa, insomma era già partito, i nuovi lotti sono tutti fermi.

Siccome a fronte di tutti questi annunci del ministro Giovannini e dei megafoni mediatici che li ripetono supinamente  non c’è un solo cantiere aperto, il rischio del cortocircuito delle aspettative è elevatissimo e il conto più salato rischia di pagarlo l’intero governo di unità nazionale guidato da Draghi.

Sono arrivati venticinque miliardi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che sono il frutto del lavoro di qualità su riforme di sistema e sul riposizionamento strategico operato in tempi record da Draghi, Franco, Brunetta e le strutture tecniche del ministero dell’Economia, ma per fare  diventare cassa quei venticinque miliardi bisogna avere disponibili gli stati di avanzamento dei lavori. Altrimenti sono solo reliquie d’oro da ammirare, ma da non potere usare. Con la politica degli annunci di Giovannini c’è oggettivamente da avere paura perché le sue parole rivelano, purtroppo, l’assenza di controllo della situazione reale.

Per soprammercato lo stesso ex ministero dei Trasporti guidato dallo stesso ministro Giovannini ha fatto il decreto che dispone il green pass obbligatorio, ma si è dimenticato di disporre nello stesso decreto che la soglia di presenza passa dal 50 all’80% per bus, alta velocità ferroviaria e per tutti i mezzi di trasporto di lunga percorrenza. Non apro, infine, per carità di patria, il capitolo delle nomine che è l’espressione più alta di quanto danno ha arrecato il gioco di potere parlamentare e quanto di più  grande può ancora arrecare.

Da un lato, impedendo di nominare persone competenti alla guida di aziende strategiche per fare la crescita, dall’altro continuando nel vecchio tran tran di gratuiti compromessi di schieramento politico che hanno il solo obiettivo di aumentare la propaganda e rispondere a ingressi clientelari, ma che presentano anche il “piccolo” inconveniente di impedire che le cose si facciano. Quello che ribolle nel pentolone parlamentare dei Cinque stelle, su questo punto, fa oggettivamente paura.

Diciamoci le cose come stanno. Se non si mettono a terra le cose, resta tutto sulla carta. I ministeri e le Regioni non funzionano perché ci sono le riforme, ma loro resistono, resistono soprattutto i tanti mandarini che li popolano. Non è stato sveltito nulla perché nei ministeri e nelle Regioni ci sono quelli che c’erano prima e sono anche quelli che hanno passato tutta la vita a fare così. Tra settembre e dicembre questo cambio di passo si deve sentire alla voce fatti, le teste devono cambiare senso di marcia e le braccia devono seguire con prontezza sul piano  esecutivo.

Forse, serve un appello diretto alla burocrazia come è stato fatto per i partiti. Forse, serve ora,  non domani, un coinvolgimento diretto di chi  può davvero reinventare il Paese. Insomma, bisogna che tutte le grandi burocrazie, centrali e regionali, così come i gruppi parlamentari, si rendano conto che il Paese per cambiare davvero ha bisogno di loro. Avvertano almeno la responsabilità di non togliere per pigrizia o piccolo interesse il futuro ai nostri figli. Draghi su questo faccia sentire la sua voce e il peso della storia di un uomo che le cose le fa, non le annuncia.


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