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La protesta coi trattori a Cosenza

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COSENZA – Ieri mattina, nei pressi della stazione di Vagliolise a Cosenza, i motori ruggenti dei trattori hanno interrotto la calma di una giornata ordinaria: un’ondata di agricoltori determinati ha invaso lo spazio con una protesta pacifica ma incisiva. Una protesta che riflette un sentimento diffuso di disagio e frustrazione all’interno della comunità agricola italiana. Le richieste di interventi concreti per affrontare le sfide economiche e strutturali che affliggono il settore sono urgenti. L’immagine di una carovana di trattori, simbolo di lavoro e resilienza, è diventata l’emblema di una lotta che non si può più ignorare. I motivi di questa mobilitazione sono chiari: i costi di produzione che soffocano le aziende agricole, il prezzo del carburante che sembra salire inarrestabile, la concorrenza sleale che mina la dignità del lavoro agricolo e il peso fiscale che opprime chi lavora la terra.

Pierluigi Carricato, vicesindaco del Comune di Celico e agricoltore, durante la protesta coi trattori ha dichiarato che «Siamo qui per manifestare il dissenso degli agricoltori per queste politiche europee, italiane e regionali. Continueremo ad oltranza finché qualcuno non ascolterà le nostre richieste. Chiediamo che vengano revisionate le disposizioni della comunità europea relative all’agricoltura. Chiediamo azioni concrete relative alla concorrenza sleale: In Italia, sono vietati alcuni prodotti al contrario di altri Paesi. Se arrivano da noi i Nas e trovano uno scarafaggio ci rovinano, adesso però vogliono farci mangiare gli insetti».

L’agricoltore Massimiliano Aita ci ha spiegato che la protesta è partita da Palazzo della Provincia perché «i primi problemi iniziano proprio da questi uffici. Un agricoltore deve fare una trafila burocratica assurda. Ci hanno promesso che qualche funzionario avrebbe ascoltato le nostre istanze ma nessuno ci ha ricevuto». Quali sono i principali problemi dell’agricoltura? «Il gasolio è una delle tante gocce che ha fatto traboccare il vaso. Vi sono le contribuzioni, la fiscalità dell’azienda, l’Irpef, i terreni da tenere incolti per installare i fotovoltaici, la merce proveniente dall’estero che non riusciamo a controllare. Insomma, ci stringono sempre di più per produrre di meno. Il cittadino deve essere coinvolto e comprendere quel che sta succedendo: sta acquistando merce dagli scaffali a prezzo competitivo ma proveniente dall’estero con regole diverse».

L’agricoltore Vittorio Pingitore ci ha raccontato che «dopo l’incontro con il prefetto del 22 gennaio, aspettavamo delle risposte ma non abbiamo avuto alcun riscontro. Il problema è che il costo di produzione non viene più garantito dalla vendita dei prodotti. Di conseguenza, non si riesce più a conseguire alcun profitto. Vendiamo le patate della Sila, abbiamo un allevamento di bovini e un caseificio, però dobbiamo scontrarci con costi di produzione troppo alti. Materie prime ed energia sono alle stelle».

Alcuni agricoltori durante la protesta coi trattori hanno donato ai cittadini i sacchetti di patate della Sila, tra cui Francesco Granieri: «La gente immagina che i produttori abbiano guadagni elevati. In realtà, sono le grandi distribuzioni a guadagnare. Quindi preferiamo regalare i nostri prodotti per far sentire la nostra vicinanza ai consumatori. Comprendiamo bene che gli stipendi sono bassi e le famiglie stanno riscontrando tanti problemi. Anche noi, stiamo cercando di difendere i sacrifici dei nostri genitori. Abbiamo il problema della manodopera. Come facciamo a sostenere i costi degli operai? A quanto dovremmo vendere i nostri prodotti? Ci auguriamo che qualcuno ci dia ascolto». L’agricoltore Pietro Curia ci racconta le difficoltà riscontrate dalla sua azienda di agrumeti e uliveti a conduzione familiare: «Siamo arrivati a livelli insopportabili qui in Calabria. D’inverno abbiamo sulle spalle intorno ai 100 dipendenti, ma spesso riusciamo solo a pagare loro e a noi non resta niente».

Un agricoltore di Corigliano ha evidenziato che «per produrre un chilo di clementine, in genere, occorrono 35 centesimi. Poi, si vendono a 25 centesimi. Le catene di supermercati ci hanno completamente distrutto e gettato fuori dal mercato. I costi dei carburanti sono troppo alti. Due anni fa, pagavamo un litro di gasolio 70 centesimi. Adesso, l’hanno portato a 1,20-1,25 euro. Un litro di gasolio dovrebbe costare 40-50 centesimi. Per acquistare un buon concime occorre spendere tra i 140 e i 170 euro. Anche i prezzi dei prodotti fitosanitari sono elevati. Non so se il prossimo anno proseguirò la mia attività o sarò costretto a chiudere. Il cuore mi dice di continuare ma non ho più la forza economica per andare avanti». A proposito di farina, Adolfo Zingone: «Metteranno la farina di grilli nella pasta. Al di sotto del 10% non verrà segnalata sull’etichetta. Inoltre, fanno entrare in Italia il grano canadese che viene essiccato con il glifosato, sostanza cancerogena»

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