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Francesco Boccia

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IMPEGNATO sul territorio per la campagna elettorale nella sua Puglia, dove è capolista al Senato, Francesco Boccia, per formazione accademica e ruolo parlamentare da sempre molto attento ai temi economici, non è sorpreso che questi ultimi siano entrati prepotentemente nel dibattito. I nuovi record del prezzo del gas e dell’elettricità nelle stime delle associazioni di categoria potrebbero mettere a rischio 120 mila imprese e quasi 300mila lavoratori. Il costo delle bollette per famiglie e imprese è ormai insostenibile.

«Era inevitabile: era dicembre 2021, la guerra in Ucraina non era ancora scoppiata, quando il Pd in Parlamento chiedeva al Presidente Draghi di farsi portavoce a Bruxelles, nel successivo Consiglio europeo, di una battaglia per la revisione del mercato del gas, con un intervento sul funzionamento e sugli effetti degli andamenti del TTF (Title Transfer Facility) in Olanda, in modo da fissare un tetto al prezzo del gas e procedere con acquisti e stoccaggi comuni di gas ed energia. Era evidente già allora la direzione che si stava prendendo e che l’unica via d’uscita sarebbe stato un intervento in sede europea ma, come sempre, la destra ultra liberista invece che sostenere una battaglia comune, preferiva criticare», ci spiega.

A fronte di tutto questo quali misure possono essere messe in campo oggi?

«Servono interventi immediati e un nuovo decreto aiuti avrà tutto il sostegno del Partito democratico. Abbiamo chiesto l’introduzione per 12 mesi di un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica attraverso la fissazione di un tetto nazionale al prezzo dell’elettricità , 100 euro per megawatt ore, per imprese e utenze domestiche. Oltre a un nuovo contratto “luce sociale” per microimprese e famiglie, con fornitura elettrica prodotta totalmente da fonti rinnovabili e gratuita fino ad un massimo di 1.350 kilowatt ore all’anno per famiglia; il raddoppio del credito d’imposta per compensare gli extra-costi delle imprese per gas ed elettricità a partire dal mese di giugno di quest’anno, dal 25 al 50% per le imprese energivore e gasivore; dal 15 al 30% per le altre imprese da finanziare con la proroga del contributo straordinario sugli extra profitti delle imprese energetiche. Così come sarebbe opportuno disaccoppiare il prezzo del gas e dell’elettricità in modo che non si condizionino a vicenda, proprio come sta ipotizzando la Germania. Proposte concrete e realizzabili per aiutare famiglie e imprese».

Mario Draghi, nel suo intervento al meeting di Rimini ha affermato che l’Italia è un grande Paese e ce la farà con qualunque governo. Una sorta di “legittimazione” di un possibile esecutivo di centrodestra?

«L’Italia è un grande Paese e ce la farà in ogni caso, chiunque vada al governo. Ma sapendo prima che la vita di ogni giorno cambia in relazione a chi guida il timone del Paese, per questo vogliamo far chiarezza prima sulle differenze. Giorgia Meloni non è il male assoluto e chi lo dice sbaglia, non è fascista anche se fatica a prendere le distanze da quei mondi tuttora esistenti in Italia e in Europa, ma è anni luce lontana dall’idea di società aperta e progressista. Non vogliamo una società in cui è ritenuto normale sbattere sui social il video di una donna stuprata o che parla con superficialità di “devianze giovanili” senza aver prima ascoltato e compreso i nostri ragazzi, così come non crediamo giusta una società che parte sempre dalle esigenze dei più ricchi a discapito di chi è in condizioni di difficoltà e che crede nella flat tax; non vogliamo un mondo in cui alla prima crisi energetica si torna correndo al carbone e vuole imporre ai ragazzi il servizio militare. Ma che mondo è quello che propone la destra italiana? Un mix tra oscurantismo e società della rabbia permanente. Noi vogliamo dare agli italiani la certezza di essere europei in un Paese in cui i diritti civili e sociali siano garantiti».

