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La stretta di mano tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen

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Siamo davanti a una posizione classica dell’europeismo per rafforzare l’Italia e cancellare in Europa la nuvola grigia dell’anomalia della destra italiana. Si riconosce nel perimetro della responsabilità e delle regole tracciato dal governo di unità nazionale che ha preceduto il suo governo politico. Assume un approccio pragmatico per collaborare con le istituzioni europee e individuare soluzioni concrete su Ucraina, gas, Pnrr, immigrazione. Rivendica – esattamente come Draghi e Macron – il diritto di dire ogni volta che lo ritiene che questa o quella regola va cambiata. Attenzione, però, sarà decisivo rimanere coerenti con la scelta fatta. Sapendo che sconti non ne saranno fatti e avendo consapevolezza che la sussidiarietà e la tutela delle diversità vengono uno scalino dopo tutti quelli da salire per costruire la scala della Nuova Europa della solidarietà. L’Italia ne avrà beneficio a patto che dimostri di sapere rispettare le regole e bandire le crociate.

Giorgia Meloni ha usato l’arma europea per affermarsi in Italia. Ha rovesciato il fronte per avanzare in casa e tranquillizzare l’Europa. Anzi, c’è qualcosa di più. Siamo davanti a una posizione classica dell’europeismo che a tratti diventa tra i più spinti per rafforzare l’Italia e il suo interesse nazionale e cancellare in Europa la nuvola grigia dell’anomalia della destra italiana.

Giorgia Meloni si riconosce nel perimetro della responsabilità e delle regole tracciato dal governo di unità nazionale che ha preceduto il suo governo politico, dichiara esplicitamente di muoversi in quella traiettoria. Assume pubblicamente un approccio pragmatico per collaborare con le istituzioni europee, individuare soluzioni concrete, e rivendicare – esattamente come hanno fatto Draghi e Macron – il sacrosanto diritto di dire ogni volta che lo ritiene che questa o quella regola va cambiata. Siamo davanti a una posizione strategica che ribalta molte delle interpretazioni fatte in casa e fuori sulla collocazione in Europa dello schieramento politico che rappresenta prima del voto del 25 settembre.

Un passo di responsabilità che viene manifestato anche sui singoli contenuti. Sull’Ucraina non si discutono ruolo e collocazione dell’Italia in Europa. Sul tema vitale del caro bolletta la linea Draghi e i risultati politici ottenuti in sede di consiglio europeo sono esplicitamente rivendicati. Perché si traducano in decisioni concrete in termini di tetto dinamico, meccanismi finanziari comuni, e riforme sui sistemi di formazione dei prezzi. Perché così si combatte con efficacia la speculazione.

Sul Piano nazionale di ripresa e di Resilienza (Pnrr) ha parlato esplicitamente di “lavorare insieme” per spendere al meglio le risorse europee a fronte di un aumento dei costi delle materie prime e dell’inflazione che sono uno dei frutti di quel domino di conseguenze generato dalla guerra e che impone specifiche rivisitazioni se si vogliono mettere a terra gli investimenti. Anche sul fronte più delicato che è la difesa dei confini registra disponibilità all’ascolto.

Questa è la sensazione che trasmettono le parole di Giorgia Meloni da Bruxelles dopo avere incontrato tutti i vertici delle istituzioni europee – le due presidenti di Commissione e Parlamento Ursula von der Leyen e Roberta Metsola e il Presidente del Consiglio, Charles Michel – un pranzo con il commissario all’economia in ambasciata, Paolo Gentiloni, e prima della cena che chiude la prima visita ufficiale all’estero della neo premier italiana.

Questa era, di sicuro, per la Meloni la prova più impegnativa e, lasciando indenne ogni valutazione su quello che accadrà dopo a partire da domani, va detto con onestà che ha superata a pieni voti perché ha tutelato la serietà di un Paese che non cambia europeismo e atlantismo a ogni tornata elettorale dimostrando consapevolezza che l’interesse nazionale italiano coincide con l’interesse europeo e che, proprio per questo, esige di essere rispettato e tutelato nel solco della continuità.

C’è stato anche un tratto umano che non guasta quando ha detto di essere contenta del clima che ha trovato e ha espresso con qualche timidezza la sua convinzione che questi primi colloqui possono avere aiutato a capire che non siamo dei marziani ma persone in carne ossa che hanno voglia di dialogare e di collaborare. Si intuisce che il sistema Paese ha funzionato con un tratto di azione comune da parte di chi ha lasciato la guida dell’Italia e di chi ne ha raccolto l’eredità mettendo anche a frutto la rete di relazioni del neo ministro Fitto che ha fatto da battistrada come si era capito subito dalle deleghe ricevute. Non bisogna neppure dimenticarsi che il vice premier e ministro degli Esteri Tajani in quelle istituzioni come Presidente del Parlamento e come commissario europeo ha costruito relazioni solide che sono state sicuramente messe a frutto.

Cantare vittoria oggi sarebbe temerario, lo abbiamo già detto e lo ripetiamo, perché le cose importanti si vedono alla prova dei fatti, ma di sicuro sull’economia e sull’Europa che sono il banco di prova decisivo macchina e autista non hanno sbandato alla prima curva.

È innegabile che la scelta della premier italiana di fare a Bruxelles la sua prima visita internazionale ha rappresentato un segnale politico molto forte. Perché la storia della Destra italiana poteva lasciare aperti margini di ambiguità che sono stati spazzati via tra la rivendicazione del rango di Fondatore e delle alleanze strategiche naturali con Francia e Germania -ancorché le differenze e i motivi di contrasto ovviamente persistono – e un passato di frequentazioni che potevano collocare in una diversa scala gerarchica i rapporti con Orban e “patrioti vari”.

L’importante sarà essere e rimanere giorno dopo giorno coerenti con la scelta fatta sapendo che sconti non ne saranno fatti e avendo consapevolezza che la sussidiarietà e la tutela delle diversità vengono uno scalino dopo tutti quelli da salire per costruire la scala della Nuova Europa della solidarietà. L’Italia potrà esserne uno dei maggiori beneficiari solo a patto che dimostri di sapere rispettare le regole. Bandendo crociate anche dialettiche che sono sempre dannose.


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