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Il professor Giorgio Palù

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«È CADUTO il mito della sanità lombarda: voleva dimostrare la sua efficienza ed ha ospedalizzato più del dovuto. Ora la situazione è totalmente fuori controllo. Intervenga il ministro della Salute Roberto Speranza con una direttiva per tutti: si ricoverino i pazienti soltanto nei casi più gravi».

Giorgio Palù, virologo dell’Università di Padova e presidente uscente della Società Italiana e Europea di Virologia, analizza il dramma dell’esorbitante numero di contagiati e morti per Coronavirus in Lombardia. E mette in guardia dalla «isteria comunicativa dettata da presunti esperti: il virus non è mutante, ma può ricombinare i suoi geni, il ricovero favorisce questa ricombinazione e quindi l’infezione».

Professore Palù, l’emergenza Covid-19 appare fuori controllo: è così?

«Confermo, è fuori controllo. Soprattutto perché si presenta disomogenea nelle regioni italiane, in Europa e nel mondo. Prendiamo alcuni casi emblematici. In Austria e in Germania sono stati registrati soltanto 7 morti su 20mila contagiati. La Lombardia ha ospedalizzato il 66 per cento dei pazienti (9mila pazienti su 16mila positivi, ndr) mentre il Veneto ne ha ospedalizzato mille su 4mila. Il tasso di letalità è troppo alto rispetto ai contagiati: siamo a metà dei casi della Cina in termine di malati, ma l’abbiamo superato in mortalità. La risposta all’emergenza è stata sbagliata, si è perso troppo tempo».

Quindi in Lombardia sono stati commessi errori sin dall’inizio?

«Non si sono considerati subito i rischi che si correvano. C’è stato un tasso di ricovero troppo alto rispetto al dovuto, un errore fatale come dimostrano i numeri di queste ore».

È caduto il mito della sanità lombarda?

«Sicuramente. La Lombardia ha voluto dimostrare la sua efficienza, di essere ancora la prima sanità d’Italia ricoverando tutti quelli che si presentavano negli ospedali. Risultato? Ora non ci sono più respiratori. Le soluzioni possibili adesso sono la creazione di ospedali dedicati oppure la separazione dei malati. Lo so che è difficile, ma soltanto così potrà fermarsi il contagio».

Ora bisogna bloccare tutta Milano?

«Ormai siamo costretti ad adottare misure ancora più drastiche. Come si ferma del resto quest’onda? In Cina ci hanno messo 100 giorni, ma ci sono riusciti. Considerando che non abbiamo ancora farmaci specifici per curare dal Coronavirus, l’unico modo è lasciare i pazienti il più possibile a casa curandoli così. Per quanto riguarda i cittadini in generale, dobbiamo rispettare la quarantena imposta dalle misure governative».

Ha inciso che la sanità pubblica lombarda sia stata ridotta in favore di quella privata?

«Sicuramente ha inciso. In Veneto, invece, il sistema pubblico sta reggendo. Sulla base di tali considerazioni, vorrei lanciare un appello al ministro della Salute Roberto Speranza affinché intervenga subito».

Quale tipo di appello?

«In gioco non c’è la sanità di lombardi e veneti, ma di tutti. Sappiamo che il virus ha una diffusione nosocomiale, Lodi ha avuto l’esempio del paziente zero da cui poi si è diffuso il contagio. Quindi ora basta: ricoveriamo il meno possibile, solo in caso di necessità. Il ministro e i presidenti di Regioni si uniformino, anzi tutta Europa si uniformi nelle decisioni».

Dal punto di vista virologico, che caratteristiche ha il Covid-19?

«Innanzitutto non si può dire che il virus sia mutante, ed anche se lo fosse andrebbe isolato in tante sequenze per analizzarlo. Come del resto è stato fatto sul paziente tedesco che aveva contratto un virus identico al soggetto bavarese che aveva avuto contatti con una collega cinese. Prima di imputare quindi la colpa al virus, vediamo se la colpa non sia di chi ha ricoverato. Questo virus muta molto meno di influenza e Hiv, ma può ricombinarsi, cioè riassortire i suoi 20 geni. Con il ricovero favoriamo questa ricombinazione, così l’infettato contagia altri pazienti».

Si è ipotizzato anche un fattore di accelerazione con il sistema di aerazione degli ospedali: che ne pensa?

«Atteniamoci ai fatti, per ora. Vale a dire i numeri dei ricoveri e la tipologia di virus».

Utile l’idea del governatore veneto Zaia di effettuare i tamponi agli asintomatici?

«In merito Zaia ha già rivisto le sue posizioni. Spero abbia accolto anche quanto ho sempre sostenuto: fare i tamponi a tappeto ingolferebbe la sanità veneta. Ulteriore elemento, il test molecolare sul tampone: i soggetti possono essere positivi o negativi in base al giorno. Non si può fare uno studio di popolazione, insomma, come elaborato in Cina».

Il Sud al momento sembra reggere: forse è più abituato a gestire le emergenze?

«Il Sud non raggiungerà mai le vette del Nord per i motivi spiegati. Il lockdown è una misura sufficiente, i tamponi vanno fatti soltanto se emerge uno specifico focolaio. Da Napoli in giù si è più abituati alle emergenze, ma in generale penso che ci si debba dare un’unica strada da seguire. Per l’Italia e l’Europa».


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