Dica la verità, non le sembra che tutti i partiti stiano un po’ inseguendo la Meloni? Il Pd dovrebbe incentrare la sua comunicazione su temi più identitari?

«Non sono d’accordo, il Pd fin dal primo giorno di campagna elettorale ha puntato su temi molto identitari, con interventi seri e realizzabili. Intanto il lavoro: sicurezza, riduzione delle tasse sul lavoro e salari più alti, con una mensilità in più a fine anno per tutti i lavoratori, mai più stage gratuiti per i ragazzi, un salario minimo. Fisco: equità e progressività, un miliardario come Berlusconi è inconcepibile che debba pagare la stessa % di tasse di un insegnante o un operaio, lotta all’evasione fiscale, un premio fiscale alle imprese che hanno dipendenti a tempo indeterminato. Diritti: cittadinanza per tutti i bambini stranieri che completano un ciclo di studi, approvazione definitiva del ddl Zan, difesa del diritto all’aborto per le donne. Potrei continuare…».

Lei è capolista al Senato nella sua Puglia. Quali sono gli interventi e le priorità per la sua terra?

«La Puglia in questi 18 anni ha fatto rispetto al Mezzogiorno un salto di qualità che è sotto gli occhi di tutti, con Vendola, Emiliano e i tanti amministratori che in questi anni hanno lavorato per cambiare la Puglia. Io stesso e Antonio Decaro iniziammo la nostra esperienza amministrativa nella prima giunta Emiliano che ruppe tutti gli schemi: da rendere Bari vecchia aperta a tutti, all’abbattimento di Punta Perotti, alla ricostruzione del Petruzzelli agli investimenti infrastrutturali e sulle periferie che hanno cambiato la storia della città. E poi sono arrivati tutti i protagonisti di diverse esperienze civiche e amministrative. Non vogliamo tornare indietro: su innovazione tecnologica, ambiente e decarbonizzazione, agricoltura, turismo, lavoro i pugliesi non permetteranno alla destra di mandare in frantumi quanto di buono abbiamo fatto in questi anni. I cittadini pugliesi e del Sud, in generale, hanno ormai scoperto il gioco di Salvini e della destra: pensano di venire catapultati al Sud, saccheggiare voti e seggi e poi scappare via. Sento parlare di modifiche al PNRR, che bloccherebbero percorsi già avviati e dirotterebbero risorse destinate al Mezzogiorno a progetti del nord. Il Sud non ha l’anello al naso e faremo le barricate: sento parlare Salvini parlare di nuovo di autonomia alla vecchia maniera, con i residui fiscali. Ribadisco un concetto molto semplice: senza aver prima definito i LEP su sanità, scuola, assistenza e trasporto pubblico locale non ci sarà autonomia che per noi resta attuazione del principio di sussidiarietà proprio come dice il Presidente della Repubblica».

Lei fra i dirigenti dem è stato uno dei più grandi sostenitori del campo largo e della necessità di collaborare a questo progetto con Giuseppe Conte. È deluso dalla piega che ha preso la situazione? In generale ma anche in riferimento alle vicende siciliane, con i grillini che correranno da soli alle regionali nell’isola…

«In Sicilia è stato fatto un grave errore. Una mancanza di rispetto per le migliaia di siciliani che hanno partecipato alle primarie e che volevano Pd e M5s insieme, al fianco di Caterina Chinnici. Così non è stato e in Sicilia sarà il Pd a sfidare la destra anche per loro, non è la prima volta; saranno i siciliani a giudicare. A livello nazionale mi auguro che il M5S capisca che l’avversario non è il Pd ma la destra e attaccando ogni giorno Letta e il Pd fanno solamente un favore alla destra. Detto questo con Giuseppe Conte abbiamo fatto un lavoro comune eccezionale durante la pandemia che è sotto gli occhi di tutti e la gente lo riconosce per strada. Sono sicuro che questa campagna la faremo su binari paralleli contro la destra».


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