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di Sara Lorusso
POTENZA – Per un certo senso comune è difficile pensare che «gli ingegneri possano praticare la propria professione anche senza agire fisicamente sull’ambiente», senza innalzare palazzi o disegnare strade. In realtà, battuta a parte, c’è un modo di pensare all’ambito urbano, alla pianificazione – nello specifico quella urbanistica – pensando anche delle cose minime, a quegli aspetti della quotidianità che sono talvolta problematiche cittadine, di più o meno facile soluzione: mobilità, strutture, ambito urbano, qualità ambientale. Basta ragionarci un po’, meglio se in modo collettivo. Insomma, c’è un modo di pensare – e forse costruire una città migliore – che tiene insieme proposte tecniche, istanze dei cittadini, rigore scientifico, «nel rispetto delle responsabilità e dei compiti di ciascuno». La chiamano urbanistica partecipata e a Potenza diventa un percorso reale. Alla portata di tutti.
I laboratori di urbanistica partecipata prenderanno il via tra pochi giorni, ma gli studenti e i docenti del laboratorio di Ingegneria di sistemi urbani e territoriali (Lisut) della facoltà di Ingegneria dell’università lucana ci stanno lavorando da un po’. Hanno idealmente diviso (in base a caratteristiche di omogeneità) la città in cinque ambiti urbani, per ciascuno dei quali si attiverà un laboratorio di quattro incontri. Vi prenderanno parte studenti e docenti del corso, ma anche rappresentanti di associazioni, comitati di quartiere, ordini professionali, come residenti comuni (vedi box in pagina). «L’esperienza didattica si trasforma in un percorso – ha spiegato ieri in conferenza stampa Pier Giuseppe Pontrandolfi, coordinatore dei laboratori – collettivo». Peccato, forse, per l’assenza dell’ordine degli ingegneri – è emerso nell’occasione – ma ci saranno gli architetti, i geologi, i sociologi e, si spera in modo attivo, soprattutto i cittadini “comuni”. Numero limitato a trenta partecipanti per ogni laboratorio («Dobbiamo mantenere il rigore della scientificità»), ma poi ciascuno dei presenti potrà riportare nei propri ambiti di competenza i risultati del percorso, che saranno comunque resi pubblici in vari momenti “allargati”.
La sfida richiede «un grande sforzo»; tra le prime, di questa portata, nel Mezzogiorno. «Ed è bello che nasca nell’università che così si innesta sempre di più nella città. E l’ateneo lucano e la città di Potenza, in questo, possono davvero pensare di diventare punto di riferimento».
Come funziona? Si parte dalla conoscenza degli ambiti urbani con l’analisi che gli studenti hanno portato avanti: caratteristiche, disagi, strutture di quelle aree. Ma poi, nel corso del laboratorio, quelle informazioni saranno integrate dai partecipanti «perché ciascuno di noi porta una conoscenza della città utile e nessuno la possiede mai completa. E bisogna capire quali sono i problemi “chiave” percepiti dai cittadini, individuarne le cause e ragionare sugli effetti. Da lì, nasceranno proposte per attenuarli». Tutto nel massimo rigore scientifico e senza mai perdere di vista il quadro normativo vigente, a partire proprio dal nuovo regolamento urbanistico del capoluogo. Una volta definite possibili strategie di intervento, la “palla” passerà alla politica. «Non vogliamo far credere che stiamo costruendo un libro dei sogni – continua Pontrandolfi – I laboratori offrono all’amministrazione uno spunto di riflessione, ma la nostra proposta tecnica sarà solo un possibile supporto per scelta politica. Non vogliamo assolutamente mescolare i ruoli».
L’amministrazione, dal canto suo, si impegna a sostenere questo percorso e valutare attentamente i risultati (che si trasformeranno in elaborati, relazioni, tavole, animazioni digitali). «Del resto – spiega il sindaco Santarsiero – abbiamo delegato i comitati di quartiere alla rappresentanza proprio perché certi del valore della partecipazione. Se poi le proposte vengono mediate, non è mai per interessi, ma perché in una città si incrociano tante sensibilità diverse». L’impegno «è valutare attentamente quello che ne verrà fuori, magari cercando di integrare con la pianificazione dell’amministrazione. Un percorso simile significa lavorare per la cultura urbanistica che in città paga alcuni ritardi». Non la singola strada o quel preciso palazzo, «ma una cultura più ampia». Sa che nel percorso «non mancheranno dibattiti accesi, potrebbero esserci anche strumentalizzazioni. Ma è la strada valida. Ne sono convinto perché questa città parte dal vantaggio di un regolamento urbanistico che tra i primi effetti ritrova un piano di edilizia sociale da 500 alloggi, i suoli ceduti gratuitamente all’ente pubblico da parte dei privati. Se poi dal dibattito emergerà che il regolamento va migliorato, non ci tiriamo indietro». Con i laboratori di urbanistica partecipata «l’ambizione – fa eco Pontrandolfi – è quella di lasciare un segno, di produrre ricadute consolidando la capacità di partecipazione». E magari, dopo i laboratori pensare anche a un Museo della città che sia lo spazio istituzionale della “memoria”, ma anche centro di discussioni e delle trasformazioni.

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