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VIBO VALENTIA – LA quotidianità è finita per essere limitata all’interno delle mura di casa. Niente lavoro e niente scuola, niente amici e niente serate a cena fuori, niente cinema o passeggiata al mare, ma soprattutto nessun contatto con i propri cari più a rischio o con cui non viviamo insieme.

Il Covid-19 si è preso, oltre che migliaia di vite in tutta Italia e nel mondo, anche la quotidianità di tutti noi costretti a vivere chiusi in casa in regime di restrizioni per quasi due mesi.

Nonostante, però, la paura e il lato negativo della vicenda, da questa pandemia ne usciremo cambiati e, per certi aspetti, anche in meglio.

L’amarezza di aver perso già molto tempo da dedicare alle cose che più ci piacciono, per stare in compagnia con le persone care, per andare nei posti del cuore, ci spinge verso la convinzione di dover cambiare, di dover far di meglio per evitare, d’ora in poi, rimorsi e rimpianti. Al silenzio delle strade vuote si contrappone il brusio dei nostri pensieri.

Ispirati da un video realizzato dal giovane fotografo e videomaker vibonese Alessandro Rizzuto (IL VIDEO INTEGRALE IN FONDO ALL’ARTICOLO), abbiamo parlato con alcune persone, per capire qual era la prima cosa che avrebbero voluto fare dopo la fine della quarantena: «Vorrei riassaporare i piccoli piaceri della vita, come un caffè al bar con un’amica»; «Vorrei tornare alle mie lezioni di danza»; «Vorrei andare al cinema, mangiare i popcorn, che come sempre finisco prima dell’inizio della proiezione»; «Vorrei rivedere i miei alunni, passare le mattine con loro, per imparare e ridere insieme»; «Vorrei andare a mangiare una pizza con gli amici. Mi manca la folla e non vedo l’ora di rivedere la gente in giro»; «Vorrei fare una passeggiata con il sole che mi scalda il viso»; «Vorrei correre al mare per sdraiarmi sulla sabbia ad occhi chiusi e ascoltare il rumore delle onde»; «Vorrei andare a mangiare sushi con mia madre, come le avevo promesso»; «Vorrei poter andare al cimitero da mio nonno e portargli, come ogni volta, i fiori che gli piacevano tanto»; «Vorrei riabbracciare mio padre. Non lo vedo da settimane, perché è un dottore e non può correre il rischio, anche osservando le misure di sicurezza, di contagiarsi. Lui non parla molto dei suoi sentimenti, ma immagino la difficoltà nello stare lontano dalla famiglia, da mia nonna specialmente perché anziana. Come molti altri medici o lavoratori che devono continuare a lavorare si tiene lontano da tutti»; «Vorrei iniziare a dire fino in fondo ciò che penso, non precludermi di fare qualcosa per l’opinione degli altri. Solo in momenti come questi possiamo capire che non abbiamo certezze sul futuro. Pensiamo di essere padroni del tempo, ma non è così».

Figli, nipoti, nonni, dottori, insegnanti, ragazzi, adulti, anziani. A tutti manca essere ciò che sono ogni giorno. Persone a cui mancano le proprie abitudini, la propria vita, soprattutto riabbracciare i propri cari. Senz’altro, questo è quello che la maggior parte di loro farà appena si potrà tornare alla normalità.

Questo virus, che ci costringe a stare separati, in un certo senso ci sta spingendo, anche se, per ora solo spiritualmente, gli uni verso gli altri. Forse, stiamo ritrovando quel senso di unità e solidarietà che riscopriamo solo a volte e solo per poco di avere. Forse, solo ora che non possiamo averlo, ci stiamo accorgendo di ciò che, per ognuno di noi, è veramente importante.

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