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Francesco Boccia e Stefano Graziano

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L’ALTRA sera entrando in uno studio televisivo per commentare il voto alle regionali già definitivo mi incrocio con due dirigenti del Pd che uscivano dalla saletta di registrazione. Rivolgo loro un ironico “complimenti’’ e loro, serissimi, fanno: “Ma a cosa ti riferisci?’’.

Sta forse in questa incredibile mancata consapevolezza della tragedia politica, l’ennesima, della sinistra alle regionali di domenica e lunedì scorsi la sintesi forse più efficace del baratro dove si è cacciata la sinistra calabrese, trascinata da un PD che da quattro anni è preda di un cupio dissolvi che ha pochi eguali.  

A cosa ti riferisci? E che cosa deve accadere di più se non la seconda e ancora più bruciante nonché scontata sconfitta nel giro di 20 mesi ad un’elezione così importante come quella del governo della Regione? Che cosa deve accadere ad un popolo smarrito, incerto, deluso che qui ha tradizioni e radici che stanno però via via scomparendo sotto l’incalzare della mannaia dei vari Oddati, Graziano, Letta, Boccia e via discorrendo?  

Facile sarebbe dunque la risposta a quel ‘’cosa ti riferisci’’ ma è nell’oblio del proprio ruolo, delle proprie funzioni, della missione si direbbe una volta, che si nasconde la trasformazione definitiva di un ceto politico che da tempo ha, in verità,  perso il senso della propria direzione di marcia.  

Se da quasi 4 anni un partito è commissariato qualcosa dovrà pur significare, per chi è commissario ma anche per chi viene commissariato. Colpe e responsabilità vecchie e nuove ma poi ad un certo punto qualcosa doveva pur cambiare. E invece si è andati avanti a colpa di cazzotti: prima Oliverio fuori poi Callipo, poi Irto, poi la Ventura, infine la Bruni. Il tutto senza uno straccio di progetto politico, non tanto e non solo di alleanze.

A chi parla oggi questo Pd? A chi si rivolge? Chi detiene la barra dell’azione politica? Perché non si avvia concretamente (e ripeto concretamente) una vera azione di rinnovamento, dando il partito in mano ad una nuova generazione che ancora ha deciso di non gettare la spugna? Perché da Roma si insiste in questo cupio dissolvi? Perché?  

Sono queste le domande che agitano questo mondo della sinistra che nemmeno in una proposta nuova ma confusa come quella di Luigi De Magistris poteva ritrovarsi ma in ogni caso anche qui toccava al Pd lavorare fino allo sfinimento per trovare una sintesi, politica e non tanto di liste e di accordicchi sottobanco.

Così come non vale più il ragionamento “se eravamo tutti uniti potevamo farcela’’. Non è vero né in campo aritmetico né soprattutto in campo politico perché 1 più 1 più 1 alla fine non faceva tre ma forse 2 o addirittura zero, in assenza di un progetto politico. Su cosa doveva avvenire quella unione?   Politica: ecco la parola che serve. Che servirebbe in verità e che manca. Ci pensino Letta, Boccia e Graziano.

Nonostante la botta sia stata dura c’è ancora uno spiraglio ma con fretta si deve schiuderlo. Ci sono ragazze e ragazzi da Cosenza a Catanzaro a Reggio che hanno voglia di impegnarsi ancora in quel partito e lo stanno facendo (penso per tutti ai ragazzi del circolo che porta il nome del compianto Enzo Lauria di Catanzaro Centro o a quelli di Cosenza Vecchia). Si dia a loro in mano il partito, ma davvero, senza sotterfugi o controlli e tutori dall’alto o dietro le quinte. Si costruisca una nuova leva, si parta da zero, con coraggio, così come fece nei primi anni ’70 il tanto vituperato PCI, dopo la lunga stagione dei notabili che avevano sfiancato il vecchio e glorioso partito delle lotte contadine. Allora una leva di donne e di uomini fu lanciata in mare aperto e i risultati si videro.

Il resto è davvero una stanca e monotona ripetizione di un copione troppe volte visto. Qui in Calabria la sinistra ha una storia e una tradizione. Ancora.

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