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Il ministro dell’Economia, Daniele Franco

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LA GUERRA di Putin in Ucraina sta mettendo a rischio la sicurezza alimentare nel mondo: 20 milioni di persone rischiano di rimanere senza cibo per la carenza di derrate alimentari e l’impennata dei prezzi dei cereali. Le armate russe avanzano travolgendo “il granaio del mondo”, come viene definita l’Ucraina, bloccando le esportazioni di grano e di mais.

L’allarme è risuonato nel corso delle riunioni del G20 e del Fondo monetario internazionale, a Washington. Ed è stato rilanciato dal ministro dell’Economia, Daniele Franco. «Questa aggressione minaccia le regole economiche internazionali e il sistema finanziario, sta pesando sulla ripresa globale e può mettere a repentaglio la stabilità finanziaria. Inoltre, sta anche alimentando l’aumento dei prezzi dell’energia e mettendo in pericolo il cibo in molte aree del mondo», ha affermato esprimendo una netta condanna per «l’aggressione militare non provocata e ingiustificata della Russia contro l’Ucraina» e dolore «per la tragica perdita di vite umane e la massiccia sofferenza umana causata dalla guerra».

Sul piano economico, ha ribadito, «la priorità è proteggere la ripresa dell’economia globale dallo shock e dall’accresciuta incertezza». La guerra, gli ha fatto idealmente eco il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, porterà a un peggioramento «dell’economia globale e a un forte ridimensionamento delle previsioni di crescita rispetto alle stime di ottobre scorso». L’Fmi ha già tagliato quelle sul Pil mondiale nel 2022 di poco meno di un punto, da 4,4% a 3,6%. E lo scenario di riferimento, ha sottolineato il governatore, è a breve termine, non tiene conto cioè dell’ipotesi che la guerra vada avanti ancora a lungo. Intanto l’alto livello di incertezza «si riflette sia sulla fiducia dei consumatori che sulle decisioni di investimenti», anche se «i mercati ancora sono tranquilli», ha affermato.

Gli effetti della crisi possano sull’Europa più che sugli Stati Uniti: «C’è un impatto diretto delle materie prime – ha spiegato – Abbiamo dei prezzi dell’energia molto alti: del petrolio da noi più che negli Stati Uniti, come del prezzo del gas». Ma anche delle altre materie prime: «Sia quelle del Donbass, sia i concimi, i fertilizzanti. L’Ucraina e la Russia sono grandi produttori di prodotti agricoli e anche lì c’è una tensione forte sui prezzi delle materie prime», ha sottolineato Visco. «In qualche modo – ha detto – si può avvicinare questo a quanto è successo 50 anni fa con lo shock petrolifero ma ci sono differenze sostanziali da mettere in conto».

Il ministro Franco ha fatto il punto sulla situazione italiana. Il Paese, ha sostenuto, continua comunque a crescere anche se rallentata dagli eventi internazionali. «C’è tantissima incertezza sulle nostre stime economiche», ha ammesso. Il governo sta cercando di contenere l’impatto dell’impennata dei prezzi dell’energia sulle famiglie e le imprese: «E’ importante che le nostre imprese non soffrano di più di quelle di altri Paesi». Dall’altro canto spinge sullo sviluppo delle rinnovabili, come molti altri Paesi, «anche per raggiungere un maggior quadro di autonomia e di disponibilità di energia».

Dal G20 è stato ribadito il sostegno all’Ucraina e si è parlato anche, ha riferito il ministro, anche della possibilità di un Piano Marshal per la ricostruzione. Dall’Italia, intanto, arriva un nuovo pacchetto di aiuti da 200 milioni.   La dipendenza dalle importazioni del gas russo “pesa” sui numeri dell’economia Europea. E mentre porta avanti la battaglia per un tetto al prezzo, il governo continua a spingere sulla diversificazione delle forniture  per affrancarsi progressivamente da Mosca, che finora ha fornito all’Italia 29 miliardi di metri cubi l’anno. L’Africa è diventata strategica a questo fine.

Ieri i ministri degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, – in rappresentanza del premier Draghi, in quarantena perché positivo al Covid  hanno portato a termine la nuova missione nel continente, che dopo la tappa in Angola di mercoledì – dove hanno sottoscritto un accordo per lo sviluppo nuove attività nel settore energetico (petrolio, gas naturale e gas naturale liquefatto e anche rinnovabili), finalizzate ad aumentare l’export verso il nostro Paese – li ha portati in Congo da dove faranno rientro in Italia con un contratto per la fornitura di 4,5 miliardi di gas liquido. I rappresentanti dei due governi hanno sottoscritto una lettera d’intenti per rafforzare la cooperazione energetica tra Roma e Brazzaville.

Poi l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, e il ministro degli Idrocarburi della Repubblica del Congo, Bruno Jean Richard Itoua, hanno firmato una lettera di intenti per l’aumento della produzione e dell’export di Gnl. L’intesa prevede l’accelerazione l’accelerazione e l’aumento della produzione di gas in Congo, in primis tramite lo sviluppo di un progetto di gas naturale liquefatto. Si parte nel 2023 per arrivare a garantire a regime oltre 3 milioni di tonnellate all’anno (oltre 4,5 miliardi di metri cubi/anno).  L’export di Gnl, sottolinea l’Eni, permetterà di valorizzare la produzione di gas eccedente la domanda interna congolese. L’Eni è presente in Congo da oltre 50 anni ed è l’unica società impegnata nelle risorse di gas del Paese cui garantisce il 70% della produzione di energia elettrica. La Repubblica del Congo ed Eni hanno anche concordato la definizione di iniziative di decarbonizzazione per la promozione della transizione energetica sostenibile nel Paese.

Il Congo rappresenta «un laboratorio di energie future con tecnologia italiana», ha commentato  Descalzi. «L’Italia e la Repubblica del Congo consolidano un rapporto di amicizia e partnership capace di creare opportunità in tempi di crisi», ha affermato Di Maio sottolineando, poi, che la sottoscrizione di nuovi accordi per diversificare le fonti di approvvigionamento «è un obiettivo prioritario per l’Italia» al fine di ridurre la dipendenza dal gas russo. «Puntiamo a mitigare i costi energetici per le famiglie e abbiamo un piano di sicurezza energetica».

Un’altra priorità per il governo, ha ribadito, è la definizione di un tetto al prezzo del gas cui stanno lavorando Draghi e Cingolani: «Deve essere una priorità per l’Ue per mitigare le speculazioni che ci sono sui prezzi che stanno colpendo le famiglie», ha affermato per poi rilanciare: «Noi, all’interno dei vari fori dell’Ue, non abbiamo mai parlato di veti su alcun tipo di sanzioni, ma allo stesso tempo ci aspettiamo un sostegno sul tetto al prezzo del gas che consentirà alle famiglie di pagare meno la bolletta energetica e alle imprese di non vedere intaccata la propria competitività».

L’accordo siglato in Congo comprende anche il potenziamento della cooperazione sulla transizione ecologica, sulla stessa linea di quanto concordato con l’Angola: «C’è un’importante azione che il nostro governo sta facendo su questi paesi, in Africa, che – ha detto Cingolani – ci consente da un lato di differenziare la fornitura di energia e gas ma anche di far partire nuove tecnologie e nuovi investimenti nel settore della transizione ecologica in queste terre che hanno moltissimo da fare e da dire in questo settore».


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