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La sede della Corte dei conti

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La pandemia Covid-19 prima e la crisi generata dalla guerra in Ucraina dopo, hanno aumentato il gap tra Nord e Sud ed è per questo motivo che i fondi di Sviluppo e Coesione vanno spesi subito e bene, destinando realmente quell’80% di risorse riservate al Mezzogiorno. Il richiamo si trova spulciando le 647 pagine della Relazione annuale 2022 sui rapporti finanziari Italia/UE e sull’utilizzo dei fondi europei della Corte dei Conti: i magistrati, non solo sono preoccupati per i ritardi nella spesa ma anche per la qualità degli investimenti.

“La Corte – è la bacchettata – anche quest’anno, sia pure in un contesto ancora emergenziale, il quale, peraltro, ha aumentato il differenziale tra regioni economicamente più o meno sviluppate, deve ricordare come l’obiettivo primario della Politica di coesione sia proprio quello di ridurre il divario tra le  varie aree dell’Unione, favorendo lo sviluppo di quelle più svantaggiate attraverso l’implementazione di azioni che abbiano come esito una crescita equilibrata e sostenibile degli Stati membri; anche la Recovery and Resilience Facility va in questa direzione”. Non è, in effetti, la prima volta che i magistrati contabili sono costretti a ricordare la mission dei fondi di Coesione, troppo spesso dirottati verso altri lidi anziché verso le regioni del Sud alle quali spetta almeno l’80% delle risorse. “Pertanto – si legge ancora – si auspica che vi sia  una vera inversione di rotta nell’attuazione delle politiche di coesione”, oltre che nella stessa capacità di spesa delle risorse europee. “A maggior ragione – viene sottolineato – nel contesto determinatosi a seguito della pandemia”.

 “Rimane – proseguono i magistrati – infatti costante ed è, semmai, accentuata  l’attenzione della Commissione UE sulla nostra capacità di realizzare i progetti europei nei tempi previsti e  di avere, quindi, una “absorption” più adeguata dei fondi europei assegnati”. Una premessa quasi  necessaria quella della Corte dei Conti visto anche “il quadro generale di attuazione finanziaria della  programmazione che si avvia verso la conclusione” e che “pur prendendo atto dei segnali di miglioramento  intervenuti, nonostante la situazione di generale criticità dovuta alla pandemia da Covid-19, rispetto alla fase iniziale, non può non destare qualche elemento di preoccupazione”. Infatti, all’aumento delle risorse europee non corrisponde un altrettanto incremento della capacità di spesa delle Regioni, un campanello di  allarme anche per l’esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. “All’interno di uno scenario che vede significative interconnessioni tra il Pnrr e le politiche supportate dai Fondi strutturali – evidenziano i magistrati contabili – il quadro generale di attuazione finanziaria della programmazione 2014-2020 desta alcuni elementi di preoccupazione, legati principalmente alle maggiori risorse di provenienza europea cui  ancora non corrisponde una dinamica positiva in termini di pagamenti. Questo, malgrado il lieve miglioramento registrato nella loro percentuale (55% al 31 ottobre 2022, contro il 48 del 2021)”.

 L’assegnazione delle risorse aggiuntive relativa all’iniziativa React-Ue, articolata in 8 Programmi operativi nazionali, ha incrementato la dotazione complessiva per la programmazione finanziaria da 50,5 a 64,39 miliardi di euro, in un quadro regolamentare che conferma il termine ultimo di ammissibilità della spesa al 31 dicembre 2023. Termine comunque “impegnativo”, osservano i magistrati contabili, nonostante sia stato  realizzato il superamento, da parte di tutti i programmi, del target di spesa previsto dalla regola del  disimpegno automatico, al 31 dicembre 2022.

Per quanto attiene all’attuazione finanziaria del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) al 31 ottobre 2022, l’avanzamento della spesa ha raggiunto il 61,2% della dotazione finanziaria complessiva. Stando alla Relazione della Corte dei Conti sui rapporti finanziari Italia-Ue e sull’utilizzo dei fondi europei, ammontano a 18,1 miliardi di euro i versamenti 2021 con  cui l’Italia ha partecipato, a titolo di risorse proprie, al bilancio dell’Unione Europea che, sul versante  opposto, ha destinato al nostro Paese risorse per 26,724 miliardi, di cui 10,198 legati al Pnrr. Un aumento complessivo del 129,2% che, sottolineano i magistrati contabili, ha invertito la posizione italiana da quella di  contributore a quella di percettore netto sul versante dei fondi Europei. Nella relazione, approvata con delibera numero 1/2023 dalla Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei  conti, la magistratura contabile ha specificato che la nuova posizione dell’Italia andrà valutata solo all’esito  del programma di investimento legato ai Piani nazionali di ripresa e resilienza e, più in generale, alla  realizzazione degli strumenti espansivi presenti nel quadro finanziario pluriennale vigente fino al 2027. “Dai  dati della Commissione – si legge nella relazione – l’apporto dell’Italia nel 2021 al bilancio unionale con versamenti, a titolo di risorse proprie, risulta di circa 18,1 miliardi, con una tendenziale diminuzione di -0,4  miliardi, rispetto al 2020. La risorsa Rnl occupa circa 15,411 miliardi, in aumento di 13,1 punti percentuali,  con una incidenza sul totale dei versamenti pari a 85,1%, mentre nel 2020 risultava del 75%”.


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