X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

 

SI scrive decreto “Sblocca Italia ma si legge “sblocca trivelle”. E’ quanto sostengono le associazioni ambientaliste, che sono sul piede di guerra, dopo la pubblicazione, avvenuta ieri, del decreto. Ciò che gli ambientalisti temono è un vero e proprio assalto alla diligenza, con nuove piattaforme e nuovi giacimenti da cui estrarre barili e barili di greggio, petrolio e metano, oltre quello che già si produce, e che non sono certo modiche quantità. 

MILIONI DI METRI CUBI ALL’ANNO – Basta pensare che attualmente vengono estratti 12.827.700 metri cubi standard all’anno, relative alle sole concessioni Eni (Ionica gas) e solo davanti alla costa crotonese. Il colosso energetico ha già sei piattaforme e 28 pozzi in produzione. Sempre di fronte a Crotone, altre richieste  sono arrivate dalla Northen Petroleum Ltd, per la riapertura di istanze già rigettate e  l’approvazione di alcune istanze di ricerca in Zona F, su zone marine molto estese. Altre richieste sono Shell Eni Norten Enel Longanesi Developments, Nautical petroleum. Altre richieste sono state avanzate sul litorale di alcuni comuni del cosentino. 

IL NODO DELLE ROYALTY – A lanciare l’allarme sono soprattutto la Organizzazione lucana ambientalista e, naturalmente, il movimento No Triv. Nel mirino delle critiche degli ambientalisti, in particolare, ci sono i due articoli che si riferiscono agli idrocarburi, il 36 e il 38. Come sottolinea la stessa Ola, l’articolo 36 del decreto sblocca Italia è una sorta di specchietto per le ellodole. Per gli ambientalisti, si tratta solo di una promessa da parte del Governo che le royalty concesse ai territori proprio per le estrazioni degli idrocarburi, non rientrano nell’ambito del patto di stabilità. Questa restrizione, ad esempio, non ha consentito, finora, agli 8 comuni costieri del Crotonese, di ricevere le annualità arretrate delle royalty, che l’Eni ha già versato al ministero e che lo stesso ha girato alla Regione; quest’ultima, però, non le eroga, pur avendole già incassate, per non sforare il patto di stabilità. 

LE REGIONI NON POSSONO PIU’ DECIDERE – L’articolo maggiormente ostaggiato dagli ambientalisti, però, è il 38. Si tratta di una norma che taglia fuori, completamente le Regioni, riportando in capo ai ministeri le autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore. Nello specifico, per le concessioni sulla terra ferma, invece, il decreto fa riferimento a generiche “intese” con le Regioni interessate. La competenza, comunque, è attribuita al Ministero dello Sviluppo economico; le procedure autorizzative (Via) per istanze di ricerca, i permessi di ricerca. le concessioni, invece, ritornano ad essere di competenza del ministero dell’ambiente e non più alle Regioni, come in passato. 

La conseguenza è che, se le Regioni non applicano il decreto “Sblocca Italia” entro il 31 dicembre di quest’anno, lo farà il Governo, applicando i poteri sostituitivi. Il tutto in base alla dichiarata strategicità del settore energia, di cui il Govermo ha avocato a se tutti i poteri. Si tratta di parole al miele per le multinazionali, che hanno già presentato numerose autorizzazioni in tutto il mar Jonio.

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE