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Il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio

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BOLLETTE energetiche infiammate, caldo torrido, incendi, siccità  e mancanza di acqua. E’ il falò Italia. E ad inaridirsi sono  anche i conti degli italiani con la fiducia dei consumatori sempre più in basso, come ha rilevato l’Istat. Mentre si attende il Dpcm che deve dettare le regole  per definire i nuovi parametri per stabilire lo stato di emergenza  per la siccità e gli interventi da mettere in campo. Su questo scenario  resta  in primo piano la guerra in Ucraina, sempre più devastante. E senza spiragli sul fronte della crisi alimentare, anche se periodicamente dalla Turchia arrivano notizie di possibili sblocchi del grano. Il tema della sicurezza alimentare resta caro al presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ancora una volta ieri, in occasione del G7, è tornato a chiedere di svuotare le navi  bloccate al porto di Odessa (peraltro sotto attacco) prima di settembre quando dovrebbero arrivare i nuovi raccolti.

Intanto continua a salire il prezzo del gas. Ieri sul mercato olandese è aumentato del 4,5%.  Nomisma Energia ha stimato  poi un ulteriore incremento del 17% per l’elettricità e del 27% del gas. Ma in queste ore (e ormai da giorni) il nostro Paese è alle prese con la guerra dell’acqua.  Mentre  un’altra piaga nazionale che riappare con il gran caldo (e con la ripresa dell’attività dei piromani)  è rappresentata dagli incendi, raddoppiati dallo scorso anno e aumentati di sei volte dal 2020.

La situazione più tragica  per siccità e fuochi è nel Nord, ma nella morsa è tutto il Paese. Il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, non ha escluso il razionamento diurno dell’acqua nelle zone più critiche. Così come non ha escluso la possibilità di temporali violenti che, secondo un copione ormai consolidato, portano tanti danni quanto la grande sete. La tropicalizzazione è ormai evidente con la scia di conseguenza. Prima tra tutte i roghi che assediano i territori. Dal 15 giugno – ha spiegato Curcio – ci sono stati 199 interventi, nel 2021 nello stesso periodo erano stati 80 e 30 nel 2020. Una escalation dunque. Curcio ha anche evidenziato come  nel 2022 ci sia stato fino al 50% in meno di acqua piovuta rispetto alla media degli ultimi anni e addirittura il 70% in meno di neve. Le conseguenza sono pesanti in molte situazioni soprattutto per la produzione agricola, ittica e dell’energia elettrica. E se il Po a secco è la fotografia del disastro climatico, la questione, per la Protezione Civile, è comunque nazionale. D’altra parte con la colonnina di mercurio che punta dritto sopra i 40 gradi  i roghi sono da mettere in conto. La Coldiretti ha valutato che  negli ultimi mesi sono andati in fumo oltre 9mila ettari, con la devastazione di campi e colture da Nord a Sud. Una media di un rogo ogni due giorni dall’inizio del 2022. Caronte alimenta le fiamme dall’Emilia Romagna al Lazio, dalla Toscana  alla Sardegna e Sicilia fino alla Puglia, dove ieri si contavano 50 incendi attivi.

Il cambiamento climatico,  secondo l’elaborazione di  Coldiretti dei dati Onu, favorisce roghi più frequenti e intensi, con un aumento globale di quelli estremi fino al 14% entro il 2030 e del 50% entro la fine del secolo: «Una situazione drammatica per l’Italia devastata da 659 tempeste di fuoco nel 2021». La Coldiretti ha fatto anche i conti   di questo disastro: ogni rogo  costa agli italiani   oltre diecimila euro all’ettaro fra spese immediate per lo spegnimento e la bonifica e quelle a lungo termine sulla ricostituzione dei sistemi ambientali ed economici in un arco di tempo che raggiunge i 15 anni. E così si aggrava la bolletta pesantissima della siccità con il taglio  delle produzioni che in alcuni casi arriva a picchi del 50%. Coltivazioni e allevamenti sono travolti da una catastrofe climatica peggiore di quella del 2003 che ha decimato i raccolti. Salvare i raccolti (l’Italia deve recuperare 800mila ettari di superfici agricola persi in questi ultimi anni), ma anche le foreste. 

La superficie forestale è aumentata negli ultimi 10 anni  di 587mila ettari  arrivando così a 11 milioni di ettari che però si presentano particolarmente vulnerabili  e  attaccabili da fiamme e degrado. Soltanto nel 2021, ha ricordato Coldiretti, sono stati divorati dalle fiamme 170mila ettari di bosco. Sono perciò indispensabili azioni di tutela necessarie anche per il rilancio della filiera del legno: oggi l’Italia importa l’80% della materia prima per alimentare le industrie del mobile e della carta.  Ma serve anche che arrivi una volta per tutte in porto la legge sulla tutela del suolo (in attesa da 10 anni) per mettere fine  al consumo di terreni fertili con conseguenze incalcolabili sulla tenuta di territori sempre più sotto attacco per le proibitive condizioni climatiche.

Insomma l’allarme è alto, certo Italia ed Europa non sono l’Africa, ma sembra che la corsa di avvicinamento sia partita.  Ispra ha valutato che nel mondo circa 500 milioni di persone vivono in aree di grave deterioramento. L’Africa, in particolare la zona che si trova a sud del Sahara, è la più colpita con il 73% delle terre aride degradate o desertificate; anche Asia, Medio Oriente, Sudamerica presentano un alto rischio.  Aree  critiche negli Usa e in Australia. Nell’Unione Europa, secondo l’Ispra, i Paesi più coinvolti sono quelli del bacino Mediterraneo: oltre l’Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Croazia, Cipro e Malta. In Italia è caratterizzato da segnali di degrado il 28% del territorio soprattutto al Sud.

Ieri dalla Fao è arrivato un altro documento choc in cui si evidenzia  come la siccità persistente stia aggravando i rischi di carestia nel Corno d’Africa. E in vista del picco della crisi la Fao ha lanciato un nuovo piano che si concentra su quattro epicentri di siccità : Gibuti, Etiopia, Kenya e Somalia. L’obiettivo è  salvare la vita di quasi cinque milioni di persone. La siccità, secondo la Fao,  è uno dei rischi naturali più devastanti: paralizza la produzione alimentare  e causa diffuse morti umane e animali. Inoltre può alimentare i flussi migratori.

Intanto in Italia bisogna partire subito  dalle strutture idriche. «Accanto a misure per immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione – ha detto il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, -appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo. Raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo anche quest’anno».


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