X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

REGGIO CALABRIA – “Sono stati documentati, grazie alle video-riprese, veri e propri summit finalizzati alla gestione del narcotraffico sul territorio (rivelatasi la principale fonte reddituale della consorteria) e volti a disporre la spartizione dei territori, alla risoluzione delle problematiche nei rapporti interpersonali, tra appartenenti allo stesso schieramento, ovvero nei rapporti con altre ‘ndrine operanti nella zona”.

E’ l’esito dell’operazione anti ‘ndrangheta “Joy’s Seaside” della Polizia di Stato di Reggio Calabria, coordinata dalla Dda, finalizzata all’esecuzione di 17 ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di altrettanti soggetti di Gioia Tauro (Reggio Calabria). Tra gli arrestati Pasquale De Maio detto “u rapinu”, soggetto ritenuto di estrema pericolosità e gravato di numerosi precedenti, e personaggio-chiave e punto di partenza delle indagini. Due indagati risultano, invece, irreperibili.

L’attività investigativa, spiegano gli inquirenti, ha dimostrato l’esistenza di un’associazione per delinquere di tipo mafioso, le cui condotte sono state contestate all’establishment di un sodalizio criminale ben più ampio, altrettanto pericoloso, numeroso ed efficientissimo che a sua volta ha dimostrato il controllo di una interconnessa associazione per delinquere principalmente finalizzata al narcotraffico e al compimento di altri gravi reati accertati attraverso riscontri probatori considerati obiettivi e solidi.

Grazie all’attività investigativa, il Rione Marina e il Lungomare di Gioia Tauro sono stati monitorati, per oltre un biennio, permettendo di ricostruire l’organigramma della ‘ndrina De Maio-Brandimarte e dimostrando come quei due luoghi fossero stati eletti a “quartier generale” ed “enclave” della consorteria mafiosa, in quanto luogo ideale per intrattenere incontri riservati tra appartenenti al sodalizio, ricevere boss, gregari e personaggi di rilievo di altre articolazioni ‘ndranghetiste, anche in pieno giorno, approfittando della protezione che gli stessi luoghi hanno offerto, anche grazie alla tacita connivenza degli abitanti.

Personaggio-chiave e punto di partenza delle investigazioni, secondo gli inquirenti, come detto, si è rivelato il 64enne boss dell’omonima consorteria mafiosa, arrestato nel corso dell’operazione, soggetto di estrema pericolosità sociale, gravato da numerosi precedenti, ritenuto elemento di spicco delle suddette ‘ndrine federate, in nome e per conto delle quali il boss ha sempre operato, particolarmente attivo a cavallo degli anni ’80 e ’90, quando guerre di mafia seminavano il terrore nelle strade dei principali centri della Piana di Gioia Tauro.

Presso il chiosco di rivendita di bibite ed alimenti della famiglia De Maio, situato nelle adiacenze del Pontile del Lungomare di Gioia Tauro, sono stati documentati i summit organizzati per la gestione del narcotraffico sul territorio e la spartizione dei territori. Nel corso delle attività tecniche, le conversazioni si sono svolte riservatamente, spesso sottovoce e con fare circospetto, a testimonianza dell’alto livello di organizzazione raggiunto dalla ‘ndrina De Maio-Brandimarte che aveva la disponibilità di un quantitativo elevato di armi e trafficava stabilmente nel settore degli stupefacenti, trattando cocaina, hashish e cannabis sativa.

Nei siti d’incontro del Lungomare di Gioia Tauro e del Rione Marina, gli esponenti della ‘ndrina ricevevano gli appartenenti ad altre ‘ndrine della Piana di Gioia Tauro, certificando, così, il riconoscimento di quest’ultima da parte delle cosche storiche della ‘ndrangheta: gli Alvaro di Sinopoli, i Pesce, i Cacciola ed i Bellocco di Rosarno, tanto che tutti hanno inviato i propri emissari a Gioia Tauro.

«L’indagine ha oggetto un’organizzazione mafiosa che è dedita al narcotraffico ed è collegata alla ‘ndrangheta – ha detto il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri – è stato possibile monitorare lo spaccio che avveniva nella marina di Gioia Tauro ed è stato possibile ricostruire l’intensa operatività di questa cosca».

«Quest’indagine, iniziata nel 2017 grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia,- ha sottolineato il procuratore aggiunto Gaetano Paci – ha permesso di radiografare una serie di condotte tipiche dell’organizzazione mafiosa».

«Volevo tranquillizzare sia il sindaco che la comunità – ha affermato il questore Bruno Megale – che l’attenzione su quel territorio è presente e costante tutti i giorni».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE