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MATERA – Matera come l’Italia, nell’immediato secondo dopoguerra. Il paragone non è azzardato. Allora, fu la frattura storica con il passato ad imporre alla Nazione il rinnovamento in tutti i campi. L’intero popolo fu coinvolto in un grandioso sviluppo del sistema democratico, economico e civile.
Oggi, è il significato performativo di “capitale 2019” ad imporre alla nostra città il rinnovamento della vita politica, della società, della cultura. L’indifferenza o la mancata comprensione dell’eccezionale “passaggio storico” in cui si trova la nostra comunità, sarebbero un reato gravissimo contro i materani ed i lucani tutti.
Fa specie perciò, che opinionisti, pseudo -intellettuali e politici (tranne qualche rara avis) continuino a suggerire nomi di eventuali Sindaci in un clima da dittatura mediatica e di festa iperpacchiana. È come se nel dopoguerra, il problema dell’Italia fosse stato la scelta di un re diverso da quello precedente. Ma tant’è.
Accenniamo le innovazioni richieste dalla città, nella politica, nell’economia della cultura, nell’urbanistica, nella comunicazione.
1) La prima non può che riguardare la cultura politica.
Senza la sua “mutazione” non è possibile nessun traguardo significativo. Sindaco e consiglieri devono essere scelti per la competenza ed i meriti acquisiti nei vari campi del sapere e dell’attività pratica. Giovani ed eccezionali cervelli materani sono chiamati ad operare persino all’estero. Siano scelti dai cittadini, senza la mediazione dei clan di partito e con vere primarie di massa, come quelle indicate da studiosi come Fiskin, che si basano sul “sondaggio deliberativo”. Matera si porrebbe così, all’attenzione internazionale, come città-laboratorio, capace di coniugare Soggettività (Touraine) e “democrazia del pubblico” (Habermas).
2) La seconda innovazione riguarda l’economia della cultura, l’industrializzazione dell’anima (E.Morin), quella che nel III millennio ha reso “non più centrale il mondo sociale, ma quello culturale” (Augè e Touraine). Matera potrà essere d’esempio anche a città ben più note e famose, se non si limiterà a proporre solo il suo patrimonio culturale (Sassi, Chiese e Musei), cioè resti di un patrimonio già definito. Andrebbero superati anche modelli di successo che, pur apprezzabili, riflettono una cultura che non deve chiudersi, bensì aprirsi. La città, invece, dovrà “produrre cultura”, capace di elaborare politiche sociali ed ambientali, con il coinvolgimento pieno delle scuole, dei luoghi e delle organizzazioni del sapere, del turismo, dell’imprenditoria. Questa diversa strategia formerebbe cittadini amanti del pensiero ed un modello di città d’arte per un turismo non più frettoloso, da foto ricordo, come avviene altrove. Forse che l’economia della conoscenza, di cui tanti parlano distrattamente, potrebbe significare altro?
3) La terza innovazione riguarda l’urbanistica. Matera può e deve diventare il modello, la cifra narrativa di una moderna urbanistica, attenta solo al “rammendo” e alla “ricucitura” dell’esistente, secondo il giudizio dei più grandi architetti. Gli ostacoli e gli interessi da superare sono enormi, come rivela la recente approvazione di un singolo progetto che destina 53 ettari di suolo all’edificazione, quasi eguagliando la sottrazione di suolo (78 ettari) che si compie ogni giorno, in Italia.
4) La quarta innovazione dovrà scaturire da un progetto che renda Matera laboratorio e cerniera di un “nuovo” rapporto tra l’Europa ed i Paesi del Mediterraneo. Un obiettivo ambizioso, ma realistico, perché la città dei Sassi, architettura eccezionale nel tempo e nello spazio per l’apporto di civiltà diverse, può proporsi come “struttura aperta” per il dialogo tra etnie e culture diverse.
5) L’ultima innovazione e forse la più ardua, riguarda la comunicazione. Sull’argomento preferisco, però, tacere, nell’attesa che si avvii una seria discussione anche nella nostra Regione.

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