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Giuseppina Orlando

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Caso Ferrerio, fa discutere il ricorso in appello della difesa, la mamma di Davide: «Quella ragazza cosa sua? Un essere umano non può essere “cosa” di nessuno»

CROTONE – Non ci sta, Giuseppina Orlando, la madre del povero Davide Ferrerio, il ventenne bolognese ridotto in fin di vita dopo l’aggressione subita nell’agosto 2022 a causa di un clamoroso errore di persona. Non ci sta, dopo aver letto l’appello dell’avvocato Salvatore Iannone, che difende il 23enne Nicolò Passalacqua, condannato a 20 anni e 4 mesi di reclusione per tentato omicidio aggravato. Non entra nel merito della vicenda giudiziaria su cui si cimenteranno gli avvocati di parte civile, Fabrizio Gallo e Gabriele Bordoni, ma c’è un passaggio che suscita la sua indignazione in quanto madre e donna.

«La donna non è proprietà di nessuno. Un essere umano non può essere “cosa” di nessuno. Un oggetto può essere una cosa di mia proprietà, non un essere umano, donna o uomo che sia. Certe affermazioni sono frutto di una subcultura patriarcale e mafiosa, una cultura della violenza e del possesso che viene utilizzata addirittura a difesa dell’imputato che ha ridotto mio figlio in quello stato. Faccio fatica a interpretare argomentazioni difensive che non appartengono a una realtà normale».

Il riferimento della mamma di Davide Ferrerio è a un passaggio del ricorso della difesa predisposto dall’avvocato Iannone (l’udienza è già fissata per il 24 gennaio prossimo). «In buona sostanza – è detto nell’appello della difesa – l’intento di Passalacqua, con l’aggressione fisica ai danni di Ferrerio, era quello di percuotere, anche con forza, il giovane “antagonista”, onde fargli comprendere che … era “cosa sua”, e che, per l’avvenire, non avrebbe dovuto permettersi di infastidire la ragazza con la quale gli intendeva costruire il suo futuro». La stigmatizzazione di retaggi patriarcali emerge peraltro dalle motivazioni della sentenza con cui la gup Elvezia Cordasco, nell’aprile scorso, ha inflitto una pena elevata. L’aggravante dei motivi abbietti e futili è avvalorata, infatti, secondo la giudice, dal «voler difendere “ciò che è suo” infliggendo una punizione esemplare a colui che aveva cercato un approccio con la ragazza che stava frequentando».

«Tale concezione di “possesso” della ragazza verso la quale provava un’infatuazione e la circostanza che Passalacqua si determinava a colpire Ferrerio, credendolo l’ignoto interlocutore della stessa, al fine di “difenderla” come se fosse oggetto di sua proprietà, costituisce motivo abietto in quanto ben lontano da un sentimento di gelosia ma assimilabile alla difesa del possesso, appare indubitabilmente contrario alla moderna morale nonché tale da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità». Un profilo che, secondo la gup, emerge dalle conversazioni intercorse tra Passalacqua e la giovane, allorquando l’imputato afferma: «quando mi toccano quello che non mi devono toccare vado in bestia».

Insomma, tra i temi al centro del secondo grado del troncone processuale che si sta celebrando col rito abbreviato si prospetta anche quella concezione del possesso ancora incastonata in variegati ambiti sociali e culturali.
Ma è appena il caso di ricordare gli altri temi dell’appello, quelli della presunta erroneità della ricostruzione della dinamica del fatto. L’avvocato Iannone fa riferimento alla caduta violenta di Davide che battè con la testa sul marciapiede dopo essere stato colpito con un pugno al volto e una ginocchiata allo sterno e sostiene che i gravi danni riportati dal giovane derivano anche da una pregressa patologia ossea.

Il legale eccepisce anche la qualificazione giuridica di tentato omicidio in quanto a suo avviso si tratta di lesioni gravissime e manca l’elemento soggettivo del dolo diretto a causare la morte. Temi che si riverberano anche nel processo nei confronti degli imputati che hanno scelto il rito ordinario, che prosegue a febbraio, e nell’ambito del quale è stata disposta una perizia sull’attendibilità delle consulenze del pm Pasquale Festa sulle cause del decesso.

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