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Le temperature ingannano. L’estate, almeno da calendario, non è ancora entrata. A guardare i termometri, però, sembra che il solleone abbia deciso di darci ben poca tregua. L’immaginario popolare, in questo senso, potrebbe scatenarsi. Dalla proverbiale scomparsa delle mezze stagioni alle conseguenze del riscaldamento climatico.

Fatto sta che la primavera, mai come quest’anno, ha preso le sembianze di un’estate anticipata. E l’afa di maggio e giugno ha messo le carte in tavola: meglio abituarsi fin da ora a boccheggiare almeno fino all’autunno. Niente di diverso rispetto alle estati scorse, incluse quelle del 2020 e del 2021. Entrambe caratterizzate da un convitato di pietra chiamato Covid che, in entrambi i periodi, era ancora estremamente pericoloso.

Il problema è che il Covid non è stata (e non è tuttora) solo un’emergenza sanitaria. Le misure di contenimento, specie agli inizi, hanno imposto una frenata epocale ai consumi e, quindi, al motore trainante dell’economia globale. E le condizioni finanziarie dei contribuenti italiani parlano ancora la lingua della crisi. Quest’anno, l’affrancamento da mascherine e distanziamenti è iniziato prima rispetto agli anni scorsi e in modo più prolungato, vista anche la cessazione dello stato di emergenza. E quella del 2022 sembra la prima estate del periodo pandemico realmente incentrata sul capire quale sarà la sorte del comparto turistico. Non è un caso che, nelle ultime settimane, a tenere banco sia stata la crisi degli stagionali, o meglio, della loro (vana) ricerca.

Una spinta importante alla stabilizzazione è arrivata dal vaccino, portato fino alla terza dose. Uno strumento ancora in fase di sperimentazione nel 2020 e di somministrazione nel 2021. L’estate in arrivo, in pratica, diventa l’esame supremo per capire se, diversamente da quanto accaduto negli anni scorsi, la flessione negli atteggiamenti prudenziali durante la bella stagione possa essere assorbita dalla barriera vaccinale. Gli esperti, chiaramente, invitano a mantenere atteggiamenti guardinghi.

Anche perché non solo l’emergenza non sarebbe finita ma vi sarebbe addirittura una recrudescenza del Covid: secondo Gimbe, a remare contro il ritorno definitivo alla normalità pre-pandemica sarebbe la sottovariante Omicron BA.5, in aumento percentuale addirittura in 99 province. Il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, ha definito le nuove sottovarianti (includendo Omicron BA.4) in grado di trasmettersi con facilità maggiore rispetto alle precedenti, conservando peraltro “un’elevata capacità di evadere la protezione immunitaria da vaccino e da pregressa infezione”.

Il rischio, in sostanza, sarebbe quello di reinfezione. Un aspetto da non sottovalutare pensando a quanto accaduto gli scorsi anni in autunno e in inverno. La speranza, chiaramente, è che la progressione della campagna vaccinale abbia garantito perlomeno la protezione necessaria a scongiurare la proliferazione del virus con effetti gravi. Di sicuro, non va sottovalutato il dato dell’incremento settimanale: 160.751 contagi rispetto ai 121.726 del periodo 8-14 giugno. Gli esperti invitano a non parlare di sesta ondata, tenendosi sul concetto di un rialzo dovuto alla stagionalità.

A proposito di vaccino, l’obiettivo è raggiungere una somministrazione con durata annuale. E sul tavolo della sanità ci sarebbe anche una prima programmazione in vista dell’autunno ma solo per gli over 65 e i soggetti più fragili. Il resto lo farà la nostra capacità di giudizio. E la mutevolezza del virus.


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