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Aveva solo 27 anni Caterina Loria, di San Giovanni in Fiore e da poco era diventata mamma. Il marito della giovane ha presentato denuncia presso la caserma dei carabinieri di San Giovanni in Fiore. Oggi sarà effettuata l’autopsia sul corpo della donna per accertare eventuali responsabilità dei medici che l’hanno assistita durante il parto e che l’avrebbero dimessa dopo tre giorni.
La donna, il 21 giugno era stata ricoverata presso l’Annunziata per doglie da parto e dopo aver dato alla luce la creatura con il cesareo, era stata dimessa il 24 giugno, facendo ritorno nella sua casa a San Giovanni in Fiore, mentre la bambina, poiché nata prematuro, era stata trattenuta presso il reparto di Natologia dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza. Secondo quanto emerso la donna presentava già gonfiore alle gambe al momento delle dimissioni dall’ospedale e si è poi aggravata, ma solo l’autopsia chiarirà le cause della sua morte.

E’ POLEMICA SUI TAGLI DELLE RISORSE NEL SETTORE
Il caso del decesso della signora Loria alimenta la polemica sulla necessità di mantenere gli ospedali di montagna. Il caso più emblematico è stato narrato dal presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio, durante le proteste sorte in seguito alla chiusura dei reparti di Natalogia e Ginecologia nei mesi scorsi. Oliverio ha raccontato più volte in pubblico che la moglie e il figlio si sono salvati al momento del parto, solo perché prontamente soccorsi presso il nosocomio locale, in quanto esistevano tali strutture. Il suo è stato il caso più eclatante, ma altre persone in quei fatidici giorni hanno descritto episodi simili.
Mimma Iannello, della segretaria regionale della Cgil oggi, è intervenuta commentando la vicenda le cui cause sono attribuibili anche ai tagli delle risorse per i presidi e i punti nascita: «Due giovani madri morte in pochi giorni dopo il parto cesareo. Entrambe – prosegue – hanno dato alla luce le loro creature nell’ospedale Annunziata di Cosenza con ricorso al parto cesareo. Per entrambe saranno gli accertamenti medici e le indagine del caso a fornire ogni chiarimento sulle cause del decesso. Per i loro familiari, per le loro comunità, il dolore e la dura prova di accompagnare la gioia della nascita al dramma della perdita. Per noi, l’ulteriore conferma di quanto sia aumentato il rischio di parto in Calabria e l’amara constatazione di quanto il principale presidio ospedaliero cosentino che da tempo denunciamo incapace di garantire risposte di cura sicure e di qualità sia divenuto, in assenza degli interventi che ne migliorino la funzionalità e l’efficienza, il terminale pericoloso dei tagli operati sulla rete ospedaliera provinciale».
«E’ inaccettabile – afferma Mimma Iannello – che l’inadeguatezza di chi ne governa la funzione ne stia decretando il lento declino. È inaccettabile che non si affrontino le insicurezze che ha accumulato e che costituiscono oggi causa di rischio per chi vi ricorre alle cure nonostante l’abnegazione e la competenza di molti operatori sanitari. Per la Cgil, ad un anno dal commissariamento, è evidente la constatazione dell’inadeguatezza delle misure del piano di rientro ad affrontare i ritardi della sanità calabrese».
«Alla luce dei tragici eventi – conclude – la Cgil sollecita ancora una volta il Commissario ad acta a mettere in chiaro i risultati finanziari perseguiti e gli standard di qualità e appropriatezza raggiunti ad un anno dal commissariamento».

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