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Un dibattito serio segnalerebbe, come fa la Commissione europea, che il Paese che ha gravi ritardi sul Pnrr è la Germania non l’Italia e che su di noi Bruxelles punta il dito contro “l’inefficacia amministrativa subnazionale” che si chiama Regioni. Che è proprio il tasto su cui batte dal primo giorno il ministro Fitto. Che ora lavora perché non arrivi più in Europa il solito scatolone di progetti-marchette fuori tempo massimo, ma piani con cronoprogrammi rigorosi, garantiti nei tempi di esecuzione e vigilati come mai prima. Anche sul dopo alluvione si deve cambiare registro con strutture tecniche centralizzate per salvare la locomotiva Emilia-Romagna. Queste sono cose serie. Altro che le nomine alla Rai!

L’ultima commediola della politica italiana riguarda la Rai e il rumore mediatico che la accompagna è la figura più nitida del tasso di degrado del nostro dibattito pubblico. Abbiamo un’economia nazionale che continua a collezionare record di crescita da nuova locomotiva europea mentre la Germania entra in recessione e noi ci occupiamo di un tema di cui alla gente non frega assolutamente niente e che è oggetto di chiacchiera esclusivamente di un salotto molto limitato di persone che non sanno niente del Paese reale e somministrano sermoni da mattina a sera per fortuna inascoltati.

Tutto questo peraltro per avere nominato un giornalista di razza e direttore di serie A, Gian Marco Chiocci, alla guida del Tg1 al posto di una Monica Maggioni che ha servito con lo stesso flauto tutti i padroni politici della sua stagione di direzione. O per avere nominato alla guida del Tg2 Antonio Preziosi, che ha un curriculum Rai ineccepibile, e avere confermato alla guida del Tg3 Mario Orfeo, che è un punto di forza assoluto della Rai che ha già guidato dal livello più alto ricoprendo bene tutti i ruoli.

Sulle dimissioni volontarie di Lucia Annunziata sinceramente è proprio difficile considerarla una notizia se si esce dallo schema di quel salotto dove si valuta sempre come si viene notati di più. A prescindere dai risultati e dal giudizio sulla qualità della sua trasmissione che nessuno ha messo in discussione e che sono un argomento indipendente dalla sua decisione personale.

Se si volesse instaurare un minimo di serietà nel dibattito pubblico italiano bisognerebbe cominciare a dire che il Paese che ha gravi ritardi sul Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr), così dice la Commissione europea, è la Germania, non l’Italia. Che tutti i Paesi hanno chiesto di riorganizzare il loro Pnrr e che solo cinque/sei con dentro tra gli altri Malta, Estonia, Slovacchia e Portogallo, hanno presentato il loro nuovo piano e che quello italiano che parte dalla bellezza di 190 miliardi è di sicuro più complesso ed è, dunque, sacrosanto che ci si prenda qualche giorno in più per fare velocemente cose complesse prima di tutto molto bene. La verità, ma anche questo non lo si vuole dire, è che il tasto su cui preme la Commissione europea è quello dell’inefficacia amministrativa subnazionale che è quella delle Regioni e che è esattamente quella su cui batte dal suo primo giorno di insediamento il ministro Fitto.

Su questo punto, che è strategico, e che ci vede fermi a una spesa del 34% a scadenza di Piano finita da oltre due anni, avendo fatto così male, possiamo solo migliorare. Anche perché il lavoro avviato da Fitto è molto serio e frutto di negoziazioni e aggiustamenti certosini per cui alla fine non ci presenteremo più in Europa con uno scatolone di progettimarchette presentati peraltro fuori tempo massimo, ma con piani segnati da cronoprogrammi rigorosi, garantiti nei tempi di esecuzione e a quella data vigilati come mai prima. Così la smettiamo con le chiacchiere.

Se volessimo parlare seriamente di cose serie prenderemmo atto che bisogna uscire dal frazionamento decisionale che ha bloccato per molto più di un ventennio la crescita del Paese e che per consolidare i risultati di crisi sostenuta da tre anni in qua si deve uscire dalla logica dei poteri speciali dei presidenti di Regione- commissari per mettere alla testa del processo agenzie centralizzate di settore che facciano dialogare finalmente in modo operativo ministeri e Regioni con poteri veri di indirizzo, gestione e supplenza. Indipendentemente se chi ne è chiamato alla guida venga definito commissario.

Questo vuol dire tutelare davvero la locomotiva italiana che è l’Emilia- Romagna. Questo significa parlare di cose serie e rendersi almeno conto che nel quadro europeo al di là dei fuochi di artificio da politica interna il rapporto tra Francia e Italia è saldo, ma il punto strategico della nuova Europa si gioca sul Mediterraneo e su questo vanno convogliate in modo unitario le forze migliori di casa nostra portandoci dietro la testa e il cuore degli europei. Altrimenti la locomotiva tedesca, di cui tutti abbiamo bisogno, continuerà a perdere un vagone dietro l’altro e tutti gli europei si scopriranno ogni giorno di più ancora più ininfluenti di quello che sono oggi. Oltre ovviamente a essere tutti sempre anche un po’ più poveri.


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