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La Svezia ha optato per un approccio meno restrittivo della vita sociale

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Uno spettro si aggira nelle menti degli italiani: che la crisi economica dovuta al lockdown e alle norme anti-contagio provochi più danni del coronavirus.

A rendere oltre modo verosimile questo sinistro scenario giungono le parole di alcuni scienziati svedesi. Peter Nilsson, professore di medicina interna ed epidemiologia all’Università di Lund, è chiaro nel sostenere che la catastrofe economica causata dai blocchi causerà maggiori vittime della pandemia. L’opinione dell’accademico è in perfetta linea con la politica adottata da Stoccolma sin dall’inizio dei contagi: a differenza degli altri Paesi europei – in particolare dell’Italia, dove è stato decretato il lockdown più ferreo -, la Svezia ha optato per un approccio meno restrittivo della vita sociale. Bar e ristoranti sono rimasti aperti e gli studenti under 16 hanno continuato a frequentare le lezioni in aula. Soltanto sono stati vietati grandi raduni e scoraggiati i viaggi.

Almeno finora, la scelta svedese sembra aver prodotto risultati: nel Paese scandinavo ad oggi sono circa 28mila i contagiati e 3.500 vittime (il 12,35%), mentre in Italia le persone affette sono quasi 180mila e i morti oltre 27mila (il 14,06%). Numeri ancora più impietosi nel Regno Unito, altro Paese che ha imposto misure severe: 233mila i contagiati e 33mila i decessi (il 14,42%). È presto per dire se la strategia della Svezia sarà stata la migliore. Tra gli scienziati vige comunque un certo ottimismo.

Nilsson è sicuro che «si rivelerà una buona strategia a lungo termine». Egli sottolinea che tale metodo ha consentito al Paese di mantenere a galla l’economia evitando un picco di disoccupazione. «È importante capire che le morti di Covid-19 saranno molto inferiori alle morti che un blocco sociale totale avrebbe causato». Del resto, aggiunge il docente, «la disoccupazione e tutti i problemi sociali ad essa connessi» rappresentano un flagello.

«Una cattiva economia farà molto male e ucciderà le persone in futuro», aggiunge.

Sulla stessa lunghezza d’onda Mikael Rostila, professore presso il Dipartimento di Scienze della salute pubblica dell’Università di Stoccolma, il quale pone l’accento sull’immunità di gregge, che potrebbe rappresentare uno scudo protettivo in caso di seconda e terza ondata del virus.

«La Svezia – dice – potrebbe raggiungere l’immunità di gregge prima di altri Paesi, il che significa che la diffusione del virus e il numero di decessi diminuiranno perché la maggior parte della popolazione sarà immune».

Ma prima quando? Qualche studio sembra dare risposte incoraggianti. Per esempio quello del matematico dell’Università di Stoccolma Tom Britton: egli ha calcolato che l’immunità del 40% della popolazione della capitale svedese potrebbe essere sufficiente per fermare la diffusione del virus e che ciò potrebbe accadere già entro metà giugno. Se questo calcolo sarà corretto, tra un mese la Svezia potrebbe aver sconfitto il coronavirus, senza danni collaterali economici e sociali. Con buona pace dei lavoratori italiani per due mesi isolati in casa e ora sul lastrico.


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