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Il presidente Usa Joe Biden

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L’inflazione Usa scende e le Borse globali tirano un gran sospiro di sollievo. Milano è la migliore d’Europa, con un rimbalzo del 2,4%. Seguono Francoforte e Parigi con un miglioramento dell’1,8%. La grande paura provocata dalla crisi della Silicon Valley Bank (Svb) sembra superata. L’argine costruito dalle autorità monetarie ha restituito fiducia agli investitori. I depositi dei clienti nelle banche fallite saranno garantiti per intero, anche se da ora in avanti, come ha annunciato il presidente Biden, i controlli saranno più stringenti.

L’INFLAZIONE USA

A tirare su il morale dei mercati è stato anche il dato sull’inflazione Usa di febbraio che ha rispettato i pronostici dell’ottimismo. Su base annua i prezzi segnano un rialzo del 6%, in frenata dal +6,4% di gennaio. Si tratta della variazione più bassa da settembre 2021. Al netto delle componenti volatili (energia e alimentari), parliamo quindi dell’inflazione di riferimento (core), il mese scorso l’incremento anno su anno è stato del 5,5%, da 5,6%. Questo dato è molto importante, perché è quello che viene preso in considerazione dalla Federal Reserve per le scelte di politica monetaria.

Buona parte dell’aumento è da imputare alla componente immobiliare, in particolare gli affitti, che da mesi salgono senza soste. Complessivamente, il dato di ieri mostra che l’inflazione è appiccicosa e scende pochissimo, dall’altra parte, non ci sono le brutte sorprese viste nei mesi scorsi. Alla luce di questa indicazione, sale l’ipotesi di un rialzo dei tassi da 25 punti base, viene meno quella di uno stop temporaneo alla stretta monetaria, come ipotizzato in un report Goldman Sachs che immagina un tetto ai tassi Usa fra il 5,25% e il 5,5% entro luglio.

Poi dovrebbe cominciare la discesa. Ieri mattina il mercato future prezzava ben 75 punti di taglio per la fine dell’anno. Significa che i tassi Usa potrebbero tornare verso il 4%. «Una stima forte, a meno di pensare a una crisi finanziaria vera e propria», commenta Mps Capital Services.

Tutto dipende dall’andamento dei prezzi al consumo. Con il dato di febbraio, ottavo mese consecutivo di ribasso, è chiaro che la febbre sta scendendo. È facilmente immaginabile che la discesa diventerà ancora più evidente nei mesi prossimi. La forbice, infatti, tenderà ad allargarsi anche per un fatto statistico: l’anno scorso i prezzi (soprattutto quelli dell’energia) si stavano impennando, mentre adesso scendono.

LE MOSSE DELLA FED

Per dare una svolta definitiva è necessario che cali la febbre del mattone. I prezzi delle case sono quelli che continuano a salire di più, «rappresentando oltre il 70% dell’aumento» in un mese, ha sottolineato il Dipartimento del lavoro nel comunicato stampa. Anche generi alimentari, tempo libero e mobili contribuiscono all’inflazione ancora forte.

Ora la parola passa alla Fed. Deve contrastare l’impennata dell’inflazione che, nonostante il nuovo rallentamento, rimane molto alta. Il principale strumento per domarla è l’aumento dei tassi, che alza il costo del credito per scoraggiare i consumi di famiglie e imprese.

Una settimana fa il presidente della Fed, Jerome Powell non ha escluso la possibilità di inasprire la politica monetaria più del previsto. Ma il fallimento della banca californiana Svb e le turbolenze del settore bancario, causate anche dai forti rialzi dei tassi decisi dalla Fed nell’ultimo anno, potrebbero cambiare la situazione.

WALL STREET

I mercati si aspettavano che la Fed optasse, nella prossima riunione del 21 e 22 marzo, per un deciso rialzo dei tassi, di mezzo punto percentuale, in aumento rispetto alla riunione precedente. Ora l’orizzonte delle aspettative è calato. I dati sull’inflazione parlano, secondo Rubeela Farooqi, di un modesto rialzo dei tassi, di un quarto di punto percentuale, come nella riunione precedente. «Tuttavia – ha detto – la decisione alla fine dipenderà non solo dai dati economici, ma anche dai problemi di stabilità finanziaria». Il peggio, comunque, sembra essere passato. A Wall Street riprendono forza i titoli delle banche regionali che lunedì erano colate a picco per il possibile contagio da parte di Svb: First Republic Bank +60%, dal -61% di due giorni fa. PacWest Bancorp +40%. Western Alliance Bancorp +20%.


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