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di FABIO AMENDOLARA
POTENZA – Con sua moglie si lascia scappare: «Se… se esce… stavolta, se esce, guaglio’, è amara. Amara, amara, amara». Sta parlando del boss Renato Martorano, indicato dagli investigatori come il massimo esponente della ’ndrangheta in Basilicata. Francesco Bonelli, 39 anni, geometra, ha appena appreso la notizia dell’arresto di Martorano. E’ il 12 maggio del 2008. Mancano otto giorni al suo interrogatorio in procura. I carabinieri del Raggruppamento operativo speciale gli hanno appena nascosto in macchina un paio di microspie. Sospettano che l’impresa di costruzioni per cui lavora subisca, in qualche modo, il controllo del boss.
Il geometra commenta: «Se Giovanni avesse detto di no a più di qualcuno, a quest’ora saremmo stati tutti quanti più tranquilli, hai capito?». Quel «Giovanni» è Giovanni Basentini, di professione costruttore. Lavora in subappalto al nodo complesso del Gallitello e, sempre a Potenza, ha uno strano cantiere in contrada Marrucaro.
Un cantiere frequentato troppo spesso, fino al giorno del suo arresto, dal boss Renato Martorano. «Risulta tangibile – secondo gli investigatori – il pieno e paritario coinvolgimento di Giovanni Basentini e Francesco Bonelli nel garantire a Martorano quel necessario apporto volto a tutelare gli interessi patrimoniali illecitamente acquisiti».
«Dottore – conferma Bonelli al sostituto procuratore antimafia Francesco Basentini, nel corso del suo interrogatorio – l’impresa Basentini siamo io e Giovanni Basentini». Perché, spiega, «Giovanni sta facendo anziano» e lui, da un po’ di tempo, gli sta più vicino. «Sono 20 anni che lavoro con Giovanni – dice Bonelli – quindi… credo che è come se mi avesse cresciuto».
Per gli investigatori «è il referente per tutte le attività connesse all’esercizio dell’impresa, comprese quelle di natura illecita».
Lui, durante l’interrogatorio, cerca di schivare i colpi. Con Francesco Basentini c’è anche il pm Henry John Woodcock, perché, a un certo punto, l’inchiesta sul clan Martorano s’intreccia con la pubblica amministrazione, settore su cui indagava il magistrato anglonapoletano. La prima domanda è questa: «Signor Bonelli, dopo l’esperienza dell’inchiesta “Iena due”, con l’arresto in carcere, Giovanni Basentini avrebbe dovuto, almeno, non so, stare un po’ alla larga da Martorano. Ora lo ritroviamo, invece, addirittura a vendergli una casa». Bonelli: «Che non paga». E il pm: «…che non paga neanche. La prima cosa che ci dobbiamo chiedere è perché…». Bonelli: «E no, scusate, mi permettete un attimo… cioè, che non paga mica possiamo dirlo». Il pm incalza: «E no, signor Bonelli, mi perdoni, non ci dobbiamo prendere per fessi…». Bonelli: «Assolutamente non è mia…». In procura l’aria è pesante. Bonelli chiede: «Mica posso fumare?». Il pm glielo concede. Le domande sono sempre più dirette.
Pm: «Ma gli amici di Martorano, i fedeli, persone come Dorino Stefanutti, Albano Pio… eccetera, eccetera… venivano qualche volta sui cantieri?». La risposta è secca: «No». Pm: «E quindi lei come lo sa che sono vicini a Martorano?». Bonelli: «Li ho visti spesso insieme… magari ci siamo fermati. Ci siamo pure salutati». E i colletti bianchi? Ecco la domanda: «Mi faccia capire un po’… professionisti, come dire, amici e vicini a Martorano lei ne conosce?». Bonelli: «Non ho capito la domanda». Il pm: «Professionisti, consulenti, politici, qualcuno che, in un modo o nell’altro, secondo lei…». Bonelli: «E’ stato Martorano a chiedere a me, una volta, di indicargli una persona per poter risolvere il problema della successione e io gli ho dato il nome di un mio amico». Pm: «Che fa l’avvocato?». Bonelli: «No, no, no. Fa l’architetto». E il pm arriva al dunque: «Signor Bonelli, ma il grado di influenza che ha Martorano sull’impresa Basentini qual è? Parliamoci in modo molto semplice, perché altrimenti giriamo intorno alla cosa. Cioè, Martorano quanto è in grado di condizionare l’impresa Basentini e il suo titolare?». Bonelli: «Ma io questo non glielo so dire». La situazione precipita. Il pm: «Questo non ce la sa dire, ma lei lo capisce che, lei, anche dal punto di vista processuale ha un ruolo delicato?». Bonelli: «Ma io, più di quello che vi sto dicendo, che vi devo dire?». Pm: «Ho capito… è il ruolo di chi sta sulla staccionata, che sta…». Bonelli: «Ho capito, ma posso cadere da una parte o dall’altra». Il pm conferma: «Da una parte o dall’altra». Bonelli. «Ho capito che la mia situazione può essere pericolosa». I magistrati credono che stia per crollare. Chiedono: «La domanda è questa. Qual è il grado di influenza di Martorano sull’impresa Basentini? Lo dica nel suo interesse». Bonelli: «Ma dotto’, ripeto, io non posso dire… come uomo… io non posso dire che Martorano è mai venuto a intimidire o è venuto… eccetera… anzi… c’era un rapporto con questa persona che mi potevo anche permettere di dire se… se mi avesse detto vai ad innaffiare le piante, io gli dicevo vacci tu. Quindi, alla fine…». Pm: «Ma stiamo parlando di Basentini, però…». Bonelli: «Davanti alla mia persona non è mai successo». Poi i magistrati passano ai pregiudicati: «Saverio Riviezzi è un personaggio conosciuto da Giovanni Basentini?». Bonelli: «Sì, però… io l’ho sentito nominare, ma non ho presente…». Pm: «Antonio Cossidente lo conosce?». Bonelli: «Sì». Pm: «Certo che però li conosce tutti lei… ». Cossidente è un altro boss. E’ considerato il capo della ’ndrina (così in Calabria chiamano le famiglie) di Potenza. Da un po’ di tempo si è trasferito a Nola. Bonelli spiega come l’ha conosciuto. Racconta una vecchia storia. «Ci fu una rissa. Picchiarono il figlio di Basentini». E lui si mise in mezzo. Le prese di santa ragione. I picchiatori erano uomini di Cossidente. Il chiarimento avviene il giorno dopo. Cossidente convoca Bonelli e Basentini in un bar e chiede scusa: «Hanno sbagliato, vi chiedo scusa a nome loro», avrebbe detto il boss. E’ l’ultima domanda. I sospetti su quelle che i magistrati chiamano «operazioni di ripulitura del denaro di Martorano» al momento, però, restano.
f.amendolara@luedi.it

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