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Elly Schlein, segretario del Pd

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ELLY Schlein ha deciso di adottare una linea soft nei confronti del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, non reagendo a ogni sua mossa. Un po’ come fece a suo tempo Enrico Letta e, c’è da dire, l’atteggiamento passivo nei confronti del leader pentastellato non portò grande fortuna. Anzi, contribuì a rafforzarne ego e autorevolezza. Ma tant’è , anche la neo segretaria sembra intenzionata a seguire le orme del predecessore. La segretaria dem lo ha deciso insieme ai fedelissimi: «Non bisogna reagire, non si deve rispondere alle provocazioni. Noi dobbiamo continuare a lavorare per costruire l’alternativa al governo Meloni».

ELLY E LE ARMI A KIEV

Secondo lei e il suo cerchio magico, infatti, le parole pronunciate ultimamente da Conte sarebbero solo il sintomo delle difficoltà che i grillini stanno vivendo in questo periodo, mentre continuano a calare nei sondaggi. La leader dem, però, ai suoi alleati ha già chiarito che non intende approfittare delle loro difficoltà. In questo senso, sarebbe stata considerata come “propaganda” la decisione dell’ex premier di firmare il quesito referendario contro le armi in Ucraina.

Anche perché si tratta di un referendum che molto probabilmente non vedrà mai la luce. Insomma, dall’Ucraina fino alla realizzazione del termovalorizzatore a Roma, l’ex premier ha voluto lanciare un messaggio che potrebbe far presa su quell’ala pacifista del Partito democratico di cui, in fondo, anche Elly Schlein può essere considerata espressione per storia e cultura.

Una posizione che potrebbe allargare ulteriormente il gap tra le due principali forze di opposizione. Quello delle armi a Kiev è un argomento delicato all’interno del Pd. Al momento, comunque, Schlein sarebbe concentrata su altro: il decreto lavoro che il governo Meloni intende approvare il primo maggio. Secondo i dem, infatti, si tratterebbe di un provvedimento che favorisce il precariato. Tornando a Conte, la segretaria dem sarebbe consapevole del fatto che, prima delle Europee, potranno esserci solo intese locali con i 5 stelle. O, al massimo, qualche accordo in Parlamento, ma solo in funzione anti-Meloni. Insomma, campo largo in alto mare. Anche perché non tira aria di ripensamenti tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, con quest’ultimo che precisa che «per ora i gruppi parlamentari rimangono uniti».

CALENDA: «RENZI NON L’HO CAPITO»

A detta del leader di Azione «sul merito delle questioni si lavora bene e continuiamo a farlo. Poi vediamo cosa vuol fare Renzi nella vita. Io quello non lo so, ho rinunciato a capirlo. Invece di un’opposizione chiara si è dato il via a una serie di attacchi che non hanno senso. Non penso che Renzi sia un mostro, ma sono stati 20 giorni di attacchi continui a cui non ho mai risposto. Alla fine la situazione è degenerata. Io ho interesse a che la cosa funzioni perché ci ho messo la faccia, ma nessuno è tenuto a fare cose impossibili. Io ho risposto una sola volta con un post sbagliato dai toni troppo forti. La mia linearità in politica mi ha portato a scelte molto faticose, è costosa. Volevo spiegarlo e non sono riuscito. È stato l’unico mio attacco personale, a fronte del quale ne ho ricevuti valanghe. Ciò detto, non sono in grado di obbligare la mia controparte a fare cose che non vuole».

Cosa ne sarà del Terzo Polo non lo sanno neppure i diretti interessati: «Non posso che dire che evidentemente questo progetto è fallito – dice e Calenda – ma non è che tutti debbano andare bene, ci sta che a un certo punto qualcuno cambi idea. Il leader di Italia Viva aveva già detto “faccio un passo indietro perché faccio business”, e non è successo, ma il tema è politico, se uno dei due partiti non intende sciogliersi e continuare a fare politica come si fa?».

Ora, per Calenda, il tema è «come ricostruire un lavoro fatto nel tempo durante la campagna elettorale, un lavoro gigantesco mandato in frantumi, e non ho capito perché ma non mi interessa nemmeno capirlo, cosa che accade a chi ha che fare con Matteo Renzi…».

IL DIVORZIO DOLOROSO

Il divorzio da Italia Viva «lo stiamo pagando nei sondaggi ma soprattutto personalmente. Ho dedicato alla costruzione di questa area liberal-democratica, che doveva superare addirittura l’idea di federazione, tutto me stesso, con il valido aiuto di un pezzo di Iv. Ho fatto questo notte e giorno dalle elezioni, ma io non sono in grado di obbligare la mia controparte a fare una cosa che non vuole». «Non è che tutti i progetti debbano andare bene, ci sta che uno a un certo punto cambi idea – aggiunge – Quello che secondo me in tutta questa vicenda ha fatto male è che, invece di prendere una posizione chiara, si è cominciato con una serie di attacchi che non hanno senso». Calenda ha ragione: i sondaggi lo penalizzano anche se a Matteo Renzi va anche peggio: Azione si attesta intorno al 4%, mentre Italia Viva naviga poco sopra il 2%. Troppo poco per le smisurate ambizioni di entrambi.


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