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MELISSA (CROTONE) – Alle 13.19 di domenica 17 dicembre 2023 l’ecomostro, quell’orrendo palazzone a cui l’occhio si era assuefatto da una quarantina d’anni è venuto giù, è stato abbattuto in due secondi. Con un po’ di ritardo rispetto ai tempi annunciati perché le piogge del giorno prima hanno allungato le operazioni brillamento, annunciato da tre squilli di corno, lo start premuto dall’ingegnere Giuseppe Fresi dalla cabina di regia allestita sul posto ha innescato l’implosione di palazzo Mangeruca, un ex mobilificio confiscato alla ‘ndrangheta, finalmente non più visibile lungo la strada statale 106, a ridosso dell’abitato di Torre Melissa. Non si vedranno più neanche le scritte di colore rosso ormai sbiadito “Centro arredamenti ceramiche”, verticale, e “Costantino Mangeruca”, orizzontale, che campeggiavano a caratteri cubitali lungo pareti eternamente in grigio cemento.

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Sull’ecomostro di Melissa abbattuto ieri svettava il Tricolore, fino a poco prima del crollo. Al suo posto sorgerà un’area di sosta per i camper, secondo quanto previsto dal progetto approvato e finanziato dalla Regione Calabria che si è accollata i costi annessi dell’abbattimento. Il boato è stato accolto da un fragoroso applauso, non solo dei cittadini e dei rappresentanti istituzionali accorsi, ma anche delle maestranze che dopo aver posizionato 400 chili di dinamite in microcariche e dopo aver srotolato due chilometri di cavi, sono saliti su un altro edificio orrendo, un po’ più piccolo, una delle tante costruzioni non finite che punteggiano il paesaggio calabrese, per godersi la vista della deflagrazione a cui hanno lavorato a spron battuto.

Una giornata storica, dall’alto significato simbolico. Un risultato a cui si è arrivati grazie alla sinergia istituzionale tra Regione e carabinieri e che ha trovato il suo coronamento nei tavoli tecnici coordinati dalla prefetta di Crotone, Franca Ferraro, mentre la Questura ha vigilato sugli aspetti relativi alla salvaguardia dell’incolumità pubblica. Non a caso ieri, insieme al ministro per i Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, al vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, al governatore calabrese Roberto Occhiuto, a Melissa è arrivato, accolto dal comandante provinciale dei carabinieri, colonnello raffaele Giovinazzo, il comandante generale dell’Arma, il generale Teo Luzi. «Lo Stato si riappropria di un pezzo del suo territorio ed è il frutto di un gioco di squadra che coinvolge tutte le Istituzioni nazionali e locali», ha detto il generale con ovvia soddisfazione, poco prima che un pulviscolo enorme si spargesse nel sito su cui deflagravano migliaia di frammenti di calcestruzzo.

I militari del Comando provinciale di Crotone sequestrarono nel 2007 l’immobile, facente parte di un impero da 30 milioni riconducibile a un prestanome del “locale” di Cirò, Costantino Mangeruca (ormai deceduto), originario di Africo, nell’ambito dell’operazione “Piazza Pulita” coordinata dal pm Pierpaolo Bruni, allora in forza alla Dda di Catanzaro. Un pool guidato dal magistrato crotonese in quegli anni aggrediva le principali cosche del Crotonese anche con indagini patrimoniali (ne fecero le spese pure le cosche Arena e Megna). In quel contesto maturarono progetti di attentati nei confronti dell’attuale procuratore di Santa Maria Capua Vetere, che vive sotto scorta da 25 anni. Nel suo mirino era finito, tra gli altri, quell’uomo ufficialmente falegname ma legato ai Morabito di Africo e con interessi anche a Cornaredo, in Lombardia, dove aveva un altro mobilificio. Di lui parlavano ben quattro pentiti, che lo inquadravano in un’organizzazione dedita al narcotraffico.

Mangeruca, mai residente formalmente a Cirò Marina, aveva scontato una pena di dodici anni per un omicidio; per tre anni gli è stata poi applicata la sorveglianza speciale a Melissa. Il suo patrimonio cresceva in maniera sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati e scattò il sequestro, tramutatosi nel 2009 in confisca, divenuta definitiva nel 2012. Solo nel 2015 l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati assegnò il bene al Comune. L’ecomostro abbattuto ieri, che era in malora già quando i carabinieri vi apposero i sigilli, continuava a marcire senza che nessuno intervenisse. In fase di affidamento dei lavori è emerso che l’Anbsc aveva trasferito quattro su sei piani al Comune, passato definitivamente nella disponibilità dell’ente locale soltanto nel marzo scorso.

Sul posto ieri era attivissimo il sindaco, Raffaele Falbo, peraltro alla guida di un Comune sottoposto ad accesso antimafia dopo il suo rinvio a giudizio per concussione mafiosa. Oltre che contro il crimine organizzato i carabinieri hanno lottato anche contro la burocrazia per imprimere un’accelerazione all’iter, visto che per anni la pratica di demolizione è rimasta inevasa. L’aggiudicazione dei lavori, per poco più di 400mila euro, all’impresa “Lavori Stradali”, con sede a Crotone, risale al luglio scorso. La ditta si è avvalsa delle consulenze degli studi di ingegneria Deam e Misiano, mentre la dinamite è stata piazzata dalla società sarda Deton. Un mese circa di lavori è stato necessario, confermano i tecnici impegnati, per elaborare il piano per far deflagrare con la tecnica della distruzione controllata quei 40mila metri cubi di cemento armato.

L’area di sosta accoglierà i camperisti da marzo prossimo. Tempi lampo rispetto a quelli elefantiaci della burocrazia, ancora più lunghi dell’iter giudiziario. Per uno degli ingegneri locali che la lavorato al progetto, Vladimiro Leto, la soddisfazione è duplice. «Da un lato, da un punto di vista professionale, è la prima volta che mi occupo di distruzione con esplosivi e quindi è stata una sfida, dall’altro lato, c’è la felicità di aver contribuito a un esempio di legalità che può rilanciare il turismo in questo territorio». Dopo quasi due giorni di chiusura al traffico in un pezzo di 106 che attraversa Torre Melissa (la mattina, invece sono state sospese circolazione ferroviaria e area di sorvolo), la normalità è tornata nel pomeriggio di ieri, con la conclusione delle operazioni della ditta che ha rimosso i detriti dalla 106 e il rientro nelle loro abitazioni preventivamente evacuate dei residenti nella (ex) zona rossa. La normalità è anche vedere filari di vigneti anziché l’ecomostro, ora abbattuto, della ‘ndrangheta.

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