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di MARIO MUZZI’
L’esito delle elezioni amministrative e le vicende che ne sono conseguite hanno relegato in sottordine la relazione del Governatore della Banca d’Italia, resa il 31 maggio scorso, che a mio parere, trattandosi di uno degli eventi più importanti dell’anno, avrebbe meritato ben altra attenzione. La disponibilità dei mezzi telematici mi ha consentito di leggerla più volte e, senza apparire presuntuoso, ne ho dedotto che buona parte di essa possa costituire la base di una buona piattaforma programmatica dello schieramento che si dovrà costituire non per l’alternativa all’attuale sistema di governo del Paese, ma per il superamento della fase di emergenza che sta spingendo il sistema Italia verso un pericoloso default. La radiografia delle condizioni in cui stanno vivendo gli italiani l’ha fatta l’Istat ed è meno impietosa di quanto lo sia in realtà: c’è una cosa che l’Istat non poteva e non doveva dire e cioè che l’Italia è molto più vicina alla Grecia che alla Germania e che al suo interno si stanno creando le condizioni per l’esplosione di una rabbia generale, da livello di guardia, che al suo cospetto quella degli indignados spagnoli apparirà come belato pacifista! In una situazione così delicata è giunta l’ora di dare ascolto all’uomo più credibile dello scenario italiano in campo europeo e internazionale e lo dobbiamo fare nella consapevolezza di non aver mai voluto capire che Mario Draghi (peccato averlo lasciato andare via) poteva rappresentare la sintesi naturale per evitare i pericolosi colpi di coda dello scorpione morente (il berlusconismo). Soffermandoci anche brevemente sugli argomenti relazionati da Draghi ci accorgeremo come sarà difficile potersi discostare dai giudizi positivi espressi all’indomani dallo stesso presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi e da tanti osservatori presenti nella platea di Palazzo Koch. Dall’esigenza di tenuta dei conti pubblici alla necessità di ridurre la spesa pubblica senza tagli orizzontali; dall’invito alla riduzione delle tasse sui redditi di lavoro e di impresa all’inderogabilità di avviare manovre orientate alla crescita; dal superamento della fase di stagnazione della produttività a una fase di riequilibrio organizzativo del lavoro che consenta maggiori opportunità a giovani e donne; dal problema dell’inefficienza della giustizia al recupero dell’efficienza della spesa per opere pubbliche. Sono forse queste le problematiche di cui non si è occupato il centrodestra distratto e piegato dagli interessi personali del nostro Premier? Saranno in grado le forze di opposizione di ritrovare un minimo comune denominatore che, in anteposizione alle legittime differenziazioni post ideologiche, le faccia ripartire dall’eredità morale di Mario Draghi per una nuova ricostruzione dell’Italia? La chiudo con una domanda che faccio a me stesso ed allo schieramento di opposizione: per quanto tempo riusciremo a tenere buono un giovane che si laurea con 110 e lode, frequenta qualche master di qualità e non riesce ad intravedere una sola possibilità di avviarsi nel mondo del lavoro?
*Pd Calabria

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