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CROTONE – La Corte d’Assise d’appello di Catanzaro ribalta la sentenza impugnata e riafferma le condanne nel processo bis contro i presunti capi della cosca della terra di mezzo tra le province di Crotone e Cosenza. L’operazione di riferimento è quella denominata Six Towns. Rideterminate soltanto due pene, tra cui quella per il pentito. Il filone processuale è quello scaturito dalla sentenza della Corte di Cassazione nei confronti degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato dopo che, nell’ottobre 2016, erano stati coinvolti nell’operazione Six Towns, condotta dai carabinieri contro i clan operanti nella zona a cavallo tra le province di Crotone e Cosenza raccoltisi attorno al “locale” di ‘ndrangheta di Belvedere Spinello. I supremi giudici annullarono con rinvio le assoluzioni di imputati di spicco come Sabatino Marrazzo, presunto esponente apicale del “locale” di ‘ndrangheta, detto “il massone”, ritenuto dalla Dda di Catanzaro la figura cerniera tra clan e grembiuli, che in primo grado ebbe 8 anni di carcere. Per lui torna in piedi, dunque, la condanna a 8 anni.

Il processo d’appello bis per l’operazione Six Towns si è celebrato anche per Agostino Marrazzo, ritenuto esponente di vertice della cosca che aveva giurisdizione sui sei paesi della terra di mezzo, ma soltanto in relazione all’omicidio per cui era stato in primo grado condannato all’ergastolo: in Appello, essendo stato assolto per il fatto di sangue, la massima pena gli era stata ridotta a 10 anni di carcere. L’ergastolo nei suoi confronti viene pertanto riaffermato per l’accusa di aver agito in concorso con sconosciuti, la sera dell’8 ottobre ’99, a Belvedere Spinello, presso il circolo Oasi verde azzurro, per assassinare Franco Iona. Si è celebrato un nuovo processo dinanzi alla Corte d’Assise d’appello di Catanzaro in nuova composizione anche per Saverio Gallo, di San Giovanni in Fiore, del quale era stata annullata la condanna a 7 anni e 2 mesi. In primo grado fu condannato a 9 anni, pena che viene riaffermata. Rideterminata la pena per Francesco Rocca, di San Giovanni in Fiore, ma limitatamente al reato di associazione mafiosa: in Appello era stato condannato a 10 anni, la Cassazione aveva annullato con rinvio, il pg Roberto Amorosi per lui chiedeva 8 anni ritenendolo soltanto partecipe dell’associazione mafiosa e la richiesta è stata accolta. Rideterminata, da 16 anni e 2 mesi di reclusione a 14 anni e 6 mesi, anche la pena inflitta al collaboratore di giustizia Francesco Oliverio e annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione, sia pure soltanto in relazione al trattamento sanzionatorio.

L’ex boss di Belvedere Spinello, assistito dall’avvocato Maria Karen Garrini, nel dicembre 2020 era stato condannato dalla Corte d’Appello di Catanzaro in continuazione con un’altra sentenza con cui gli erano stati inflitti 4 anni per associazione mafiosa. Il nuovo giudizio anche per Oliverio si celebrava con esclusivo riferimento al trattamento sanzionatorio inflittogli per il duplice omicidio di Tommaso Misiano e Gaetano Benincasa a Rocca di Neto, compiuto nel luglio 2008, il tentato omicidio Vittorio Salvatore Ferraro, commesso a San Giovanni in Fiore nell’agosto 2006, l’omicidio di Paolo Conte, avvenuto a San Giovanni in Fiore nell’agosto 2006, l’omicidio di Giuseppe Loria, avvenuto sempre a San Giovanni in Fiore nel settembre 2005, più imputazioni di narcotraffico e in materia di armi. Impegnati nel processo anche gli avvocati Gianluca Acciardi, Pietro Pitari, Tiziano Saporito, Mario Nigro e l’avvocato Gianni Russano che, in particolare, ha ottenuto il definitivo dissequestro dei beni di Vittoria Oliverio, moglie di Giovanni Marrazzo. L’azienda era già stata dissequestrata; la Procura generale aveva fatto ricorso per Cassazione dichiarato inammissibile.

La Cassazione aveva accolto il ricorso della difesa e pertanto nel giudizio di rinvio è stata revocata la confisca di tutti i beni. Tra rito abbreviato e rito ordinario sono già definitive una ventina di condanne. Gli “affari” del clan erano soprattutto narcotraffico e estorsioni. Tra le vittime la società Eni Syndial che gestiva la miniera di salgemma di Belvedere Spinello.

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